Le recensioni dei ristoranti che nessuno ha letto (neanche) questa settimana

Le recensioni dei ristoranti che nessuno ha letto (neanche) questa settimana

Per chi scrive le recensioni dei ristoranti il critico gastronomico della carta stampata? Beati i tempi in cui poteva coltivare la nicchia, ma oggi, con i portafogli che piovono sangue mentre online si trovano –GRATIS– blog attendibilissimi e social network aggiornati, chi è che compra una rivista per leggere recensioni di ristoranti?

Proprio qui interveniamo noi, radunando per i fortunati lettori di Dissapore le grandi firme della carta stampata di questa settimana: paludate, un po’ trombone ma ancora necessarie.

yazawa milano

YAZAWA

Via San Fermo 1, Milano

Il “wagyu”, spiega Allan Bay, bestsellerista seriale di ricettari, su ViviMilano, supplemento del Corriere, è una tecnica di allevamento dei manzi di Kobe inventata in Giappone, ma ormai diffusa in tutto il mondo, che permette di ottenere una carne con un equilibrio perfetto di magro e grasso, rinomata e molto cara.

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Yazawa è il nome della società giapponese che seleziona e commercializza questo tipo di carne proprietaria di tre ristoranti, uno dei quali, 40 coperti in un ambiente “minimale elegante”, a Milano.

La carne è ovviamente il piatto forte, “la migliore disponibile al mondo” con diversi tagli di wagyu che, “tagliati sottili, vengono cotti per pochi secondi dai commensali direttamente sul tavolo, su fornelletti giapponesi tradizionali ma tecnologici che non fanno fumo”.

L’offerta del ristorante comprende anche carni italiane “tipo diaframma e lingua bovina”, poi insalate piatti a base di riso e zuppe. Conto medio sui 90 €, bevande escluse, altrimenti, per chi se lo può permettere, ci si affida al “sontuoso menu degustazione a 150 €”, scelta sicura in un ristorante dove “tutto è al top”.

Acqua Crua

ACQUA CRUA

Piazza Calcalusso 11, Barbarano Vicentino (VI)

Enzo Vizzari, direttore delle guide Espresso, non perde l’abitudine di fare classifiche anche sul settimanale romano, e parlando di Vicenza a tavola mette davanti a tutti gli altri il ristorante La Peca, l’inossidabile Casin del Gamba; lo Spinechile dei Fasolato, La Tana di Asiago che ha finalmente conquistato una nuova casa, mentre Lorenzo Cogo continua a crescere.

Ma la nuova entrata su cui scommettere è questo locale aperto lo scorso anno nel cuore dei colli Berici da Giuliano Baldessari, già collaboratore di Massimiliano Alajmo a Le Calandre. Al piano superiore 5 camere accoglienti, sottoterra una “meravigliosa” cantina, in mezzo un locale “di gusto ricercato negli arredi e nelle stoviglie” che serve piatti “belli e audaci ma non stravaganti”.

Un piacere la sequenza del menu degustazione a 70 € dove si distinguono il “provocatorio” carpaccio di manzo con salsa teriyaki, crema di pistacchio e scampi crudi, il raffinato raviolo di garusoli e astice, e due piatti “magistrali”: dotto (cernia di fondale) avvolto in guanciale affumicato con tè rooibos e funghi shitake, e colombaccio con spuma di bearnese e raperonzoli al Barolo.

Mas Cì, clusone

MAS CI’

Piazza Paradiso 1, Clusone (BG)

Al critico in incognito Valerio M. Visintin spetta il compito di portarci nel centro storico di Clusone, “le cui strade salgono e discendono sotto lo sguardo delle alture intorno a Bergamo”.

Il Mas Cì, in dialetto “maschietto”, è ospitato in un nobile palazzo che oggi è l’albergo Commercio, anche se nel tempo si è conquistato una “supremazia turistica e gastronomica” in ragione del fatto che “si mangia con gran soddisfazione in un ambiente aristocratico nel taglio dell’abito, ma familiare nei modi e nei toni del servizio”.

Nel menu pasta fresca, malefatti (gnocchi di taleggio e mandorle), risotti, polenta, funghi e tagliata: “un repertorio ricco improntato con garbo a una certa rusticità montanara”.

Il prezzo non rovina la festa: 30/40 € senza vini.

Osteria Palmira, Roma

OSTERIA PALMIRA

Via Abate Ugone 29, Roma

Antonio Rocchi e la moglie Palmira, da Amatrice, aprono un trattoria in via del Boschetto nel rione Monti a Roma nel 1955. Inizia tutto da lì. Gianni Mura sul Venerdì di Repubblica snocciola le alterne vicende dei figli Claudio e Assuntina che li riportano alle origini, la trattoria, aperta due anni fa stavolta a Monteverde.

Palmira c’è ancora, ha 86 anni, ma a preparare gli agnolotti al sugo di coda come lei è Assuntina, insieme ai primi serviti in porzione generosa: bombolotti alla gricia, spaghettoni all’amatriciana e alla carbonara, tonnarelli cacio e pepe, fettuccine alla cacciatora con i durelli. Menzione a parte per i gnocchi ricci “la più antica specialità di Amatrice accompagnati da un ragù di castrato”.

Non mancano le minestre (ceci, broccoli, arzilla), le zuppe e la polenta con le spuntature, mentre la natia Amatrice si ritrova anche nei salumi e nei formaggi; la sera si aggiungono le pizze. Tra i secondi si segnalano le carni alla griglia con un ottimo abbacchio a sscottadito.

Servizio cordiale e senza fronzoli come ci si aspetta in un posto del genere, spazio all’aperto per quando fa caldo, e infine i prezzi: antipasti 5/15 €, primi 8/12 €, secondi 10/14 €, dolci 4/6 €.

[Crediti | L’Espresso, ViviMilano, Il Venerdì]