Condanna per lo studente che spacciava merendine a scuola: lavorerà al mercato

Singolare punizione per lo studente che vendeva abusivamente merendine a scuola. Il preside lo ha condannato a un lavoro socialmente utile da svolgere al mercato

Condanna per lo studente che spacciava merendine a scuola: lavorerà al mercato

Scaricare casse di frutta ai mercati generali. Questa la singolare punizione inflitta dal preside dell’Istituto tecnico Pininfarina di Moncalieri all’intraprendente alunno che nei mesi scorsi aveva incrementato la paghetta settimanale con un singolare spaccio clandestino di merendine, e di cui Dissapore aveva già parlato.

Beccato in flagrante con lo zaino pieno di merendine da smerciare ai compagni a prezzo ribassato rispetto a quelle messe in vendita dallo spaccio scolastico, il “giovane imprenditore” era stato premiato, proprio per il suo spiccato talento commerciale, con una borsa di studio dalla Fondazione Einaudi.

Decisione contro cui si erano espressi sia la scuola sia i compagni del giovane studente, che contestavano come non fosse stato premiato solo l’incontenibile spirito imprenditoriale, ma una condotta illegale, che procurava utili al giovane imprenditore –nell’ordine di 200 euro al mese– con relativi ammanchi alle casse dei gestori delle merendine scolastiche.

E la decisione della scuola, per questa particolare condotta, non si è fatta attendere: per il diciassettenne studente dell’Istituto tecnico è stata infatti approntata una punizione che ha l’obiettivo di farlo “ritornare sulla terra, uscire da questo videogame mediatico e riaffermare una volta per tutte la reale missione della scuola: educare”, così come ha affermato lo stesso Preside dell’Istituto.

E in che modo la scuola ha inteso “rieducare” l’intraprendente studente? Spedendolo ai mercati generali a scaricare frutta e verdura, nell’ambito di un “progetto di aiuto sostenibile per le famiglie in stato di difficoltà economica”, portato avanti dall’associazione di volontariato “Terza settimana”.

Lo studente dovrà, per 15 giorni, presentarsi alle 8 di mattina non all’ingresso della scuola, bensì a quello dell’associazione di volontariato, che lo indirizzerà verso il Caat, il centro agroalimentare di Torino, per caricare cassette di frutta e verdure donate all’associazione, che lo studente dovrà poi provvedere a recapitare a casa delle famiglie bisognose.

“Non se ne parla neanche”, esordisce però il padre del ragazzo, così come riportato da La Stampa. “Mio figlio non andrà. Questa punizione doveva essere prima concordata con me. Mandano un bambino (diciassettenne, n.d.r.) a casa di persone che non so chi siano: potrebbero essere ex galeotti, o ex tossici o brutta gente. Mio figlio resta a casa: il preside ha sbagliato su tutta la linea”.

Al di là di questa opinione, riesce comunque  difficile cogliere il “nesso rieducativo” tra un comportamento illegale, certo, ma comunque volto al “commercio” –non certo alla delinquenza abituale–  e lo svolgimento di un lavoro di fatica come caricarsi di cassette di frutta da distribuire in giro per la città.

[Crediti | Link: La Stampa, Il Fatto Quotidiano, Dissapore, immagine: Vice Italia]