Expo 2015: guida pratica per evitare i prezzi da Via Montenapoleone

Expo 2015: guida pratica per evitare i prezzi da Via Montenapoleone

Nutrire il Pianeta. Impoverire i visitatori. Questo dovrebbe essere lo slogan completo di Expo 2015 visti i prezzi dei ristoranti regionali, non proprio modici: come sottolinea oogi Huffington Post, in alcuni frangenti sembra di stare in Via Montenapoleone e non in un’esposizione che si propone di debellare la fame nel mondo. Per ora hanno debellato l’appetito.

Secondo i più cattivi dopo gli scandali iniziali il “magna magna” si è trasferito direttamente nelle tasche dei visitatori paganti, i quali, a parte il prezzo del biglietto (un giorno intero costa 39 euro, prezzo che cala scegliendo il carnet da più giorni), debbono mantenere alta la soglia dell’attenzione se vogliono evitare fregature. [related_posts]

Mettiamo da parte il famoso scontrino da 115 € emesso al padiglione del Giappone. Si trattava di cucina kaiseki, tipica della regione di Kyoto, che prevede l’utilizzo di materie prime di alta qualità e un servizio dello stesso livello, distribuito in tante piccole portate con eleganza minimale e tipica firma nipponica.

Inoltre lo scontrino è stato emesso dal ristorante Minokichi, simulacro secolare della tradizione giapponese, inaugurato nel 1716 e frequentato pure da Imperatore Giapponese e famiglia. Mica Pizzaeffiki.

Dei prezzi troppo cari, che oggi il commissario di Expo Giuseppe Sala ha promesso di far verificare padiglione per padiglione affinché restino entro un livello accettabile, si è occupato anche Corriere.it, sorprende che le pietre dello scandalo siano spesso piatti della tradizione relativamente povera. Qualche esempio?

PIADINA? 10 euro da Eataly
PIZZA MARGHERITA? 10 euro da Pizza e Pasta
VITELLO TONNATO? 10 euro da Eataly
PICCOLA (!) FRITTURA MISTA? 14 euro da Eataly (e grande?)
POLENTA E BACCALA’? 16 euro

Certo che se un turista Giapponese, proveniente da Kyoto, è abituato a spendere 115 euro per un pasto kaiseki…mica si scandalizzerà per una piadina a 10 euro? Lui no, ma noi sì.

Meno male che è possibile superare di poco il confine e aggiudicarsi raclette con formaggio Vallese DOP, patate, condimenti e un bicchiere di vino DOC a 6 euro. Viva la Svizzera.

I Brasiliani hanno provato a seguire la Via Italica proponendo un modesto menù a prezzo fisso da 55 euro, ma sono corsi subito ai ripari scendendo a 45 e offrendo un’alternativa low cost a 22 euro; la Spagna invece offre delle economiche tapas con il decantato Jamon Iberico de Bellota a soli 35 euro, 12 per una tortilla (tre fettine) di patate 12. Una paella, invece, costa 16 euro.

Al chiosco sloveno un caffè da portare via costa 1,50 euro e nel padiglione turco due persone spendono 44 euro.

Per un’insalata di manzo con i funghi champignon e la cipolla bielorussa servono 14 euro, un arroz de marisco nello spazio dell’Angola ne costa 16. Passando ai sapori dell’Uruguay, attenzione perché per una grigliata si spendono sino a 36 €.

Nei classici food truck americani, un sandwich, un sacchetto di patatine e una bottiglietta d’acqua costano 15 euro. Allo stand dell’Emilia i primi piatti si pagano 9 euro, mezzo Lambrusco 7,50.

Le alternative abbordabili, in linea con lo spirito dell’evento, fortunatamente ci sono, come il menù Peruviano che offre un piatto di quinoa, pollo, pomodorini, acqua e caffè e 10 euro (l’equivalente di una piadina, o di una pizza margherita o di un piatto di vitello tonnato).

Infine c’è McDonald’s: hamburger a 1.50 euro, McMenu a 7,90; niente fallibili commessi ma totem elettronico per sveltire le comande.

E così a Expo 2015 va ascritto un altro paradosso: al suo interno chi rischia davvero di nutrire il pianeta è multinazionale brutta, sporca e cattiva.

Se possiamo fare qualcosa…

[Crediti | Link: Corriere.it, Huffington Post, Minokichi, Dissapore]