La maniera di Carlo a Milano: ti apre la porta Tom Cruise nella sua declinazione “Magnolia”

La maniera di Carlo a Milano: ti apre la porta Tom Cruise nella sua declinazione “Magnolia”

Il problema sono io. Con i parcheggi non ci so fare, nemmeno qui dove ne ho uno proprio davanti al locale, sogno vagamente erotico per il provinciale che è in me. Ma sbaglio, e entro dall’uscita. L’omino mi guarda, alza gli occhi al cielo poi, mosso a compassione dalla mia inettitudine, dice che mi fa entrare nel parcheggio per poi uscire subito “a gratis”.

Così quando imbocco l’entrata giusta esco a piedi e incoccio il Gold, ristorantino tutto understatement di Dolce e Gabbana. Del quale si dice la seguente cosa: un giorno un critico di una rivista “x” accenna al fatto che la cotoletta non è cotta a puntino. I due ragazzi (D e G) chiamano la casa editrice “y” e tolgono tutte le pubblicità dai media del gruppo per ripicca. Chissa se è vero, di certo è verosimile.

Invece è sicuro che l’ingresso de La Maniera di Carlo è inderogabilmente triste, demodé e bruttarello. Il personaggio di sala che ti apre la porta è Tom Cruise nella sua declinazione “Magnolia” per chi ha visto il film. Ti accomoda al tavolo ma non ingentilisce l’ambiente, anzi, un po’ intimorisce … comunque siamo qui, e Tom Cruise è la nostra guida.

Seduti davanti all’ingreso della cucina non osiamo nemmeno irritarci, l’ambiente forza la calma anche negli animi più corrosi(vi).

Escono dalla porta i patti di benvenuto insieme a un costante buonumore piuttosto inusuale. Buoni tutti ma uno di loro è una dichiarazione di indipendenza: spuma di grana, melanzana, pomodoro, crostini. Nel bicchierino, proprio come il Bottura con la sua pastafagioli (ho descritto tante volte il noto chef modenese che mi sono venuto a noia da solo).

Ho fame. O forse ho voglia di provare tutto e quindi anche il “tiramisushi”, che e’ bello tosto, peso il giusto, scomposto a tocchettoni ma cui cambierei decisamente il brand.

Viene alla fine di un trittico vorace aperto da un “hamburger di fassone con guacamole, uovo quadrato al burro di cacao, cipolla agrodolce e guanciale croccante” in cui la carne viene lasciata con una cottura minima e a grana grossa, che non stoppi. Vedo confermati i contrasti e le punte di salato, facili sirene cui tutto sommato mi piace abbandonarmi.

Quindi proseguo con “agnolotti ripieni di ricotta di capra infornata, carciofi e guanciale con maggiorana fresca”, così, giusto per provare a evitare le sirene. Sono buoni, più rilassati forse dell’attesa ma ci stanno bene, mentre dall’altra parte del tavolo transita in barattolo uno “Spaghettone di Gragnano selezione Afeltra con ragout di alici leggermente piccante, scorzetta di lime mantecato con pane alle erbe”. Salatino, ma si sapeva. E in quantità molto abbondante, cosa che forse si sarebbe potuto evitare.

Riesco a schivare la mia maledizione “baccala’”, che sempre scelgo e (di solito) poco apprezzo, per una concretissima “coppa di suino padano arrotolata con battuto di lardo e rosmarino, purea di patate e chips di topinambur”. Ecco: concreto, appunto. Non lo sceglierei di nuovo probabilmente, ma mi permetto di suggerire più coraggio sull’utilizzo di eventuali sirene.

Riusciamo a non scoppiare dopo il già citato Tiramisushi, e chiudiamo con una tisana digestiva.

Si tornerà, malgrado l’ingresso bruttarello.

La maniera di Carlo,
Via pietro calvi, 2/a
20129 - Milano.

[Crediti | Immagine: 2Spaghi]