L’aperitivo vintage

L’Italia è il paese in cui, per una serie di casualità a slavina, l’aperito è sinonimo di mojito, bibitone ammiccantissimo, esoticissimo e (spesso) respingentissimo, o ben che vada, di spritz, anche lui in molti casi di rara bollitura. Ma non è sempre stato così. Anzi, stasera vi invito a (ricordare) l’aperitivo vintage, dove il gioco delle parti — mangiare bere uomo donna — è lo stesso di adesso, ma si sorseggia solo demodé. Siccome la regola è che ognuno porta qualcosa, prima guardate cos’ho messo sul bancone, poi aggiungete ricordi a cascata.

Si comincia con una Cedrata Tassoni “per voi e per gli amici” come dice Mina, l’avevate riconosciuta?

Passiamo a un Punt e Mes, con obbligatorio timewarp nell’Italia degli anni ’60. Molto rurale! (Nel pulman si portavano maiali e galline).

Per stasera il meteo prevede caldo e bel tempo, allora “Brr Brancamenta”.

Tra i fondamentali del pubblicitario c’è ancora il fantastico sentiero girevole che porta dritto all’amarevole, l’Amaro Cora.

I copy si copyavano anche allora, e all’amarevole si replicava con “l’amaricante”. Kambusa One l’Amaricante.

Negli anni ’60 c’era già il logorio della vita moderna, e per restare immuni ci voleva un Cynar in mezzo al traffico.

E c’era anche Silvio Berlusconi, o così almeno sostiene qualcuno, chiaritelo voi il mistero Stock 84.

I più nazionalisti, oggi si direbbe quelli un po’ in fissa con i valori della destra, berranno Oro Pilla: “da un grande paese, un grande brandy”.

Peppone e Don Camillo litigavano anche nella pubblicità, poi facevano pace con Vecchia Romagna Etichetta Nera, non per niente: “il brandy che crea un’atmosfera”.

Ma il brandy di culto, quello dell’agente 006 (pronuncia: “sis”) era il Cavallino Rosso.

Si tranqullizzino mocciosi e analcolisti, abbiamo anche il chinotto, anzi, il Chinò San Pellegrino.

E che nessuno porti la birra, c’è la Peroni, basta chiamarla.

E voi, che ricordi aggiungete all’aperitivo vintage?