Dajè famose sta’ pecora, poi Rubio va a Rimini per la fine, sob, di Unti & Bisunti

Dajè famose sta’ pecora, poi Rubio va a Rimini per la fine, sob, di Unti & Bisunti

Ultima puntata, l’estate sta finendo e luccica una nuova stella tv. Chef Rubio conclude la prima serie di “Unti e Bisunti” con due episodi in una sera sola, dopo una maratona domenicale di tutto il girato visto finora.

Non si può certo dire che Dmax non faccia le cose in grande.

Il primo episodio è in Abruzzo.

Si inizia con un perentorio “qui tutto sa d’ovino” pronunciato dal nostro a Peltinum (Aq), subito doppiato da “qui lo street food si mangia tra i campi”.

Chef Rubio mangia un fiadone

Mentre parte la perlustrazione di San Nicandro (Aq) eccolo annusare il profumo dei fiadoni, i ravioloni ripieni di formaggio che in Abruzzo preparano a Pasqua.

Ah, i fiadoni! “Uno shottino di formaggio” (traduzione Rubio/Italiano – Italiano/Rubio).  Attorno non c’è nessuno. Inizio a farmi l’idea che l’Abruzzo non sia popolato.

Poi finalmente qualcuno che cucina i famosi arrosticini di pecora sul canaletto: “una delle più grosse invenzioni dell’umanità dopo lo spiedo” chiosa Chef Rubio, che apprezza la carne “essenza di pecora”e addenta alla sua maniera una salsiccia piccante di maiale.

Ma non è abbastanza. Risale in auto per andare a Prata d’Ansidonia (Aq) dove assaggia i ceci allo zafferano e la coratella in agrodolce, lo accolgono con un “Qua ce sta un ragazzo che gli piace de magnà”. Mi pare una sintesi perfetta per tutto il format.

Incombe l’incontro con gli sfidanti: i due pastori abruzzesi Tartaro e Tonino.

Ho sperato di aver capito male il nome del primo pastore, ma… non è così.

Loro, fanno “una pecora estrema”. Lo dice Rubio, non io. La meravigliosa scena che vediamo è questa: i due pastori e un tavolo con la tela cerata a fiorile sullo sfondo delle montagne. Poesia.

Appena scalfita dal piatto che stanno mangiando: il formaggio con le larve delle mosche casearie, altrimenti detto marcetto.

Ma il piatto sfida è la pecora alla cottora. Ingredienti: pecora vecchia “non s’ammazza una pecora giovane”, erbe aromatiche, sedano, carota e cipolla.

Si va a cercare la pecora e ho seriamente paura che Rubio la debba macellare a mani nude. Ma no. Invece la compra in un macello. Sospirone di sollievo.

Inizia la sfida, disossata la pecora Rubio la fa sbianchire per togliere le impurità; vi dico che è sicuro di vincere, come lo so? E’ che ormai, al penultimo episodio, mi sembra di conoscerlo.

Mosche onnipresenti, i due pastori soprannominati “il gatto e la volpe” dalla produzione fanno battute sul fondo di cottura di Rubio “Ma che ci hai messo il dado?” In tutto questo continuo a chiedermi perché uno dei due si chiama Tartaro.

In questa puntata si fa pressante il placement delle pentole di Rubio, belle, bellissime specie se confrontate con il mega pentolone dei due amici. Coperchi su e giù e arrivano i giudici, ovviamente pastori pure loro con pecore al seguito e, capo giuria, il veterinario.

A colpi di gomiti nelle pentole e brindisi “ai pastori d’Abruzzo!” vince Rubio che conclude in bellezza: “Dajè famose sta’ pecora”.

Sipario.

Per chi vuole, qui c’è tutto l’episodio.

Parte il secondo: direzione riviera romagnola.

Tutto è come ce lo aspettiamo: l’alba, gli occhi di Rubio stropicciati dal sonno.

E’ proprio l’ultima puntata. Sob.

“Rimini so’ tutto tuo”, e Chef Rubio addenta un bombolone fritto alla crema; non c’è niente da fare il bombolone ha sempre il suo fascino.

Ne mangia altri due, uno alla marmellata (“elegante”, ah sì?), uno al cioccolato (“ignorante”) e conclude con un cannolo alla crema strizzato a guisa di tubetto del dentifricio.

A Rimini la fase di perlustrazione si chiama “no piadina no Romagna”. Rubio descrive le piadine classiche (squacquerone, rucola e crudo) vs. le piadine moderne (cipolla gratinata e salsiccia). Tocca poi alla piadina “cafona” con taleggio, melanzane e prosciutto crudo mentre, perdonate, rosichiamo per il feeling che si crea tra il nostro è qualunque donna di qualunque età in qualunque zona d’Italia.

La piadina cafona non gli basta. Passa a quella con 7 ingredienti, sembra di stare in una puntata di Man vs food con le sfide di Adam Richman.

Nel frattempo ascolto rapita il “Vocal Mix” di Unti e Bisunti.

Questo lungo preliminare introduce lei, il cuore pulsante dello street food italiano: la piada sfogliata. Con strutto va da sé.

Seguo la piadaiola che spiega a Rubio la preparazione come l’alunna più diligente farebbe con la migliore maestra. “Lo strutto fa bene”, dice l’arzilla piadaiola. Nessuno ha il coraggio di smentirla. Manco io.

Vediamo anche il cassone, una piada piegata con il ripieno all’interno. Quando si addenta con impeto, “non casca niente fuori”, bene, perché a Chef Rubio “non piace sprecare cibo”.

Arriviamo alla sfida che si consuma in spiaggia.

Sorvoliamo sulla mise anni Venti del nostro, ci concentriamo su Roby “cuoco dei surfisti” a Riccione. Chiosco in spiaggia e cassone con i baci di mare (aka lumache di mare). La sfida è decisa, i giudici saranno giovani surfisti.

Ricerca degli ingredienti per il cassone ripieno: aglio, pomodoro, prezzemolo, le lumache di mare, farina e strutto per il cassone.

Ecco il momento pulp. Rubio va a prendere lo strutto lì dove lo fanno e, attimo di autentica suspence.

Chef Rubio beve lo strutto

Lo beve come fanno i bambini alle fontanella. Segue citazione di “Frankestein junior” che colgo persino io.

Incredula e ancora scossa per il rubinetto di strutto,  vengo affondata dal petto nudo e villoso di Roby il cuoco, che sfida lo chef a colpi di pettorali (mi spiace, vince Rubio).

Cucinano le lumache, il nostro le fa spurgare e poi stendono la pasta per i cassoni. Arrivano i giudici, mangiano felici e elogiano Rubio: “per non esser romagnolo sei un campione!” e vari brindisi.

Chef Rubio ha vinto, sono felice ma anche no.

Chef Rubio senatore

Finisce così il programma di cucina rivelazione dell’anno.

Noi c’eravamo, anche se le domeniche non avranno più lo stesso sapore. Unto & Bisunto.