Il Buonappetito – A ognuno il proprio schifo

Ognuno ha il suo schifo, a parte Sir William Buckland, naturalista inglese nato a fine Settecento, a cui nulla, scimmie, rettili, insetti, faceva schifo. A noi, per esempio, piacciono le lumache che molti non vogliono neanche vedere

Il Buonappetito – A ognuno il proprio schifo

Oggi vorrei dedicarmi a un tema importante: lo schifo.

Lo schifo proprio in senso stretto: il disgusto, la repulsione, il fastidio intollerabile nei confronti di qualcosa.

Per quel che riguarda il cibo, lo schifo ha un ruolo fondamentale, imprescindibile: ci difende dalle cose che fanno male.

Non è che sia infallibile –ce lo insegna anche “Inside Out”– film d’animazione del 2015 realizzato da Pixar, ma nove volte su dieci ci azzecca: se una roba sa di putrefazione, al 90% è andata a male. Al 10% è squisita gorgonzola.

Oggi parlo di schifo perché con lo schifo non abbiamo un rapporto sereno. C’è chi è troppo choosy (come direbbe Elsa Fornero), cioè, appunto, “schifiltoso”; c’è chi si vanta di mangiare tutto, come se dovesse partecipare a un casting per “Orrori da gustare”.

Nella storia c’è un grande esempio di questa seconda categoria, appartenente anche a quella, ben più numerosa, degli imbecilli: Sir William Buckland.

Naturalista inglese di fine Settecento, Buckland evidentemente abbagliato dall’illuminismo decide di assaggiare tutto.

Mangia scimmie, rettili, una pantera, insetti. Accoglie gli ospiti offrendo tartine di topo. In una cattedrale, gli dicono che conservavano il sangue del santo. L’assaggia e decreta, orgoglioso: “è piscio di pipistrello”.

Genio.

Un arcivescovo gli mostra la reliquia del cuore di Luigi XVI. Lui la inghiotte.

Ancora: genio.

Lo schifo non bisogna né sfidarlo né temerlo: ognuno ha il proprio e non c’è niente di male. Ad esempio tra un po’ inizia la stagione delle lumache. Che fanno schifo a tanti.

Sapete cosa dico loro? Bravi, non mangiatele. Così ne rimangono di più per me.