La scomparsa del mangiatore semplice. Se anche il ghiacciolo diventa termometro di chi conta

La scomparsa del mangiatore semplice. Se anche il ghiacciolo diventa termometro di chi conta

Ultima tendenza che riempie e colora le pagine dei giornali, eccolo il protagonista dell’estate, il ghiacciolo fatto in casa con le proprie sante mani. Nulla di nuovo certo, ma mai così cool e glamour. Come i fratelli colorati macaron e cupcake, anche il ghiacciolo c’è sempre stato ma a un certo punto, non si sa per mano di chi, accende le scintille delle nostre manie da cucina. Ed eccoci tutti immersi nelle frenesie da preparazione fantasiosa e sana del succoso pezzo di ghiaccio.

Guai a comprare quelli fluorescenti e pronti a dire addio per sempre ai gusti anice, cola, fragola, limone, arancio, menta, amarena. No all’euro speso di corsa al bar della spiaggia, a congelarsi le mani e ravanare per trovare quello al gusto che ci piace di più.

Quindi sì alla moda che furiosamente si fa largo: il ghiacciolo ricercato, gourmet, quello Parodiano, light, alla fragola, alcolico al mojito, sano al lampone, fresco, senza zucchero, con lo stecco di plastica, fatto con la macchinetta che li prepara in 7 minuti, multifruit a strati, dei foodblogger, delle mamme ai loro bimbi, a fine pranzo, a merenda.

E mentre giornali e blog esplodono di rubriche ghiacciate ai mille pantoni io mi domando: perché no a quello di una volta, nella sua disarmante semplicità fatta di coloranti? In fondo per me il ghiacciolo è anche il ricordo di un tempo, le dita appiccicose, il gusto finto, l’estate, succhiare fino a farlo scolorire, ciondolare sulla panchina dei giardinetti mentre si scioglie tra le chiacchiere, mordicchiare lo stecco di legno.

Il cibo ravviva spesso la nostalgia e anche il ghiacciolo, soprattutto quello confezionato, pur non essendo una delle invenzioni più gustose dell’ultimo secolo, ha fatto storia. Ecco che vedere la nuove frontiera mi fa ricordare di più l’Arcobaleno, il Lemonissimo, il Magic Cola dal gusto finto, il pannoso Fior di Fragola, il geniale Calippo (con la variante Fizz) e tutte le amenità dette su chi se lo mangia o su chi tracanna il succo finale, il Twister che non s’è mai capito a che gusto fosse. I più recenti Liuk con lo stecco alla liquerizia e il Solero, che segna la fine del ghiacciolo classico e decreta l’inizio della nuova era “ripieno e ricercato”.

Quindi mi vorranno perdonare gli appassionati del genere se mi vien da piangere quando leggo del ghiacciolo che fa passare la nausea alle signore incinte, di quello fatto di birra, quello che propone la solidificazione della Nutella, quello alla caipirinha, quello abbinato alla tovaglia e quello rigorosamente a Km 0.

Abbiamo bisogno che tutto diventi sano, di moda, colorato, ton sur ton, senza zucchero? Oppure un ghiacciolo all’anice ce lo possiamo ancora godere in pace?

[Crediti | Link Vanity Food, immagine: Gourmet]