Non vivere a Napoli. Non significa. Non mangiare la pizza di Napoli

AAA cercasi amici pizzafan con cui discutere gli ultimi clamorosi sviluppi della situazione: “Non vivere a Napoli non significa non mangiare la pizza di Napoli”. Astenersi perditempo e detrattori del cornicione. Dunque, ero lì che leggevo del Cav e del Bunga Bunga, quando scopro che Franco Pepe dell’Antica Pizzeria Pepe di Caiazzo (tecnicamente non è Napoli perché sta a una 50ina di kilometri ma ci siamo capiti), mi ha appena spedito un Calzone ripieno di scarola e olive, più due Marinare chiuse a portafoglio. Col corriere espresso. Il corriere espresso sì, mi pare fosse DHL.

Siccome una volta in chat su Facebook gli ho detto che sentivo nostalgia della sua pizza, una roba che dovrebbero proibire per quanto è buona, beh, lui ci ha pensato su e ha trovato la soluzione. Spillato al pacchetto dentro l’imballo c’è un foglietto bisunto con le istruzioni per l’uso: “Le pizze sono state cotte il il 27/10 alle 10:30. Accendi il forno al massimo, quando è ben riscaldato metti dentro il Calzone per qualche istante, fai lo stesso con le marinare che non devi aprire, oppure mangiale fredde, sono buone anche così”.

Non è la prima volta che dalla pizzeria di Franco Pepe, la sola in Italia dove si fa ancora l’impasto a mano (tanto per capirci), parte un pacco simile in direzione di casa mia. E’ già successo settimana scorsa ma io, mannaggia, ero a Torino per il Salone del Gusto.

Mentre le pizze di Franco appena sfornate fanno sistematicamente il 100% di share, non ho la minima idea di come saranno queste quando le mangerò, domani sera, e visto che son campione mondiale di mani avanti non mi sbilancio. Ma come si dice adesso, il percepito è strepitoso malgrado i 500 kilometri (intendo profumo e colpo d’occhio). Vi terrò informati.

[Fonti: Antica Pizzeria Pepe, Spigoloso, immagini: iPhone, fotoritocco: Camera Bag]