Sul Gambero Rosso c’è la scheda del Cuoco Nero (chiuso da lunedì)

Maurizio SantinComprando il Gambero Rosso trovate la recensione del ristorante romano Il Cuoco Nero, che nonostante l’apporto di un cuoco famoso come Maurizio Santin (ex Città del gusto e Gambero Rosso Channel) ha chiuso lunedì. Quando si dice la sfiga.

Avendo questo netto ricordo di Camilla Baresani, scrittrice e critica gastronomica del Sole24Ore, che, passata al Cuoco Nero una settimana fa, ha raccontato proprio qui su Dissapore di cameriere “che non sanno niente”, fritto “marron che trasuda”, e di Santin seduto al tavolo “a digitare sul suo iPhone senza dare direttive”, mi sono stupito di leggere nella recensione del Gambero Rosso cose diametralmente opposte.

Tipo: un locale “che può accompagnare con gusto diversi momenti della giornata”, una cucina “ben centrata sul gusto”, un felafel “divertente (?) e ottimo”, una “interessante celebrazione lombarda del risotto al nero”, dei calamari “tenerissimi”, la scelta dei dolci “ampia e intrigante”. Mi assale il dubbio: parliamo dello stesso ristorante? Sì, Il Cuoco Nero, Via Metauro 32… che secondo il Gambero Rosso ha giusto qualche problema con la “temperatura sbagliata” del cannolo di sogliola, e con il filetto di vitello ripieno di pistacchi: “migliorabile”. Il voto è un bel 72.

Ora, passi che le le opinioni sono soggettive per definizione, ma è possibile che due professionisti, a pochi giorni di distanza uno dall’altro, esprimano giudizi così diversi? Evitando dietrologie e accuse di favoritismo per il cuoco amico, possiamo parlarne?

PS. Di seguito, la recensione del Gambero Rosso per esteso.

Un locale che può accompagnare con gusto diversi momenti della giornata, : dal light lunch, guidato da una gustosa carta dei panini a cui unire una scelta dalla ricca carta delle birre, all’aperitivo serale, fino alla cena. E’ il Cuoco Nero di Maurizio Santin (figlio d’arte: viene dall’Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano dove ancora officiano i suoi genitori), alle prese con questa nuova avventura: la cucina è improntata sull’utilizzo di materie prime stagionali e ben centrata sul gusto (sebbene ancora incostante nei risultati), l’ambiente elegante ed essenziale, con spazi ampi e tavoli ben distanziati. Noi abbiamo iniziato con un’interpretazione originale del piccione, attraverso un gustoso club sandwich, e con un divertente e ottimo felafel di fave, zuppa vignarola con salsa di mozzarella di bufala. Il cannolo di sogliola ci è invece sembrato un po’ sotto tono: temperatura sbagliata e bottarga quasi impercettibile. Tra i primi una interessante celebrazione “lombarda” del risotto al nero con seppie marinate. Abbiamo proseguito con tenerissimi calamari che ben si accoppiavano con la pappa al pomodoro, e con il filetto di vitello ripieno di pistacchi (migliorabile). Ampia e intrigante la scelta dei dolci, da sempre vanto dello chef, molto vocati al cioccolato. Il cappuccino goloso merita da solo la visita. Carta dei vini ancora da ampliare.