Ricette italiane: 5 idee per rovinarle, perché lasciare il privilegio agli chef?

Ricette italiane: 5 idee per rovinarle, perché lasciare il privilegio agli chef?

Ormai gli chef, televisivi e non, ci stanno abituando alle loro versioni delle ricette tradizionali italiane, reinterpretate con aggiunte a casaccio: aglio qua, cipolla là, burro a destra, latte a manca. Spesso spacciati non come licenza poetica del cuoco, ma come recupero di presunte tradizioni o miglioria necessaria a piatti che generazioni di massaie hanno cucinato, per secoli, sempre sbagliando. 

Nel futuro gastronomico prossimo venturo questi errori saranno finalmente corretti da “chi ne sa”, e tutti quanti cucineremo meglio.

Sull’onda emotiva che ha coinvolto, negli ultimi tempi, piatti importanti come amatriciana, gricia o pizzoccheri, sono qui per anticiparvi questa nuova, irrinunciabile tendenza. Con qualche idea originale (sì, vabbè) e qualche altra mutuata da quello che è trend nelle cucine più chic.

Dite anche voi basta alla tirannia della ricetta tipica, dell’ingrediente della tradizione, della preparazione a regola d’arte. Rovinate un piatto: scoprirete che è un grande gesto liberatorio. O forse no.

bistecca alla fiorentina

1. FIORENTINA LESSA

Ormai, i nutrizionisti ce lo ricordano a ogni piè sospinto: quel bruciatino così buono, che fa la griglia sulla carne alla brace, è veleno. E Maillard, che gli ha dato il suo nome, il diavolo.

Quindi, d’ora innanzi mai più fiorentina cotta sul barbecue, con le sue belle righe brunite di cauterizzazione.

La nuova T-bone è bollita, meglio ancora se a bassa temperatura e sottovuoto. Grigina, asettica, fin ospedaliera, ma più salutare. Resta il problema dei grassi saturi, ma non si può avere tutto.

Impepata di cozze

2. IMPEPATA PANNATA

Non è una novità: i francesi, maestri indiscutibili ai fornelli, fanno da sempre le moules à la crème. La sfida del terzo millennio sarà convincere i cuochi napoletani a ingentilire la ‘mpepata e cozze con una generosa aggiunta di panna. Fresca o, perché no, da cucina UHT, ancora più densa, tipo stucco.

Per stemperare tutto quel pepe, attenuare l’eccessivo salmastro, ispessire il fluido brodetto, coprire con una mano di bianco tutto quel nero e quell’arancione.

Eataly New York, pasta

3. PASTA SECCA DI GRANO TENERO

Se la nuova tendenza dell’haute cuisine è fare della pasta semplicemente una base discreta, come proposto dallo chef della settimana, Paolo Lopriore, perché ostinarci a confezionare spaghetti & co. con il grano duro, così saporito, così colorato, che tiene così maledettamente la cottura?

Via libera alla collosità del frumento tenero, al suo pallore che non interferisce con la vivacità degli altri ingredienti che vorrete aggiungere.

Certo, per questa rivoluzione, occorrerà cambiare la legislazione sulla produzione della pasta alimentare. Una petizione con firmatari illustri (che so, chef e foodblogger) potrebbe essere il primo passo.

pizza, eataly, lingotto

 4. PIZZA IMBURRATA

Perché pane e burro sì e pizza e burro no?

Il delizioso grasso animale potrebbe essere la perfetta base per la famigerata “4 formaggi” (a proposito, quali sono esattamente questi formaggi, qualcuno lo sa?), al posto del solito, noioso olio extravergine d’oliva.

Una volta sdoganato, potrebbe dare vita a creazioni suggestive: se per pizza burro e marmellata il gourmand italico non è ancora pronto, certo potrebbe apprezzare pizza burro e acciughe, o pizza burro e pesto (Davide Oldani docet).

Aggiungere il vino al risotto

5. RISOTTO ALLA MILANESE IN BIANCO

Questa non me la sono inventata io ma mi è tornata in mente ripensando all’intervento del succitato Davide Oldani sul palco dell’ultima edizione di Identità Golose. Dove ha presentato un piatto dal nome importante: Zafferano e riso alla milanese D’O Expo 2015 (che un collegamento all’Expo, di questi tempi, non si nega a nessuno).

In pratica, la naturale evoluzione del pensiero risottiano del bel Davide. Che, dopo aver marchesianamente eliminato il soffritto e il brodo, oggi elimina anche il colore perché lo zafferano diventa un distillato (sì, nell’alambicco) e, come tutti i distillati, è trasparente.

Profumato, ma totalmente incolore.

Che poi il piatto sia, sempre marchesianamente, impreziosito da una scintillante foglia d’oro è un dettaglio di cui magari potete prendere nota, pur senza replicarlo nelle vostre cucine. Piuttosto che spendere soldi nell’acquisto di lamine insapori, potete sempre investire in un alambicco.

Insomma, il giochino lo avete capito. Ora aspetto solo le vostre segnalazioni: quale piatto tipico volete sciupare, come e perché? Non siate timidi. Siate creativi. Siate folli.

[Crediti | Link: Dissapore, immagine di copertina: ricettepensierieidiozie]