Pesce intero: come sceglierlo, pulirlo e cuocerlo

Pesce intero: come sceglierlo, pulirlo e cuocerlo

Ancora in molti pensano che scegliere, preparare e cucinare il pesce sia complicato. Tanto che lo mangiano solo fuori casa, o ripiegano su filetti e altra roba pronta da cuocere, quando non sui piatti pronti surgelati. Ma volete mettere il piacere di un bel dentice intero arrosto? Di un’orata all’acqua pazza? Di un branzino in court bouillon accompagnato da maionese fatta in casa?

Certo, mentre tranci e fettine si trattano come fossero scaloppine di carne, un giro in padella e via, il pesce intero ha bisogno di cure sin dall’acquisto. E in ogni fase ci si può trovare di fronte a dilemmi su cosa fare o non fare.

Domande scomode da porre al pescivendolo, decisioni da prendere in cucina, dubbi da sciogliere in merito alle operazioni di pulizia o ai tempi di cottura.

Ecco le questioni più spinose (che, parlando di pesce, ci sta).

Dentici

1. COME SCEGLIERLO

Usate tre sensi su cinque. Ovvero guardate, annusate, toccate.

Il pesce fresco ha un bell’aspetto, vi fissa col suo occhietto nero, sfoggia con orgoglio la sua livrea scintillante. Profuma di salmastro, alghe, mare, e non aggredisce le narici con sentori di ammoniaca o, peggio, di marcio. Riuscite a sbirciare nelle branchie? Controllate che siano umide e rosso vivace.

Poi, tastate. Il pesce fresco è sodo, compatto, elastico: se premete su un fianco con un dito, non deve rimanere la fossetta. Ed è rigido: se quando il pescivendolo lo solleva dal ghiaccio, si piega mollemente, lasciatelo perdere (il pesce, ma anche il pescivendolo).

2. OFFERTE DAVVERO SPECIALI?

Chiedete al venditore il perché di quel grosso sconto: magari vi dirà prontamente che, il giorno addietro, c’è stata una pesca fortunata e abbondante di questa o quella varietà. Oppure, balbetterà qualcosa e, facendo orecchie da mercante (appunto), replicherà “avete detto che volete il pagello a prezzo speciale?” mentre già ve lo incarta.

Insomma, non è difficile capire che, nove volte su dieci, lo sconto (soprattutto se importante) serve al pescivendolo per liberarsi di un prodotto che campeggia già da un po’ sul suo bancone.

Non fatevi abbindolare e, prima di procedere all’acquisto, ricontrollate con attenzione tutti i dettagli di freschezza di cui sopra.

Fanno storia a sé gli sconti del sabato all’una al mercato, o del sabato sera in negozio, quando le rivendite stanno per chiudere e, fresco o no, il pesce non tirerebbe il lunedì. In questo caso, naturalmente, la parola d’ordine è approfittarne.

Pesce

3. PULITO O DA PULIRE?

Premessa: prima viene pulito, meglio si conserva. Le interiora sono il luogo preferito dai batteri della putrefazione (oltre che dall’anisakis), quindi eliminate loro il pesce dura un poco di più.

Naturalmente, siccome in genere si acquista il giorno stesso in cui si cucina, la pulizia resta la prima operazione da eseguire.

E farla fare in pescheria è una gran comodità. Però attenzione: ci sono addetti che nella vita precedente si chiamavano Jack, si aggirano per le strade di Londra e oggi squartano il ventre di spigole e dentici restituendovi un pesce slabbrato.

Naturalmente, una volta fatto il danno, non potrete più porvi rimedio, ma ricordatevene per la prossima volta riflettendo se non sia il caso di fare da voi.

Piuttosto, chiedete di squamarlo (se necessario, vedi punto 4) visto che le squame, in cucina, hanno l’antipatica abitudine di saltare come pulci e appiccicarsi ovunque, dal pavimento al soffitto.

4. SQUAME SI O NO? 

No, ed eliminate con estrema cura e precisione, se cucinate il pesce al forno, lessato, al vapore, al cartoccio, poché.

Se anche lo serviste in tavola perfettamente pulito e sfilettato, le maledette troverebbero il modo di infilarsi fra le scaglie di polpa e, da lì, fra i denti dei commensali.

Sì la maggior parte delle volte che cucinate il pesce intero alla griglia, e sempre se lo fate al sale.

In entrambi i casi, serviranno a proteggere la polpa: dal calore aggressivo delle braci o dalla sapidità eccessiva della crosta.

A proposito, ricordate che per quest’ultima tecnica non sono adatti pesci troppo piccoli (finisce che si impregnano troppo di sale). Mentre parlando di griglia, se comunque vi piace la pelle croccante, squamate pure, ma poi fate attenzione in cottura, che non si laceri lasciando bruciare le carni.

Acqua pazza

5. SARA’ COTTO?

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L’occhio, che all’acquisto vi guardava vivace, è diventato bianco come un albume sodo. La branchia rosso vivo ha virato al marrone scuro. Sollevando un lembo del ventre, la polpa all’interno appare opaca, non più traslucida. Sempre curiosando nel ventre, verso il fondo non si avvertono tracce di sangue.

Se ancora avete dei dubbi, incidete con una forchetta un fianco, in corrispondenza della lisca, e verificate che la polpa si stacchi dalle spine. Sarete certi che il vostro pesce sia cotto a puntino.

Cuocete al sale? A 200°, io calcolo circa 25 minuti per un pesce di 700, 800 grammi, 35-40 per tagli più grandi, intorno al chilo.

Per le altre cotture, considerato che non c’è lo strato di sale che ingentilisce il calore, potete considerare questi tempi ridotti di circa 1/5, tenendo la temperatura sui 180°.

Inutile dire che il forno deve essere già caldo. A me non spiace accendere la ventola, che rende croccante la pelle e asciuga l’acqua eccessiva che a volte si forma sul fondo della pirofila e rende la base molliccia.

Mumble mumble: non mi sovvengono altri dilemmi circa il pesce intero. E voi? Quali dubbi avete? O quali risposte che non ho dato?