I ristoranti della settimana: carta stampata

I ristoranti della settimana: carta stampata

Per chi scrive le recensioni dei ristoranti il critico gastronomico della carta stampata? Beati i tempi in cui poteva coltivare la nicchia, ma oggi, con i portafogli che piovono sangue mentre online si trovano –GRATIS– blog attendibilissimi e social network aggiornati, chi è che compra una rivista per leggere recensioni di ristoranti?

Proprio qui interveniamo noi, radunando per i fortunati lettori di Dissapore le grandi firme della carta stampata: paludate, un po’ trombone ma ancora necessarie.

LaLeo, Torino

LALEO

Corso Verona 38/E, Torino

Sulle pagine de La Stampa di Repubblica Luca Iaccarino segnala Laleo, che sta per Eleonora Guerini, già critica gastronomica e autrice della guida vini del Gambero Rosso, da poco proprietaria a Torino di “un posticino proprio bello, una gastronomia dall’aria cosmopolita”.

Cosa si mangia da LaLeo? Tre cose tre: zuppe (5 €), pocha (4€) – tipo trapizzino (il cibo di strada ibrido tra pizza e tramezzino inventato nel 2008 dal pizzaiolo romano Stefano Callegari), e dorada (2,50 €), tipo supplì.

Tutte le portate provate soddisfano il palato: zuppa crema carciofi e patate –“molto buona”– due pocha, con polpette e seppie con piselli –“buoni i ripieni, il pane buo-nis-si-mo”–, una dorada alla marinara con pomodoro e acciuga –“croccante da manuale”.

Sosta che abbina apparenza con un gusto tutto femminile negli arredi, e sostanza, riuscendo a placare anche appetiti grandi e virilissimi.

Capitolo spesa: 13 euro a cranio bevendo birra di Torino, “per quanto i vini, i cocktail e i buoni consigli di Eleonora non manchino”.

Alle Carceri, Pavia

ALLE CARCERI

Via Fratelli Marozzi 7, Pavia

Cuoco autodidatta, Claudio Sacchi ha trasferito da poco l’insegna della sua osteria, “ma continua a puntare sulla materia prima: la carne bovina arriva dall’Irlanda, l’oca da Friuli e le lumache dalla Borgogna”. Il riso, ovviamente c’è ed è targato Pavia. Lo racconta questa settimana Gianni Mura sulle pagine de Il Venerdì.

Il menu degustazione da 4 portate costa 40 €, le specialità lombarde non mancano, dal risotto con il pesce persico, o con lo zafferano, alla costoletta alla milanese alla coscia d’oca. Ci sono anche ottimi affettati: pancetta, coppa, lardo, prosciutto emiliano, friulano e della Foresta Nera.

Non di sola cucina lombarda vive l’osteria pavese, anzi, spesso il meglio si nasconde nel resto del menu ispirato a diverse regioni: testaroli al pesto, gnocchi con i friggitelli, acciughe e olive taggiasche, tortelli al Castelmagno, costine d’agnello alla provenzale, coniglio alla ligure. 200 le etichette nella carta dei vini “con buone presenze d’Oltrepo e non solo”.

Prezzi: antipasti 10/12 €, primi 8/12 €, secondi 15/25 €, dolci 5 €.

Bon Wei, Milano

BON WEI

Via Castelvetro 16, Milano

Chi nutre preconcetti sui ristoranti cinesi dovrebbe provare il Bon Wei, è l’esplicito consiglio di Roberta Schira, che questa settimana sul Corriere consiglia caldamente ai milanesi, nonché ai turisti in visita per l’Expo, di assaggiare i piatti del cuoco Guoquin Zhang, nell’atmosfera minimalista e contemporanea “ma non fredda” del locale.

Non aspettatevi dal “tempio del meglio della cultura gastronomica cinese in Italia” involtini primavera e altri abusati stereotipi.

Avrete piuttosto l’inarrivabile astice saltato con mango, lychee e dragon-fruit, i “deliziosi” involtini con salsa al curry, la zuppa di abalone o le tagliatelle con vitello e insalata. Da non perdere l’anatra alla pechinese “considerata a ragione la specialità della casa”.

Ottima idea le serate dedicate alle diverse regioni gastronomiche cinesi, raffinata l’accoglienza di Le Zhang, direttore del locale e figlio dello chef, che ha da poco fatto il bis, aprendo Dim Sun, a due passi da Porta Venezia.

Per una cena di “cucina cinese chic” spenderete 55 € a testa.

Penati al Baretto

PENATI AL BARETTO

Rue Balzac, Parigi

Il richiamo esercitato dal Made in Italy sui francesi è forte, una presenza pervasiva con, ahinoi, “tanti e insopportabili bidoni” ma anche indirizzi di valore “da raccomandare al turista italiano in crisi d’astinenza” e non solo.

Così, più o meno, Enzo Vizzari presenta su L’Espresso Penati al Baretto, recente apertura parigina di Alberico Penati, cuoco italiano che dopo soli 6 mesi ha ottenuto la stella della guida Michelin. Senza dimenticare i precedenti: Giovanni Passerini, che dopo aver conquistato i parigini con “Rino” aprirà il suo nuovo ristorante a Ottobre, Simone Tondo, proprietario del “Roseval”, bistrot sempre affollato, i fratelli Alajmo che al loro piccolo impero della ristorazione hanno da poco aggiunto “Cafè Stern”, e Gennaro Nasti che con “La Famiglia” ha portato nella capitale francese le pizze autentiche “in mezzo a un mare di nefandezze”.

L’esperienza europea di Alberico Penati è lunga di almeno 30 anni, prima a Parigi poi a Londra, ora di nuovo nella capitale francese, interprete della migliore cucina italiana tradizionale, “senza particolari slanci creativi ma costruita su prodotti rigorosamente selezionati”.

Facciamo degli esempi: gamberi siciliani crudi, risotto con gli asparagi, tagliatelle fresche al ragù di ossobuco, fritto misto di scampi. Vini solo italiani più qualche champagne.

Prezzo medio 60/70 €.