Ristoranti Roma | Marco Martini è bravo a prescindere da dove si trova Stazione di Posta

Ristoranti Roma | Marco Martini è bravo a prescindere da dove si trova Stazione di Posta

Se la più solida delle attuali carriere da chef fashionista sembra fondata su corpi esili, simil nordici, appena mascolinizzati da barbe e tatuaggi, Marco Martini, che ha fatto arrivare una nuova stella Michelin tra i ristoranti di Roma alla Stazione di Posta, esprime la massima potenza di fuoco del cuoco come te lo immagini.

Credibile anche nella formazione, prima con Antonello Colonna, chef stellato (Open Colonna e Vallefredda Resort) che nella carriera trentennale ha ridato lustro alla cucina romana ma con con cui andare d’accordo non è semplice, poi con il divino Heinz (Beck: La Pergola, sempre a Roma), il giovane cuoco ex rugbista ha molti meriti spesso sottaciuti. 

Pretende che buona parte dei prodotti serviti ai suoi clienti provengano da agricoltura biologica, per la precisione dalla cooperativa Agricoltura Nuova che dà lavoro ai diversamente abili e si prende cura della Riserva Naturale di Decima Malafede, estesa sino a poco fuori dal raccordo anulare.

Soprattutto non si fa problemi a parlare di dove si trova La Stazione di Posta, situato dentro la Città dell’Altra Economiaquartiere Testaccio. Nel lunghissimo giro dell’isolato alla ricerca dell’ingresso, ho fatto di tutto per ignorare l’aspetto da cantiere abbandonato della zona e il posteggio degradato accanto. Non del tutto però, giacché sono riuscita a raggiungere il ristorante solo grazie all’intervento del parcheggiatore curdo.

Parliamo di un locale stellato, ammetterete l’anomalia.

Dice Martini che se il Comune non fa qualcosa se ne andrà. “Noi” – aggiunge – “quello che abbiamo fatto qui lo possiamo replicare altrove”. Ce l’ha anche con i soldi spesi per le celebrazioni del 2 giugno: troppi rispetto a quelli investiti per aiutare chi promuove la conoscenza del cibo.

Stazione di posta, roma

Stazione di posta, roma

Siccome a volte (spesso) il caso aiuta i bravi indipendentemente da dove si trovano, è grazie alla credibilità della sua divertente cucina romanesca, con cui ti viene subito da empatizzare, che Martini ha vinto le resistenze dei seriosi ispettori Michelin, poco inclini a premiare i ristoranti al di fuori dalla “incantevole cornice”.

Si comincia con omaggi deliziosamente giocosi ai grandi piatti di pasta romani: carbonara, amatriciana, cacio e pepe.

— La “nascita della carbonara” è un guscio d’uovo spezzato riempito da una crema con tutti gli ingredienti giusti, compreso un pezzetto di mezza manica e un cubetto di pancetta croccante
— La cacio e pepe è un drink, da sorbire con uno zito fritto che funziona da cannuccia
— L’amatriciana è una salsa, infilata su un cono di pasta fritta che la fa sembrare un gelato.

Nel novero anche un mini panino con porchetta.

Stazione di posta, roma

Stazione di posta, roma

Stazione di posta, roma

La prima vera portata è l’uovo fegato e porchetta, piatto più serioso e meno saporito.

Segue una novità fuori menu: spaghetto di seppia con pomodoro piccante, chips di riso e pomodoro, sfoglia di pomodoro: tecnica raffinata, consistenze e temperature diversissime, gusto memorabile.

Stazione di posta, roma

Stazione di posta, roma

Arriva il primo piatto: rigatone “mari e monti”, nome ispirato alla pizza perché Martini ha lavorato come pony express in una pizzeria da asporto. I maccheroni mimano l’aspetto di una pizza, screziati qua e là da una crema bianca di mozzarella e sormontati da frutti di mare e fettine di chorizo. Risultato inferiore alle aspettative, d’imbarazzante tentata spiritosaggine.

Per secondo ecco il tenero maialino dalla cottura prolungata a bassa temperatura con patate, mela e senape.

Stazione di posta, roma

Stazione di posta, roma

Stazione di posta, roma

Finale pirotecnico da consumato uomo di spettacolo.

Capitolo pre dessert. Arriva al tavolo un bonsai con appese ai rami:

— Meringhe minuscole confezionate una per una in in piccoli sacchetti di plastica trasparente
— Un paio di mikado piantati in un cubo di legno
— Un vaso di vetro pieno di confettini Harib
— Tre “lecca lecca” casalinghi: marshmallow alla fragola, cioccolato e pop corn, frutto della passione e cioccolato fondente.
— Il “fruttolo”: una sferificazione di yogurt alla fragola, con un ripieno liquido di succo di fragola.

Stazione di posta, roma

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Capitolo dessert. Ancora una sorpresa: a parte il cioccolato affumicato e olio extravergine d’oliva assaggio in anteprima un piatto del nuovo menu: quenelle di ricotta di pecora con salsa ai lamponi, polvere di lamponi e macaron.

Con i dolci, gli va riconosciuto, Martini si gioca alcune delle sue carte migliori.

Al ritorno attraverso il parcheggio degradato e passo accanto al parcheggiatore curdo barcollando leggermente, con la benevolenza che solo una cena appagante sa regalarti. Voglio raccontargli le sacrosante turbe dello chef, ma la tentazione dura un attimo, come potrebbe capire?

Nel frattempo ripenso alla successione dei piatti: è stato un percorso circense, colpi di teatro uno dopo l’altro. Talento, tecnica e bellezza, materiale da Dissapore.

Per questo mi posso solo augurare che Marco Martini rimanga dov’è. Lui e la Città dell’Altra Economia: una disarmonia perfetta.

Prezzi della degustazione: la sera 4 portate 60 euro, a pranzo 3 portate 38 euro.

[foto crediti: Dissapore | Rossella Neri]