Gente del Fud | Un’altra vita è possibile: i giovani che lavorano nei presidi Slow Food

Gente del Fud | Un’altra vita è possibile: i giovani che lavorano nei presidi Slow Food

Per Silvia, non più di 25 anni, la parola crisi è soltanto un ronzio fastidioso, simile a quello prodotto da una mosca che s’infila nell’orecchio, bisogna scacciarla. Lei, come altri, si dà un sacco da fare. Parliamo di ragazzi che hanno preso una strada difficile ritornando alla terra, ai mestieri agricoli, i mestieri dei nonni. E come spesso diceva il mio: la terra sta’ bassa, per coltivarla ti devi piegare. Silvia scrive in un blog dal titolo All Around the Food, ed è entusiasta. Ha partecipato a Gente del Fud in veste di guida per itinerari organizzati dal nostro sponsor, il pastificio Garofalo, all’interno del Salone del Gusto 2012.

Silvia mi ha guidato attraverso un viaggio immaginario iniziato dalla provincia di Rovigo. Qui due fratelli, Manuela e Andrea Tessari hanno voluto investire nella produzione dell’Oca in Onto, un prodotto tipico del Veneto. Sul cartello campeggiava la scritta: in Veneto non è solo del maiale che non si butta via nulla. L’oca in onto, un’antica conserva, nasce da tutte le parti dell’oca. E’ un’oca cotta nel vino con spezie, aromi e erbe selvatiche e messa in vaso con il grasso dell’oca stessa.

Dalla Liguria siamo scesi in Cilento, perché poi un padiglione al Lingotto dista dall’altro poche decine di metri, e abbiamo incontrato una ragazza bellissima, laureata in economia a Milano, che ha deciso di tornare nella sua terra d’origine a produrre il Cacioricotta. Siamo in Cilento e lei si chiama Filomena Merola. Silvia era emozionata mentre mi parlava di questa giovanissima produttrice. Perché donna e in quanto donna per lei rappresenta un esempio, prepotente.

Da Filomena siamo arrivati a Francesco Armentano, agricoltore che produce le famose lenticchie di Mormanno, presidio Slow Food come gli altri. Siamo in Provincia di Cosenza. Le troppe difficoltà causate dai cambiamenti climatici e dal recente terremoto non hanno fermato la produzione di questo splendido legume, tra i più amati dai vegetariani.

Camminando veloci da un presidio all’altro ci siamo fermate allo stand di Garofalo, per riposare. Qui un altro giovane, un cuoco classe ’74 con un paio di stelle Michelin, ci ha incantato con una piatto studiato per il laboratorio del pastificio Garofalo, un piatto che evoca una tradizione antica, a base di cime di rapa, acciughe e pasta. Era Niko Romito.

Ha centrifugato le cime di rapa e cotto il liquido a 90 gradi per separare la parte solida dall’acqua. L’ha filtrato per scacciare ogni residuo di clorofilla e ha lasciato il posto ad una trasparenza lucida, dove il verde era giusto un ricordo. Ci ha immerso la pasta così com’è, scolata dal bollitore, senza altre cottura, senza grassi o mantecatura, condita solo con le acciughe dissalate ed una leggera spolverata di peperoncino.

L’abbiamo assaggiata prima di ripartire. E’ stato come tuffarsi in un vecchio ricordo del palato, ma lucidato a specchio. I tre elementi: l’amaro delle cime di rapa, il sapido delle acciughe e la struttura della pasta con il suo amido dolce, erano perfettamente riconoscibili e perfettamente in equilibrio. Strepitoso, tanto da far parte probabilmente del menù del Reale Casadonna di Castel di Sangro, dove lo chef ha la sua dimora.

Ma non potevamo fermarci: al padiglione ligure ci aspettava Pietro Guglielmi, in provincia di Imperia. Sveglio, sorridente, figlio di chi ha rinunciato ad una attività di produzione di un’acqua aromatica artigianale a causa dell’avvento dei profumi chimici. Ma Pietro non si è arreso ed è ripartito da dove 7 (sette) generazioni prima di lui erano stati: la produzione dell’acqua di fiori d’arancio amaro. Chapeau.

Alla fine siamo andati a trovare Andrea Giovannini, in provincia di Trento. Gestisce una malga, un pascolo alpino, e va pazzo per la razza bovina Grigia Alpina che studia da quando ha 18 anni. Produce formaggi d’alpeggio, strepitosi.

E’ finito così il nostro giro, ho salutato Silvia con un pizzico di emozione e ho cominciato a pensare. Se dovessi intraprendere un mestiere antico, quello dei nostri nonni, quale sceglierei? Non ho alcun dubbio, farei la cercatrice di tartufo ad Acqualagna, la mia terra d’origine. Pensateci un secondo, poi rispondete. Quale produzione agricola tra le più antiche scegliereste di intraprendere, magari nella prossima vita?

[Crediti | Link: Slow Food, immagine: Elisia Menduni, video: Lorenza Fumelli]