Prove di traduzione della “Lettera aperta ai cuochi di domani”

Se tra le parole della “Lettera aperta ai cuochi di domani“, i 9 chef che l’hanno scritta, una specie di G9 dei ristoranti, mettono anche “sistema ecologico”, evidentemente non vogliono che noi la leggiamo. Ma non è il caso di cavillare per questioni di linguaggio, approfittando di Mistura, il principale festival gastronomico dell’America Latina in svolgimento a Lima, Perù, chef di chiarissima fama tipo: Ferran Adrià (elBulli, Spagna), René Redzepi (Noma, Danimarca), Massimo Bottura (Osteria Francescana, Italia), Michel Bras (Bras, Francia), Heston Blumenthal (The Fat Duck, Inghilterra) hanno indirizzato la lettera proprio a voi che state leggendo: chef, ristoratori, giornalisti, blogger, giovani entusiasti compresi.

Per fare cosa?

Per ragionare in 7 punti, suddivisi in 4 temi — Natura, Società, Conoscenza e Valori — sulle sfide che lo chef deve vincere, oggi come domani.

E allora ragioniamo.

“Caro chef,

in relazione con la Natura:
(1) “Il nostro lavoro dipende dai doni che la natura ci fa. Tutti noi abbiamo la responsabilità di conoscere e proteggere l’ambiente, di usare la nostra cucina e la nostra voce come uno strumento per il recupero di varietà che sono patrimonio storico e ora in via di estinzione così come di promuovere nuove specie. In questo modo possiamo contribuire a proteggere la biodiversità della Terra, così come preservare e creare sapori e preparazioni”.

(2) Nel corso di migliaia di anni, il dialogo tra uomo e natura ha portato alla creazione dell’agricoltura. Siamo tutti, in altre parole, parte di un sistema ecologico. Per garantire che questa ecologia sia la più sana possibile, dobbiamo incoraggiare e praticare, sia nei campi sia nelle cucine, produzioni sostenibili. In questo modo, possiamo creare sapori autentici.

Prova di traduzione: Rassegnatevi, cari chef, anni a spadellare ma se non studiate anche le virgole della filosofia Slow Food non siete nessuno.

In relazione con la società:
(3) Come chef, noi siamo il prodotto della nostra cultura. Ognuno di noi è erede di un patrimonio di sapori, di modi di stare a tavola e tecniche di cottura. Ma non dobbiamo vivere questa eredità passivamente. Attraverso la nostra cucina, la nostra etica e la nostra estetica, siamo in grado di contribuire alla cultura e l’identità di un popolo, di una regione, di una nazione. Con il nostro lavoro possiamo anche diventare dei ponti tra culture diverse.

(4) Pratichiamo una professione che ha il potere di influenzare lo sviluppo socio-economico degli altri. Possiamo avere un impatto economico significativo, favorendo l’esportazione della nostra cultura culinaria e stimolando l’altrui interesse. Allo stesso tempo, collaborando con i produttori locali e applicando loro favorevoli condizioni economiche, siamo in grado di generare ricchezza a livello locale, rafforzando finanziariamente le nostre comunità.

Prova di traduzione: L’idea di condividere con i fornitori i conti da 200 euro che staccate ai clienti equivale a fare la valigia ma non per andare in vacanza? Fatevene una ragione cari cuochi di domani, anche in cucina passa la linea Eataly: democratizzare la qualità.

In relazione con la conoscenza:
(5) Anche se l’obiettivo primario della nostra professione è quello di dispensare felicità e suscitare emozioni, attraverso il nostro lavoro e lavorando con esperti nel campo della salute e dell’istruzione, abbiamo un’opportunità unica per trasmettere le nostre conoscenze al pubblico, aiutando ad esempio i nostri clienti a prediligere i migliori metodi di cottura e a fare le scelte alimentari migliori per la loro salute attraverso il cibo che mangiano.

(6) Attraverso la nostra professione, abbiamo l’opportunità di generare nuove conoscenze, che si tratti di qualcosa di così semplice come lo sviluppo di una ricetta o ben più complicato come un approfondito progetto di ricerca. E proprio come abbiamo tratto beneficio dall’insegnamento degli altri, abbiamo a nostra volta la responsabilità di condividere tutto quanto abbiamo appreso.

Prova di traduzione: Smettere di litigare, di insultarsi, di essere invidiosi e copiare gli altri. E di mettere troppi grassi in pentola, anche. Serve un tutorial?

In relazione con i valori:
(7) Viviamo in un tempo in cui cucinare può essere uno splendido modo per esprimere se stessi. Cucinare oggi è un campo in continua evoluzione, che comprende molte discipline diverse. Per questo motivo, per svolgere le nostre ricerche e realizzare i nostri sogni è importante riempirli di autenticità, umiltà e, soprattutto, passione. In definitiva, siamo tutti guidati dalla nostra etica e dai nostri valori”.

Prova di traduzione: ? Che ci azzeccano autenticità, umiltà e passione? Ah, okay, forse serviva un messaggio motivazionale per concludere.

Sono curioso di leggere le vostre interpretazioni.

P.S. La vera gastrocrazia non risiede a Lima, o in Spagna o a Londra, Parigi, Copenhagen. La vera gastrocrazia, che passa per l’asse Slow Food-Oscar Farinetti, risiede a Torino.

[Crediti | Link: Identità Golose, Mistura, Slow Food. Immagini: Eater, Lisa Abend]