Mangiare sostenibile? Errori da non fare se ti interessa davvero l’ambiente

Mangiare sostenibile: errori da non fare se prendete sul serio l'ambiente: Comportamenti etici e fake news

Mangiare sostenibile? Errori da non fare se ti interessa davvero l’ambiente

Non siamo crapuloni che pensano solo a strafogarsi di cibo. L’ambiente ci preoccupa e vogliamo fare le cose giuste. Mangiare pulito. Comprare giusto. Lasciare un mondo migliore.

Però, siccome è più facile a dirsi che a farsi, vogliamo anche distinguere i comportamenti virtuosi dalle fake news. È qui che ci viene incontro il Guardian. Il quotidiano inglese ha pubblicato una guida per orientarsi tra consigli etici e convinzioni sbagliate, evitando gli errori più comuni su ingredienti, stoccaggio e riciclaggio del cibo.

Leggete, voi che prendete sul serio l’ambiente e il cibo sostenibile, e soffermatevisulle soluzioni, alcune sorprendentemente semplici.

1. Latte di mandorla

latte vegetale

Occorrono oltre 6000 litri d’acqua per produrre un litro di latte di mandorle. E l’80% delle mandorle viene coltivato in California, che sta attraversando in questo decennio un periodo di grande siccità.

Gli agricoltori distruggono le piccole coltivazioni di agrumi per far posto alle mandorle, creando una monocultura che ha bisogno di pozzi sempre più profondi per l’approvvigionamento di acqua, con problemi di subsidenza (sprofondamento progressivo del suolo o di un bacino marino) in tutta le regione.

Soluzione: la bevanda a base di latte più eco-sostenibile secondo gli esperti? Il latte d’avena.

2. Merluzzo, il pesce che possiamo di nuovo mangiare

Il merluzzo è in pericolo, non lo mangiate, si sente spesso dire. Ma è davvero così? In realtà, le scorte di pesce sono variabili nel tempo e, come ha detto George Clark della MSC (Marine Stewardship Council, Ong che diffonde la pesca sostenibile), bisogna stare al passo con i tempi:

“C’è molta confusione riguardo al merluzzo, ma nell’Atlantico nord-orientale le scorte certificate MSC sono abbondanti. Circa il 91% delle catture in Norvegia riguarda merluzzo certificato”.

Soluzione: comprare più merluzzo certificato MSC (che opera anche in Italia)

3. Bioplastica? No grazie

La discussione sull’idoneità delle plastiche biodegradabili e compostabili al contatto con prodotti alimentari come mozzarelle o salumi è ancora in corso. Ma anche se passare alle bioplastiche può sembrare una scelta etica, queste richiedono un uso intensivo di risorse, e in realtà, solo il 40% delle bioplastiche è progettato per essere degradabile.

Soluzione: Se volete mangiare cibo da asporto sostenibile, mettete in borsa anche le posate.

4. Pellicola per alimenti

 

Il successo di “Blu Planet II”, serie d’autore della Bbc che indaga la fauna marina, ha convinto gli chef inglesi a aderire in massa al movimento #chefsagainstplastic, schierato contro l’abuso di plastica.

Un esempio per inquadrare il problema: nella capitale inglese, il ristorante London’s Spring utilizzava 3.600 km. di plastica all’anno. Ora usa carta cerata. Anche noi più modesti cuochi domestici dovremmo orientarci verso scelte del genere, tenendo presente che la priorità è non sprecare cibo, e in questo la pellicola può essere di molto aiuto, ma senza esagerare.

Soluzione: usare di più i contenitori Tupperware.

5. Le scelte ecologiche non s’improvvisano

A maggio la Ue ha messo al bando le cannucce di plastica, creando problemi alle categorie di persone, come disabili o anziani, che non riescono a dissetarsi senza.

Le scelte ecologiche vanno ben ponderate. Ridurre l’uso della plastica è un intento lodevole, ma ha poco senso introdurre dall’oggi al domani modifiche radicali in nome dell’ambiente, se non si tiene conto dell’impatto sulla vita di tutti.

Soluzione: lasciate che scelgano i consumatori

6. Comprare bottiglie ecologiche riutilizzabili e usarle

Secondo una recente ricerca di marketing, il mercato americano delle bottiglie di plastica riutilizzabili avrà un valore di oltre 8 miliardi di euro entro il 2023, con un aumento di oltre due miliardi e mezzo in un decennio.

