Identikit del nuovo snob gastronomico

Identikit del nuovo snob gastronomico

Come dire: vado a rubare a casa del ladro. Nel numero di Settembre il mensile Glamour si è messo in cattedra per insegnarci tutti i recenti snobismi del gastrofissato.

A noi?

Intendete dire che davvero quelli che si occupano di far pendant tra smalto e cintura vogliono insegnare alla gente come si diventa gastrofanatici semplicemente compilando un elenco delle ultime ossessioni in campo gourmet?

Partiamo dai 10 punti per diventare foodie contemporanea individuati da Glamour:

Glamour, snobismi gastronomici

1. Comprare tutti i prodotti top
Tipo le uova di Parisi che vengono via alla modica cifra di un euro cadauna.
2. Caffè da nerd
Tipo il Jamaica Blue Mountain da macinare al momento.
3. Superfood in chiave mediterranea
Limone e mandorle pare abbiano già preso il posto delle più esotiche bacche di goji.
4. Vini da mutuo ventennale
Solo se decontestualizzate: ossia bottiglie pregiatissime, ma magari in un ristoranti kitsch.
5. Cucina peruviana
Il trend del ceviche impazza, e naturalmente non ci si può che dichiarare innamorati di Gaston Acurio.
6. Oltre il sushino
Sushi e sashimi li diamo per assodati. Ora si punta al livello Pro, con pietanze più ricercate.
7. Mangiare fuori contesto
Che ne so? Una pizza a Copenaghen e foie gras a Tokyo. L’importante è rimescolare le carte.
8. Non perdersi neanche un evento
Prezzemolini per contratto, non ci si perde un aperitivo, una degustazione o una mostra a tema “food”.
9. Etichette e filiera
Sì, ok, le etichette, ma soprattutto sapere il nome e cognome della mucca che ora è filetto nel vostro piatto.
10. Letture da chef
Tra gli imprendibili si cita La Cucina Italiana. Che poi è Condè Nast pure lei. Solo una coincidenza?

Glamour, snobismi gastronomici

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Ora, per carità, i 10 punti corrispondono tutti al vero quando si parla di una generazione di foodies Milano-centrica, che vuole costruirsi un’identità gourmet più sulla carta che nella vita di tutti i giorni.

Insomma, Glamour gioca al “facciamo gli snob” ma riesce a malapena a tracciare un ritratto del milanese tipo che ora si professa dedito al gastrofanatismo, più per moda che per reale passione. Quello descritto sulle pagine della rivista è un (anzi una) foodie costruita, una tutta eventi e Pisco-sour, una più da facciata che da sostanza.

Il fatto è che, in pure stile Condè Nast, descrive una categoria umana che pare più simile a Sex and the City stavolta in versione gourmet, con portafoglio gonfio a dismisura, nasino rifatto con puzza sotto il naso e abitudini al limite dell’holliwoodiano de noartri con donne imbellettate che vanno a letto senza pigiama e con solo una goccia di Romanée-Conti.

Nessuna menzione per il vero gastrofighetto come lo conosciamo noi, quello disposto a farsi tagliare un braccio piuttosto che far morire il suo lievito madre, quello che si sporca le mani (e pure il mento) quando si tratta di street food. Il nostro vero foodie è colui che racconta agli amici di quando ha mangiato i percebes in Galizia, ma poi è capace di buttarsi nella peggiore trattoria di Roma alla ricerca della carbonara poco chic, ma molto de panza.

Glamour, snobismi gastronomici

E’ vero che capita di fare gli snobettini quando si tratta di trovare il pelo nell’uovo allo chef stellato e che ci si riempie la dispensa di prodotti feticcio che manco i serial killer, ma l’anima, l’anima del foodie dove sta? In un aperitivo mondano a suon di piatti alla Gaston Acurio o nella fame atavica che ci porta ad assaggiare tutto l’assaggiabile? Gastro-snob è la pesca d’altura con Hogan d’ordinanza o il foraging di erbe selvatiche, stivaloni ai piedi?

C’era una volta il gastrofighetto milanesizzato tutto carta platinum e snoberia, ma poi è successo l’impensabile: la nuova generazione di foodie è arrivata, ha iniziato a snobbare i gastro-snob e a riappropriarsi dei valori basilari, anti-snob per eccellenza: le frattaglie, le polpette, le scarpe di Zara. E, sì lo sto per dire, pure la visita annuale da McDonald’s.

Oggi il vero snob della gastronomia è l’antisnob, quello che compra da Peck ma anche alla Lidl, quello che mangia la schiscetta preparata dalla nonna, che ha ancora il rivoltino hipster sui pantaloni ma sui social li massacra di insulti.

Se non brilla per coerenza, almeno il nostro gastro-chiamatelocomevipare è indubbiamente più simpatico del gastro-Glamour. No?

[Link: Dissapore, immagini: Thrillist, Glamour]