Il punto della situazione: cosa provate quando qualcuno vi definisce foodie?

Il punto della situazione: cosa provate quando qualcuno vi definisce foodie?

E se il Devoto-Oli mi incaricasse di spiegare il lemma “foodie” nella nuova edizione del suo prestigioso vocabolario? Probabilmente scriverei che è una forma gergale derivata da food per descrivere i fissati del cibo. Un fenomeno in espansione attraverso persone diverse (viaggiatori che raggiunta la meta cercano il mercatino prima dell’albergo, donne non più giovanissime la cui attrazione morbosa per Chef Rubio è al limite dello stalking, instagrammatrici seriali, sboroni per cui valgono soprattutto gli zeri sul conto, reporter dai ristoranti, collezionisti di attrezzi da cucina che dovrebbero stare in una teca, genitrici di lievito madre) che un tempo si sarebbero definiti gourmet, sinonimo oggi caduto in disgrazia perché evoca atteggiamenti indigesti e snob.

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Chi se la prende con la parola inventata sul finire degli anni Ottanta sbaglia obiettivo, volenti o nolenti non ne esiste un’altra dalla vocazione altrettanto internazionale. L’alternativa di Dissapore –gastrofanatici, se l’è mangiata in un boccone. Eppure, proprio mentre un’apposita guida la sta celebrando, urge una domanda: vi sentite rappresentati quando qualcuno vi definisce foodie?

Sull’esempio di un brillante blog americano abbiamo chiesto a dieci super esperti scegliendo tra chef, blogger e giornalisti e blogger, di fare il punto della situazione.

Antonio ScuteriANTONIO SCUTERI, giornalista di Repubblica.

“Foodie ha una connotazione e una valenza precisa. In italiano è impossibile tradurlo con una parola sola. Quello che ci va più vicino è appassionato di cibo, ovviamente inutilizzabile. Facile ironizzarci su, ma secondo me ha senso usarlo, molto più di quando è stato coniato: ora almeno tutti sappiamo cos’è”.

Paolo MarchiPAOLO MARCHI, giornalista, inventore di Identità Golose.

“Detesto le parole di moda: se qualcuno mi contatta presentandosi come foodie mi fa venire il latte alle ginocchia. Abbiamo sempre paura di apparire provinciali, usando termini italiani. Esperto, appassionato, goloso, onnivoro: chi le usa più parole così? C’è anche una guida che si chiama Foodies: a chi si rivolge? Chi sono, questi  foodie? Nel 99% dei casi è una parola vuota, un po’ come “immaginario collettivo” o “splendida cornice”.

Mariachiara MonteraMARIACHIARA MONTERA, foodblogger, inventrice delle Foodie Geek Dinner.

“Per quanto sia abusato, mantiene ancora la sua verve spontanea. Indica, prima di tutto, passione. A differenza di altre passioni quella per il cibo è a 360 gradi, intorno a lei si finisce per far ruotare ogni aspetto della vita: viaggi, relazioni, tecnologie… Per i foodie il cibo diventa la scelta determinante. Se viene usato per fare rete e non come tendenza modaiola per me ha un senso. E il fatto che sia in inglese ci sta bene, dà un tocco di modernità”.

Marco BolascoMARCO BOLASCO, critico gastronomico, direttore di Slow Food Editore. 

“Citando Nanni Moretti: io non parlo così! Una parola proprio brutta. L’unica volta che mi sembrava avesse senso era nell’ambito di una ricerca fatta da Marilena Colussi. Un lavoro che aveva individuato una categoria vera e propria, con una sua serie di caratteristiche: non tanto il maniaco, quanto chi si interessa. Ed era una categoria inclusiva, più che esclusiva: quattro milioni e mezzo di persone!

Valerio VisintinVALERIO MASSIMO VISINTIN, critico gastronomico del Corriere della Sera.

“I foodie non esistono. Sono le fantasiose proiezioni di una mitologia contingente e spicciola, che produce etichette e categorizzazioni per promuovere se stessa. Ecco, allora, i foodie, i gourmet, i gastrofanatici, i gastrofighetti e altre figure più o meno effimere e superficiali che si aggrappano all’emergenza di una moda”.

Gianluca BiscalchinGIANLUCA BISCALCHIN, illustratore, scrittore e novello ristoratore.

“Il foodie è l’evoluzione digitale del gourmet di una volta. Panzone, si faceva chilometri in macchina per andare a visitare un piccolo produttore di formaggi. Sempre incazzoso, perché – ah! – nessuno capiva come lui la poesia del piccolo produttore di formaggi. Ora invece c’è il foodie, anzi, la foodie: una donna fashion che invece che mangiarli i piatti li fotografa con la Canon di cui è sempre armata. Sempre a caccia, sociale però, del cibo come fenomeno e tendenza. Ci dovrebbe essere una mediazione: essere gourmet felici e godere del cibo come piacere e meraviglia”.

Elisia MenduniELISIA MENDUNI, giornlista e foodblogger della Gazzetta Gastronomica.

“I foodie non sono mai esistiti e mai esisteranno. Il termine non è altro che una trovata commerciale e modaiola. Gourmet, goloso, esperto: quelle sono categorie abbastanza ampie da includere persone molto diverse, da quello che prende la bottiglia di vino a 150 euro a quello che si mangia il lampredotto. Foodie, invece, è un termine esclusivo ed elitario, con una connotazione hipster che esclude il popolare e che quindi, per me, è poco interessante”.

Carlo Spinelli CARLO SPINELLI, Doctor Gourmeta e co-autore del Mangiadischi.

“Per quanto mi riguarda non ha molto senso usarla. Meglio usare gourmant, il termine francese per buongustaio. Foodie è la malformazione pop e trash del gourmant itinerante, o del gourmet fetish che dir si voglia. Considerando che la cucina ha raggiunto lo stesso livello di popolarità della musica, si può dire che il foodie  sia l’equivalente del groupie”.

Bob NotoBOB NOTO, fotografo

“Può essere tranquillamente usato dalle persone a cui piace. Questo è quanto”.
Niko RomitoNIKO ROMITO, chef tre stelle Michelin.

“Termine generalista sì, ma non negativo. Indica chi è interessato al mondo della gastronomia a 360 gradi, che sia la ristorazione, quella alta o quella bassa, i prodotti di un territorio, gli artigiani del cibo”.

Ecco, noi abbiamo finito. Ora ci serve il vostro parere: cosa significa foodie oggi?

[Crediti | Link: Gambero Rosso, First we Feast. Immagine di copertina: Gianluca Biscalchin]