Perché Enrico Crippa prenderà la terza stella Michelin al Piazza Duomo. Toccarlo con mano

Perché Enrico Crippa prenderà la terza stella Michelin al Piazza Duomo. Toccarlo con mano

Amiamo essere lucidi. Come potrebbe essere altrimenti dovendo successivamente scrivere dei ristoranti in cui mangiamo. E ogni volta che a tavola ci sono amici più lucidi di noi sospiriamo ammirandoli segretamente. Ma sfido chiunque, reporter dai ristoranti compresi, a restare lucidi con quel che succede dopo avere preso posto al Duomo di Alba e concordato gli “assaggi” con il cameriere multilingue.

Spaghetti da sgranocchiare, uno in crema di broccoli l’altro con la salsa carbonara –> “Crunch” di chips di grano saraceno con crème royal –> Tacos di mais con gomasio, semi di sesamo e maionese –> Meringa con cioccolato e parmigiano –> Amaretto con crema di umebosci –> Crocchetta di caprino caldo.

Pausa.

Il tempo di scegliere Spaghetti cacio e pepe e lasciamo stare se siamo in Piemonte che… si continua.

Crema di foie gras e spuma al gingerino –> Pinzimonio di verdure, una folgorazione –> “Finte” olive, pesce o carne ricoperti da olive disidratate –> Alghe, rafano e sgombro –> Biglie di formaggio al tartufo –> Spinaci e acciughe –> Salame cotto con zucca e wasabi.

Eppure non siamo tramortiti, diamine, ricordiamo perfettamente l’elegante porta rossa all’ingresso, possiamo ancora distinguere gli otto tavoli della graziosa sala rosea. Forse è perché la raffica di ingegnose minuzie non pretende di sfamare, è una coazione a ripetere che gioca e diverte, non sarebbe male estenderla a tutte le tavole del mondo.

Mentre facciamo fantasiosi piani sulla polpetta di tinca con foglia d’oro, zafferano e seppia e, a riprova che non siamo sazi, anche sulla sferificazione di cotechino e lenticchie, arrivano gli spaghetti cacio e pepe.

Cacio e Pepe, Enrico Crippa

Spaghetti alla chitarra con tre pepi e limone, per essere precisi.

Nella vita sono importanti solo il 10 per cento delle cose che ci capitano; per il 90 per cento, conta come prendiamo quel che ci capita. Includerei la Cacio e Pepe del brillante chef Enrico Crippa nel 10 per cento. Infuso di parmigiano ricavato facendolo bollire in acqua, addensato con farina di tapioca, mashup di pepi, ginepro, agrumi tritati e cacao spolverato.

Su livelli simili le animelle con porcini, fondo bruno e salsa verde, e la pernice verza e foie gras. Al paragrafo dolci, per non passare da ingordi, ci facciamo bastare la piccola pasticceria. I vini? La carta è ragionata e profonda, Piemonte uber alles, e vorrei vedere, ma non possiamo eccedere nei complimenti, Mauro Mattei, il sommelier, è un editor di Intravino,  l’altro sito della casa. Comunque, ci si può far guidare in un’avvincente degustazione al bicchiere.

In stagione non manca il menu al tartufo, altrimenti molte proposte tra i 140 e i 180 euro.

[Crediti | Immagine della Cacio e Pepe: Lievito e Spine]