La nazionale italiana della gastronomia

La nazionale italiana della gastronomia

Fidatevi sulla parola: catalogate velocemente questo post alla voce “lo leggo con calma in un altro momento” come quelli che un tempo salvavi su Instapaper e oggi chissà (li preferisci su Twitter?).

Se invece lo leggete subito –ma che ostinati che siete– è molto probabile che non vorrete leggerlo con calma in un altro momento. Siete avvisati.

Ho preso 11 protagonisti e costruito la squadra italiana del food usando IL modulo, ovvero il 4-3-3. Un divertissement più che la nuova formazione del potere gastronomico.

Centravanti – Chef Rubio

chef-rubio

Soprannome: Er cloaca

Pro: Esplode con una prima stagione da capocannoniere ingerendo qualsiasi cibaria e gettando una pietra tombale sulla cucina fighetta in televisione. Scalda il cuore delle foodblogger e del pubblico femminile, strizza l’occhio a quello maschile. La butta sempre dentro.

Contro: La birra per sgrassare, l’allisciamento del baffo, il drink a base di colatura di alici di Cetara.

Curiosità: Quando esce di casa la gente gli tira gli avanzi della cena al grido di “màgnate pure questo chef Danubio (cit.)”.

Regista – Oscar Farinetti

Oscar Farinetti

Soprannome: Peppone

Pro: Ha un visione. E un progetto. Comunicatore scaltro, imprenditore entusiasta, apritore (?) seriale di Eatlay, uomo di successo.

Contro: Uomo di successo (in Italia non è ammesso); ha il prurito per la politica, virus persino peggiore di quello catodico, contesto dove usa portare Nebbiolo alla Bignardi o plaudire i progetti antirottamazione di Matteo Renzi.

Curiosità: È l’ago della bilancia nella questione Tav. L’alta velocità non si farà per decretare la vittoria della filosofia slow” con l’apertura del primo Eataly che collega l’Italia alla Francia. Sarà tutto su un piano ma lungo 312 km.

Centrale – Best 50 Restaurants

El Celler de Can Roca

Sito: 50best

Soprannome: Colletto bianco

Pro: L’attenzione che genera ti fornisce generali strumenti per questionare superficialmente di cose che sostanzialmente non conosci e non conoscerai fino alla prossima rapina.

Contro: L’autoreferenzialità, le barricate, i nazionalismi, i dibattiti sulle formiche, il cibo molecolare, AA Gill.

Curiosità: Per stemperare il clima esibitamene aristocratico del consesso, durante la cerimonia di premiazione dell’ultima edizione si è stappato solo vino bianco sfuso ucraino, rigorosamente alla cieca, in bicchiere nero. Non sentendo effervescenza nel vino, i commensali hanno generalmente provato sgomento per la mancanza di Champagne ma 9 su 10 hanno giurato che si trattasse di una straordinaria annata di Romanée Conti.

Secondo centrale – Magnolia Tv

Magnolia

Sito: MagnoliaTv

Soprannome: Hollywood

Pro: Sanno dove gira il vento. E non a caso ora cavalcano il food show. Ogni 8 produzioni se ne trova una di livello.

Contro: Armatevi di sogno americano, pensate al programma del secolo, buttatelo giù su carta, magari pensate a qualche idea visiva, mostratevi scaltri e competenti e provate a proporglielo. Il papa è più avvicinabile. No, non quello che manda sms, quello prima con il male di vivere. Piagnisteo italico? Si vede che non avete mai provato.

Curiosità: È in progetto un nuovo talent dal titolo Cook Away in cui 750 aspiranti chef preparano manicaretti in condizioni apocalittiche, tipo tornado, terremoti, glaciazioni, traffico in tangenziale, bagno turco. Per celebrare il nome dell’azienda ci sarà anche una citazione cinematografica nell’episodio in cui tre concorrenti (un palermitano muto, un vietnamita e un bambino di 5 anni) cucineranno la polenta taragna mentre si scatena una pioggia di rane.

Portiere – Gabriele Bonci

Gabriele Bonci

Soprannome: Mano de pedra

Pro: A Roma è più facile incappare in una pizzeria a taglio che in una macchina in doppia fila (stavo per scrivere un parcheggio ma non funzionava): per distinguersi serviva talento, capacità di sporcarsi le mani in televisione e attenzione maniacale al prodotto. Pizzarium, più ancora di tutte le altre creature di Bonci, è la sintesi di tutto questo e lui è l’immagine nazionale della pizza in teglia. Per parafrasare una vecchia massima dedicata a Springsteen, il suo pubblico di riferimento si divide tra chi ama la sua pizza e chi non l’ha mai provata.

Contro: La sua stazza inibisce la facoltà critica e rievoca atmosfere da “sta mano po esse fero e po esse piuma”. Della serie pure se non mi piacesse io non glielo direi in faccia…

Curiosità: Da qualche mese le domestiche del quartiere Prati di Roma si sono unite nell’associazione “Don’t try this at home”. Il loro nemico? Orde di panificatori della domenica intenti a seguire il diktat dell’idratazione estrema, si sono mostrati incapaci di ammettere il loro fallimento di fronte a dimore invase da dei blob disumani fuoriusciti dalla zona verdura del frigo.

Fantasista – Joe Bastianich

Joe Bastianich

Soprannome: The Unstoppable

Pro: Ha lo sfrontato ed efficace candore del businessman americano – che non se la tira e si beve un bicchiere con te – e le radici storiche adatte al ruolo: insomma è l’italo-americano perfetto. Sa essere personaggio e calarsi nel ruolo. È divertente (spesso suo malgrado) e ora ha messo anche le mani sulla ristorazione italiana.

