El Bulli: Ferran Adrià pretendeva piatti riprodotti perfettamente

El Bulli: Ferran Adrià pretendeva piatti riprodotti perfettamente

Per anni e sino alla chiusura avvenuta il 30 luglio 2011, El Bulli di Ferran Adrià, a Roses, in Catalogna, è stato il migliore ristorante del mondo. In pochi sapevamo però che i processi di creazione e riproduzione dei piatti erano complementari, anzi, si fondevano insieme. La parte creativa spettava a Adrià. La riproduzione allo staff del ristorante che che il grande chef spagnolo, dopo ore spese a studiare nuove e mirabolanti preparazioni, educava alla riproduzione fedele.

Lo riporta la rivista americana Slate facendo la recensisce del libro Elbulli 2005-2011 (edito da Phaidon), raccolta di oltre 750 ricette (!) griffate da Ferran Adrià.

Modello per un piatto, El Bulli

Dal libro s’intuisce un aspetto importante del backstage delle cucine: la cura maniacale dello chef spagnolo nell’insegnare al team come riprodurre fedelmente i suoi piatti. Servendosi di decine di modelli di plastilina e pongo (li vedete nella foto in alto)  per definire al meglio proporzioni, quantità, dimensioni.

Piatti di El Bulli, disegni preparatoriFerran Adrià, disegni preparatori

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Cucinare significa riprodurre un modello. E’ chiaro che non ci sono ricette perfette, ma perfette riproduzioni“.

Questa affermazione di Adrià merita una riflessione sull’ontologia dell’haute cuisine.

Modello per un piatto, El BulliPiatto El Bulli

Se si vedono le foto dei modelli di plastilina e poi dei piatti s’intuisce la genialità del metodo. Oggi però l’imitazione perfetta e seriale di un modello rimanda a un solo e pericoloso aggettivo: industriale. Al netto della qualità di ottimi ingredienti.

La squadra di chef professionisti assoldati –quasi studenti  professionisti–  è bacchettata se non dispone gli ingredienti nel piatto nella giusta quantità e colore. Eppure, l’industriale nell’arte è manierismo.

Modello per un piatto, El BulliUn piatto di El Bulli

Una volta creato il piatto, a Elbulli ci volevano due settimane per rodarlo in termini di dimensioni, quantità, proporzioni. Il piatto doveva essere imitato ma mantenere un aspetto artigianale: il più vicino possibile al modello, eppure sempre diverso da questo.

Una tale precisione non lasciava spazio alle imprecisioni.

E malgrado guardando queste foto non si direbbe, un poco, credo, anche alle emozioni.

[Crediti | Link: Dissapore, Phaidon, Slate. Immagini: Slate, New York Times]