Smetteremo di mangiare carne rossa “cancerogena” dopo la nuova tegola?

Confermata la relazione tra il consumo di carni rosse e l'aumento della mortalità da uno studio pubblicato sul British Medical Journal. Le carni rosse causerebbero un aumento del rischio di mortalità del 26%

Smetteremo di mangiare carne rossa “cancerogena” dopo la nuova tegola?

Cancro, patologie cardiache, ictus, diabete, infezioni, malattie renali, malattie epatiche e malattie polmonari. Ne abbiamo dimenticata qualcuna?

In realtà, potremmo continuare praticamente all’infinito: l’elenco sopra  riportato indica infatti  solo alcune delle patologie di cui la carne rossa al giorno d’oggi  è accusata di essere in qualche modo la causa.

E a  dirlo non è il vicino di casa vegano, bensì il British Medical Journal, che ha recentemente pubblicato uno studio effettuato su un campione di mezzo milione di americani. Secondo lo studio, riferisce il Guardian, l’incremento di mortalità legato al consumo di carne rossa lavorata sarebbe addirittura del 26%.

Lo studio è durato 16 anni ed è stato condotto su un campione di 537.000 individui di età compresa tra i 50 e i 71 anni.

Tra i principali responsabili ci sarebbe non solo il ferro eme ma anche nitriti e nitrati che derivano dalla lavorazione delle carni: gli gli stress ossidativi causati dalla lavorazione renderebbero infatti le nostre cellule  più vulnerabili ai radicali liberi.

Anche la cottura delle carni avrebbe la sua parte di responsabilità nell’aumentare gli effetti nocivi, in particolare riguardo al cancro intestinale.

Ma non solo: nello stesso studio, il dottor John D. Potter, professore di epidemiologia presso l’Università Massey, in Nuova Zelanda, afferma anche che la distruzione della foresta pluviale e le emissioni di gas serra collegati all’industria della carne sono più dannose per il pianeta persino rispetto ai carburanti fossili utilizzati per il trasporto.

Come molti di noi già sanno, il legame tra carne rossa e cancro non è nuovo, e già nel 2015 un gruppo di ricercatori dell’OMS aveva esaminato oltre 800 studi sui legami tra cancro e carne rossa, decretandola “potenzialmente cancerogena”,  e investendola del più alto grado di”cancerogena” tout-court se sottoposta a lavorazione.

Inoltre, l’OMS ha anche concluso che una porzione giornaliera di soli 50 grammi di carne lavorata aumenterebbe  la probabilità di cancro al seno del 18%, ma potrebbe  anche  essere collegata con patologie quali il cancro al pancreas e allo stomaco.

Per tutti questi motivi,  il Dipartimento della Salute americano suggerisce di mangiare una quantità massima di  soli 70 grammi di carne al giorno (e una colazione a base di due salsicce e due fette di pancetta comporta già un peso di  130 grammi).

Semaforo verde per chi  invece predilige le carni bianche o, ancor meglio, il pesce: in questi casi il tasso di mortalità scenderebbe addirittura del   25% rispetto a chi consuma in prevalenza carni rosse.

Ciononostante, non va dimenticato che la carne rossa è un’ottima fonte di proteine nobili, ferro, zinco e vitamina B e che escluderla totalmente dalla dieta non è la soluzione giusta: il minor ricorso a carni lavorate o cotte alla griglia può essere una scelta saggia, ma soprattutto il principale parametro cui affidarsi resta sempre e solo uno: la moderazione.

[Crediti | Link: The Guardian]