Contro: Ha problemi con le mance. Assaggia, sputa e tira piatti; si doppia per la versione italiana di MasterChef Usa, corre, produce vini (rivedibili) e suona blues. Sembra un po’ lo sponsor di quella storia urticante secondo la quale l’ozio è il padre di tutti i vizi. Invece è bello. E creativo. Placatelo!

Curiosità: Diversamente dal suo commercialista il suo cane odia Crozza, specie da quando ha visto un suo autore affiggere il cartello “Se entri muoro” davanti la villa del suo padrone.

Laterale destro – Guida Michelin

Guida Michelin

Soprannome: The Wall

Pro: Alla fine tutti l’attendono. E nonostante si celebri ogni 4 picosecondi il funerale della guida classica cartacea, questa qui sposta ancora (anche se di soldi ne perde a iosa). Specie in un paese molto legato al valzer delle stelle. Il rinnovamento poi è iniziato: da quest’anno prende il timone il trentasettenne Sergio Lovrinovich, all’anagrafe solo un anno in più delle conduzioni del precedente Fausto Arrighi.

Contro: Sa di polvere e di libero staccato. Difficile spiegargli la difesa a zona, marca a uomo come il primo Giuseppe Bruscolotti ed è aperta al mondo come la Corea del Nord. Vediamo se il 2013 segnerà la rivoluzione. Dubitarne è legittimo.

Curiosità: Il futuro è nel web. Non è il solito mantra irritagonadi ma il titolo di un romanzo gastronomico pensato da Fausto Arrighi per dimostrarsi dentro il suo tempo. C’è grande attesa soprattutto per la post-fazione dedicata al reflusso esofageo degli addetti ai lavori.

Fluidificante sinistro – MasterChef

Masterchef

Soprannome: Neo-nazismo (cit.)

Pro: Stai lì, lo guardi, commenti il liveblog di Sara Porro, insulti giudici e concorrenti, ti fai delle domande su te stesso, gli altri e l’Occidente. Ne capisci la portata ricattatoria e subliminale, la contesti. Ma lì rimani, perché è come il calcio. Pure se vince un avvocato piacevole come un’uretroscopia.

Contro: L’evoluzione della specie non contempla necessariamente l’esistenza di un dio. In Masterchef ce ne sono tre.

Curiosità: Quando i paletti del politicamente corretto e della noia progressista avranno finalmente un termine, nel 2019, Masterchef potrà aprirsi al primo esperimento di gulag gastronomico. Autori e produzioni si stanno infatti muovendo per ottenere i permessi per girare alle isole Solovki. La posta in gioco non è il maledetto sogno di una vita di qualche ominide noioso e piagnucolante, ma la sopravvivenza dei concorrenti. La prova definitiva sarà una cena di 42 portate con i soli prodotti della propria cella.

Intermedio destro – Massimo Bottura

Massimo Bottura

Soprannome: lo Steve Jobs della cucina

Pro: Me miserrimo non sono mai stato a La Francescana, ma sono certo che i pro sono tutti dentro i piatti. D’altronde la cucina è come il calcio: non si può barare sul talento.

Contro: Ti scatena il populismo gastronomico. Della serie se non hai studiato la tavola periodica degli elementi di Dmitrij Mendeleev, non sei nessuno. Sfumatore di colore degne della luce di Caravaggio, ricerca delle consistenze approssimata al Bosone di Higgs. Insomma, a Bottura, ce fai magna’? Non è che ci credi troppo?

Curiosità: all’età di 8 anni, dopo aver rubato dei tortellini, il piccolo Bottura si rifugiò in un ristorante. Come i soliti registi che si sono innamorati del cinema perché il protezionista li faceva entrare di straforo, vedevano un film centinaia di volte e bla bla bla, il nostro divenne amico di un cuoco che si divertiva a proporgli piatti provocatori per indurlo a non tornare più. Fu l’inizio di un lungo tragitto di innovazione.

Intermedio sinistro – Carlo Cracco

Carlo Cracco

Soprannome: Il bel tenebroso.

Pro: La solidità nell’alta cucina. La valorizzazione di Matteo Baronetto. Il geniale salmone marinato con foie grasè abbinato al sidro. E poi è lo sponsor italiano dello scalogno.

Contro: Ogni volta che si chiede di lui nel suo ristorante ti portano un telecomando. Per scoprire che di fronte ai concorrenti ha la stessa misericordia di Montero in aria di rigore.

Curiosità: Durante le registrazioni della prima stagione di Masterchef, al 36°sguardo intenso in macchina con strizzata corrucciata sperimentò una breve paralisi dell’occhio destro. Costretto a un ricovero d’urgenza al San Raffaele finì in stanza con Berlusconi che gli insegnò a fare il risotto.

Attaccante di raccordo – TripAdvisor

TripAdvisor

Soprannome: Il cannibale di Google

Pro: Come Marx riconosceva il valore sommamente rivoluzionario della borghesia, l’utilità puramente orientativa dello strumento è innegabile.

Contro: Grillismo webcratico senza speranza. La rivoluzione dal basso che inabissa il pensiero.

Curiosità: Fino a qualche tempo fa nella stanza dei bottoni recensivano anche la qualità delle accuse fatte al servizio. Superati il milione hanno assunto dei metadiffamatori per diffamare i diffamatori.

[Crediti | Questo post è stato pubblicato in forma diversa su Scatti di Gusto. Immagini: Dissapore, Scatti di Gusto, Invidia.it, 105, New Yorker]