Uno studio ha rilevato che il 55% degli inglesi possiede una bottiglia ecologica riutilizzabile, ma solo il 36% la porta regolarmente con sé. L’ideale è possedere una di queste eco-bottiglie, e soprattutto usarla.

Soluzione: per noi italiani sapere che esistono le bottiglie di plastica riutilizzabile e renderle parte della nostra routine quotidiana. Nella borsa, assieme alle chiavi, al cellulare, al portafoglio e alla limetta per le unghie, non soffriranno certo di solitudine.

7. Locale non significa sostenibile

spigola

Soprattutto con il pesce, ma con molti altri alimenti, il termine “locale” spesso viene confuso con “sostenibile”. Non è così, o almeno non sempre.

La pesca eccessiva della spigola è il classico esempio di ciò che accade quando l’attività non è attentamente monitorata da una parte terza, come la Ong ambientalista MSC citata in precedenza. La sostenibilità, in questo caso, deve comprendere le scorte ittiche, la loro gestione e il rispetto dell’ambiente.

Soluzione: Fidarsi del pece certificato some sostenibile.

8. Il mito degli imballi compostabili

Pensiamo che il piatto compostabile da cui abbiamo mangiato il pranzo, se gettato in un cestino per rifiuti alimentari, tornerà a nuova vita come concime per un campo verde. Peccato che sia un sogno.

I prodotti in plastica PLA, cioè acido poliattico, un polimero derivato da piante come il mais o il grano, devono essere compostati in unità specifiche. Ma queste sono talmente rare che la maggior parte degli imballi compostabili viene bruciata o finisce direttamente in discarica.

Certo, in astratto gli imballaggi compostabili sono più ecologici di quelli tradizionali in plastica, ma non siamo ancora attrezzati per valorizzare al meglio questa caratteristica.

Soluzione: usare ancora stoviglie tradizionali, ovvero piatti in ceramica e stoviglie in metallo: fino a quando l’infrastruttura dei rifiuti non sarà messa a punto, sostenere che un piatto è compostabile al 100% è, nel migliore dei casi, un problema, nel peggiore, un inganno.

9. Attenzione al tofu

In Sud America, la coltivazione della soia, utilizzata prevalentemente per l’alimentazione animale, sta portando alla deforestazione e alla distruzione delle praterie del Cerrado, in Brasile. Il risultato è che vengono rilasciate enormi quantità di anidride carbonica, senza contare il danno per la biodiversità.

Una delle conseguenze è che il 90% del tofu prodotto con la soia proveniente dal Brasile, ha un tasso di carbonio doppio rispetto a quello di un animale come il pollo.

Soluzione: scegliere marchi di tofu prodotti a partire da soia europea o americana.

10. Una borsa è per la vita

Eliminare le buste di plastica è stato senza dubbio un successo per l’ambiente. Ma uno studio recente del governo danese ha destato qualche preoccupazione: si teme che non vengano usate a sufficienza le maxi borse riutilizzabili in vendita soprattutto nei supermercati, in genere al prezzo di un euro, e che di conseguenza il volume di plastica delle borse in circolazione possa aumentare.

Soluzione: occorre usare una borsa per la spesa riutilizzabile circa 8 volte prima che le sue emissioni di carbonio risultino inferiori a quelle di una normale busta di plastica.

E una borsa di cotone biologico va usata ben 149 volte per pareggiare le emissioni di carbonio di una borsa in plastica. Se avete comprato un borsa riutilizzabile al supermercato, riutilizzatela invece di comprarne una nuova ogni volta perché tanto “costa solo un euro”. Tenetene un paio in macchina, e risolverete anche il problema della spesa last-minute.

11. L’agnello migliore? Arriva dalla Nuova Zelanda

agnello salsa

L’agnello in arrivo dalla Nuova Zelanda è quello che comporta il minore rilascio di carbonio in assoluto. È allevato in maniera tale che anche dopo un eventuale trasporto, l’impatto sull’ambiente è inferiore rispetto a molti agnelli “nostrani”.

A dimostrazione che il decantato “chilometro zero” non è un indicatore affidabile per le credenziali ecologiche di un prodotto, e che non ci sono risposte univoche al problema dell’inquinamento globale.

[Crediti | The Guardian]