Come sopravvivere un giorno nella “povera piccola città” di Firenze

Come sopravvivere un giorno nella “povera piccola città” di Firenze

Siete a Firenze un po’ così, indecisi fra la trasferta lavorativa, la tappa per ficcanasare in bar e trattorie, o il fiero fancazzismo a zonzo per chiassi e vicoli. In nessuno di questi casi vi stancherete, la città è piccola, l’ha detto anche Marchionne. Ma una cosa è certa, dovete trovare il modo di non finire spennati come tordi (oltretutto per mangiare qualcosa che sta alla cucina toscana come le McNuggets alla cotoletta milanese) perché sarà anche piccola, ma per quanto costa, beh, al diavolo la Firenze povera e il manager col maglioncino.

A scanso di equivoci: tenersi alla larga dal supercentro (ossia Ponte Vecchio proprio sul Ponte Vecchio, zona Duomo proprio al Duomo, via Calzaioli e via Roma proprio sui rispettivi assi, piazza Pitti proprio in piazza Pitti, ecc.). Cioè, tergiversate.

A cominciare dalla colazione. Firenze al mattino ha l’aria sgraziata e cisposa da scolaro svogliato, sicché i burberi sono ancora più burberi e gli scontrosi tendono all’incazzoso. I primi a beneficiare di queste accresciute virtù sono i baristi.

Non tutti, però. Se al mattino avete bisogno di coccole e glicemia aggiuntiva, fate una breve passeggiata da Porta Romana verso piazza Pitti e, prima di arrivare, fermatevi al caffè Bianchi. Semplice e istituzionale, come rivela il nome. La fauna è rispettabile – mancano, per intenderci, scalmanati backpackers in bermuda e mephisto, che cozzano le tazzine altrui con i loro gusci di tela cerata. I cappuccini sono di fatto una crema di latte e chi ve li serve non è mai avaro di sorrisi.

Uscite, e prendete via Maggio, sempre per la snobistica ma innocente voglia di vedervi Firenze un po’ più soli. Palazzo Pitti e il suo selciato convesso lo vedrete lo stesso, ma girando la testa a destra da via Maggio, e occhieggiando dallo Sdrucciolo dei Pitti.

Se la voglia di caffè non si fosse ancora esaurita, scovate la minuscola piazza della Passera per fare tappa al caffè degli Artigiani, che vi aspetta fra legioni di torte fatte in casa, confetture extra e una scorta sempre fragrante di Shortbread Walker’s. Anche da asporto – soddisfazione del passeggiare sgranocchiando biscotti ultraburrosi.

Il pranzo. Ci sono una marea di trattorie e pertugi dove pranzare a Firenze rientrando a pieno titolo nei tre parametri di cui sopra. Ma, sarà il colore rubizzo delle gote dei gestori, sarà la gente che si chiama per nome, o la selva di studenti universitari che all’una spaccata si riversano qui per pranzare con il gottino, non posso non citare – faziosamente – il vinaio (senza nome) di via de’ Servi. Dietro il bancone, tre fratelli che non sembrano fratelli. Sopra, una mescita di crostoni fagioli e cavolo nero, fegatini, polpette, schiacciate. Trippa, pappa al pomodoro (la fanno con il porro, sì), ribollita, salumi e polpettone la fanno da padroni, ma non disdegnano la compagnia delle buone e semplici trovate un po’ più global: pennette rucola, salsiccia e zafferano, lasagne, tagliatelle ai funghi, risotti, roastbeef con le verdure al vapore. Quello che, veramente, non si pagherebbe mai abbastanza (e il conto non varca mai i 10 euro) è ciò che, crudelmente, si definisce atmosfera. I bassifondi dei mercatacci fiorentini prendono l’aria familiare del tinello di casa, le battute al vetriolo fra gestori e commensali sono il teatrino che fa da corredo ai gottini di (dubbio, ma sincero) vino rosso, impossibili da rifiutare, pena il sovrapprezzo – o l’ingestione coatta di un’altra polpetta.

La merenda ve la risparmio. O meglio, il consiglio è di assolvere a questa tappa con una specie di digestivo. In via Alfani, il bar Brunellesco vi serve la centrifuga, che è in un modo solo, salvo contrordini: mela, pera, arancia, limone e radice di zenzero. Baristi sbrigativi ma cordiali, popolazione giovane munita di bisacce di cuoio e abiti vintage ma, con buone probabilità, i sofisticati Weather Report in sottofondo.

C’è gente che farebbe carte false per affondare l’incisivo in una bistecca al sangue alla maniera di Firenze, a Firenze. Scontato no, ma anche francamente aggirabile. Amo, amiamo la bistecca al sangue alta quattro dita, ma vi prego di considerare seriamente l’alternativa di gustarvela nei rispettivi luoghi di residenza, dopo averla comprata in una delle regali macellerie fiorentine (le mie preferite: Mignani in San Frediano e Anzuini e Massi in via de’ Neri). Aggiratela con le zuppe fumanti e il lesso al cavolo nero del Tranvai di piazza Tasso, un posto schietto, rustico, stretto. Per finire la giornata fiorentina come e dove era cominciata, in Oltrarno, un po’ fuori dalle rotte turistiche, dove mangiare costa ancora un tanto al chilo.

[Crediti | Link: Corriere Fiorentino]