Più dolce è la bevanda zuccherata più tasse paga la multinazionale

L'American Heart Association ha formulato un documento secondo il quale le bibite dovrebbero avere una tassazione progressiva in base alla quantità di zucchero contenuto. Un sistema simile è adottato già per i superalcolici, e per i soft drink è in vigore in Ungheria e Gran Bretagna.

Più dolce è la bevanda zuccherata più tasse paga la multinazionale

A parole siamo tutti bravi. A parole siamo tutti informati, attenti, disciplinati. Tutti sappiamo benissimo che un piatto di insalata scondita è sicuramente più salutare di una porzione di lasagne al forno, e che un bicchiere d’acqua è molto più sano di una lattina di Coca Cola.

Peccato che poi, nel quotidiano, come l’ampio consumo di bibite zuccherate sta lì a dimostrare, ce ne dimentichiamo spesso.

Tutte bibite che oltre a una percentuale minima del frutto strillato in etichetta contengono in genere quantità industriali di zuccheri aggiunti. E sono soprattutto giovani e adolescenti, nella fascia tra 11 e 18 anni, i più sensibili a questi richiami, incuranti di tutte le campagne informative che arrivano ormai da ogni parte.

Ma se non si riesce ad arrivare a cuore e palato dei consumatori l’unico rimedio è arrivare almeno al loro portafogli, rendendo le bibite zuccherate più costose grazie all’introduzione di una specifica tassa sullo zucchero che gravi is buona parte sui produttori.

Proprio come succede già negli Stati Uniti, dove in alcune città tra le quali San Francisco è da poco stata introdotta una tassa sulle bevande zuccherate.

Inoltre, l’American Heart Association, l’organismo che studia le conseguenze dell’eccesso di assunzione di alimenti zuccherati in varie patologie quali malattie cardiovascolari, diabete e obesità, ha recentemente lanciato la proposta di tassare le bevande in relazione alla quantità di zuccheri contenuti.

Vale a dire che più zucchero sarà contenuto nelle bibite, maggiore sarà l’aliquota di tassazione del prodotto, con un meccanismo molto simile a ciò che negli Stati Uniti già avviene per le bevande alcoliche, per cui la tassazione è progressiva rispetto al grado della bevanda.

Una proposta che merita di essere presa in considerazione, soprattutto se si considerano le quantità di zucchero presenti in una normale bibita in lattina: negli Stati Uniti, un tè freddo contiene una percentuale di zuccheri che varia dai 5 ai 28 grammi per porzione, una bevanda a base di frutta contiene da 1 a 57 grammi di zucchero mentre dai 5 ai 14 grammi sono gli zuccheri contenuti in un generico soft drink.

Una tassazione progressiva per le bevande zuccherate esiste già in altri Paesi quali l’Ungheria, dove al di sopra degli 8 grammi di zucchero ogni 100ml di bevanda è previsto un sovrapprezzo di 8 centesimi, o anche la Gran Bretagna, dove il sovrapprezzo è di 0,75 cent per 5 grammi di zucchero, e di 1 centesimo sopra gli 8 grammi.

La tassa sull’eccesso di zucchero nelle bevande servirebbe non solo a disincentivarne il consumo ma anche a finanziare e promuovere programmi di informazione sanitaria indirizzati in modo particolare alle fasce sociali più deboli che, secondo le statistiche, sono le più inclini a eccedere nel consumo di questi prodotti, con le inevitabili conseguenze a livello di salute.

La tassa sullo zucchero dovrebbe porre un freno a questa abitudine poco salutare abitudine, anche se è lecito immaginare che non ci si priverà del tutto del piacere di una bevanda zuccherata ogni tanto, pagandolo però a un prezzo maggiorato.

[Crediti | Link: La Repubblica]