Il buonappetito: pizza e figli

Il panino portato a scuola da casa è finito in tribunale, e i giudici hanno stabilito che è un diritto di tutti. Ma perché tante polemiche? Non basterebbe che le mense lo facessero meglio?

Il buonappetito: pizza e figli

A meno che durante il primo quadrimestre 2016/17 non abbiate abitato su Alfa Centauri, vi sarete accorti che il tema fondamentale dell’eduzione dei nostri ragazzi, quest’anno, è: cosa mangiano a scuola?

La pasta scotta della mensa o il famigerato “panino da casa”?

E quelli che si portano la schiscetta, possono stare con gli altri? Li contaminano? Hanno diritto all’acqua? Devono bere il proprio sudore? Devono mangiare sull’inginocchiatoio, sopra i ceci crudi? E questi: forniti dall’istituto o dalla madre?

I genitori del movimento indipendentista del “panino libero” dicono che la ristorazione di classe è classista, di casta, costa troppo cara, che il Comune ci fa il crestone, che il pollo è duro, che il figlio piange vedendo i fagiolini.

Quelli del “tutti in mensa appassionatamente” sostengono che la tavola è un momento educativo (come peraltro prevede la legge) e che la “menxit” –-l’abbandono del refettorio-– produrrà figli peggio nutriti, meno integrati e più integrali e integralisti.

La cosa curiosa è che la miccia che accese l’incendio fu il menu “Oggi pizza” –-cioè una fetta della medesima, fagiolini, e mozzarelline-– ritenuto particolarmente deprimente. E dire che per far odiar la pizza ai bambini ce ne vuole (fosse stato “Oggi cavolfiore” sarebbe stato più comprensibile).

Dunque, la soluzione forse sta tutta lì, nell’intervenire all’origine dei guai (un po’ come in Guerre Stellari ché se colpisci il punto X crolla tutto l’Impero): fare una pizza migliore.

Se la pizza di “Oggi pizza” diventasse buonissima, chi mai oserebbe sfidarla?