La verità, vi prego, sui ristoranti degli stilisti

La verità, vi prego, sui ristoranti degli stilisti

Domenica scorsa il Corriere della Sera ci ha raccontato che l’hobby degli stilisti nostrani è quello di aprirsi un ristorante a Milano. Così hanno fatto Roberto Cavalli con il Just Cavalli, Armani che per primo ha importato a Milano il Nobu e poi aperto l’Armani cafè e l’Armani Ristorante, Trussardi con Trussardi alla Scala, Moschino con la Croyanche, Dolce e Gabbana con il ristorante Gold, o ancora Bulgari.

Oppure le nuove aperture inaugurate proprio ieri sera, il Larte in via Manzoni 5, cito testualemente “il nuovo concept che intende far vivere nel cuore della città, l’esperienza del contemporary Italian lifestyle attraverso le eccellenze enogastronomiche, le arti, il design e la moda”. Sono confusa, ma presto andremo a capire di cosa si tratta. Tra i nomi che si sono uniti per il progetto, oltre molti del settore food, anche Santo Versace.

Molto interessante, almeno sulla carta, l’apertura del Ceresio 7 (ovviamente in via Ceresio 7), nuovo ristorante con piscina sul rooftop del quartier generale Dsquared2, marchio degli stilisti americani Dean e Dan Caten, presentato proprio ieri sera alla stampa. Promette una scenografia mozzafiato e come annucnia lo chef Elio Sironi (ricordate la cottura passiva della pasta?) “cucina semplice, ma esigente” per dire basta a finger food e cocotte. Siamo curiosi e andremo presto a scoprirlo.

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Del resto la città sta per essere invasa da splendide modelle e vip che al posto della costa di sedano mangiano di gusto i rigatoni alle melanzane (fritte) pomodoro datterino e ricotta informata siciliana del Gold, insieme ai proprietari del ristorante Domenico Dolce e Stefano Gabbana.

Bugia. L’ho scritto solo per vedere l’effetto che fa.

Le filiformi fanciulle probabilmente dei rigatoni non conoscono il sapore, però amano molto gli smoothie al cavolo verza, che forniscono loro tutta l’energia necessaria per muoversi leggiadre sulle passerelle della Fashion Week, a Milano dal 18 al 23 settembre.

Noi ragazze curvy (© dell’editor Martina Liverani) emigrate a Milano, in questa precisa settimana ci armiamo di amor proprio e percorriamo fiere i sentieri metropolitani densi di figaggine se ci sentiamo di buon umore, altrimenti ci chiudiamo in casa a soffocarci di gianduia spalmabile.

Larte a Milano

Larte a Milano

Ceresio7

Ceresio7 a Milano

Non so dire se il vezzo degli stilisti abbia mai portato un effettivo valore aggiunto al mondo della ristorazione, dei ristoranti citati ho varcato la soglia del Trussardi alla Scala (che inaugura lo spazio Lounge al primo piano del ristorante affacciato su Piazza della Scala con una scintillante parete d’acciaio piena di bottiglie di pregio) quando lo chef era Andrea Berton, e di Moschino durante la breve gestione di Moreno Cedroni. Le esperienze sono state eccellenti, come anche i luoghi, che di solito sono meravigliosi.

Eppure qualcosa mi allontana, la credenza antica e becera che moda e cibo siano mondi distanti, quasi inconciliabili? Il pensiero superficiale che la moda sia il regno dell’effimero e che invece il cibo abbia bisogno di tanta sostanza? O anche il timore forse ingiustificato che certi brand, non tutti quelli citati ne sono certa, siano il richiamo di uomini e donne di Maria De Filippi? O l’immediata associazione con le facce “diluse” dei commessi delle loro boutique quando scoprono che la tua taglia è superiore alla 40?

A voi l’ardua sentenza. E raccontateci: i ristoranti griffati da brand di moda vi smuovono? E se li avete sperimentati di persona, diteci, raccontateci come sono e come si mangia. Ammetto che il mio pregiudizio principale è tutto per Gold (do you remember cotoletta?) e Just Cavalli, aiutatemi ad abbatterlo.

Il pregiudizio.

[Crediti | Link: Opening Larte, Spigoloso. Immagini dal vernissage del Larte: Enzo Miccio, Golden Backstage. Immagini del Ceresio7: Olivia Vachon]