Tutto quello che avete sempre voluto sapere sulla cottura passiva della pasta

La pasta fatta a mano

Ho trascorso un’altra notte febbricitante, di questo passo che ne sarà di me? Risparmio a voi e a tutto il (blog)cucuzzaro i deliri e le allucinazioni. Due cose mi consolano, quanto ho risparmiato rispetto a Morgan, e la presenza della pasta nel misto incubi/vaneggiamenti. Mi spiego. Non da oggi, sono in completa fissa per la cottura della pasta. La mia piattaforma programmatica consiste nell’adorazione del punto di cottura praticato dal ristorante Arcangelo di Roma, più vicino al “chiodo” (fa sentire meglio il grano della pasta), che al successivo “dente”. Per cui, immaginate con quanta impazienza ho atteso la rivoluzione della pasta illustrata nel recente congresso di cucina Identità Golose, dallo chef Elio Sironi, di stanza al ristorante dell’Hotel Bulgari a Milano. Oh bella, e in cosa consiste questa rivoluzione?

Nella cottura passiva della pasta.

La pasta deve cuocere solo due minuti – a partire dal bollore, ovvero dopo che l’acqua ha ripreso a bollire in seguito al versamento della pasta – sul fuoco acceso. Poi diobbiamo spegnere il fornello e coprire la pentola con il coperchio: in questo modo la pasta continua la cottura passivamente fino al termine dei minuti previsti. Esempio, se delle linguine devono cuocere 11 minuti, vorrà dire che cuoceranno 2 minuti a fuoco acceso e i restanti 9 minuti a fuoco spento e coperte.

Okay, diciamo che la teoria ci intriga, ora vogliamo sapere cosa perdiamo se non la seguiamo.

Se la pasta bolle per tutto il tempo sul fuoco, disperderà amido e glutine. Ovvero libererà nell’acqua – e dunque non nel piatto – sapori e nutrimenti preziosi.

Non so quanto la trovata di Sironi sia sostenuta dal parere degli esperti, a proposito, qualcuno di voi può confermare?, ma ho deciso di dargli fiducia e provare.

Ai miei compagni di schiavitù, sì, i fissati del punto di cottura, consiglio la lettura delle altre raccomandazioni dello chef.

Elio Sironi e il suo staff

Cuocere la pasta al dente. Non solo per il gusto, è che così risulta più digeribile. “Al dente rilascia tutti i valori nutrizionali, dà una sensazione di sazietà che dura 4-5 ore. Troppo cotta invece diventa un mattone , e il senso pesantezza dura poco.

Vade retro spadellamenti da show-man. Non spadellate la pasta con movimenti esasperati, come fanno certi chef in tivù. La pasta va accarezzata, coccolata, girata morbidamente. La cottura deve terminare in padella insieme al condimento.

L’acqua della pasta non si butta. Il sugo potrebbe risultare troppo asciutto, per allungarlo l’acqua della pasta torna utile. Perché è ricca di sapori che impreziosiscono il sugo.

A questo punto, il sondaggio. Me lo dite qual è il vostro punto di cottura preferito? Per caso, nascondete anche voi segreti rivoluzionari come la cottura passiva di Sironi. E anche, quale marca di pasta asseconda meglio i vostri gusti?

Immagine: Giusto Gusto, Repubblica.