Vinitaly 2018: 9 bottiglie che dovete provare e un fiasco

Vinitaly 2018: 9 bottiglie di vino che dovete assolutamente da provare. E anche un fiasco, nel senso di flop

Vinitaly 2018: 9 bottiglie che dovete provare e un fiasco

Vinitaly 2018 = caldo, traffico, prostatite, esterofilia e alcolismo?

No. Clima mite, parcheggi possibili, nessuna particolare fila per espletare funzioni fisiologiche e assaggi confortevoli. Almeno per chi preferisce cercare cose interessanti piuttosto che mettersi in coda per le nuove annate dei mostri sacri.

Riflettiamoci: che sia un’attitudine emozionale o un riscontro reale, il lamentismo seriale per la fiera di Verona è spesso così pregiudiziale da oscurarne i valori positivi. Ovvio che al quarto giorno, dopo 37 km (certificati) a piedi, numerose crisi di orientamento e un diffuso malessere fisico, la soglia di misantropismo tenda inevitabilmente a infinito.

[Inizia Vinitaly 2018: quali sono i vini più venduti d’Italia?]

Però bisogna ammettere come, grazie a una serie di piccoli aggiustamenti, si stia trovando la quadratura giusta per farne una fiera puramente commerciale, più che la zona franca di appassionati.

Ovviamente l’esposizione è allettante il giusto per “godersi” le bolse scorribande retoriche della politica, qualche ragazza seminuda con le ali e il biologismo (?) industriale dell’ultima ora, ma le scoperte/conferme sono state numerose.

Eccone dieci.

1. Alta Langa Metodo Classico – Paolo Avezza

Come non partire con una bolla! Dopo un’interessante batteria di Alta Langa (per la quale devo ringraziare la disponibilità del Consorzio) sono uscito con un foglio di appunti e qualche punto esclamativo.

Sono un uomo semplice e preferisco gli spumanti dritti e fragranti agli affinamenti lunghi, quindi mi prendo questo spumante a predominanza Pinot nero. Ha un bel naso, è versatile, sgrassa e fa venire voglia di berne ancora.

2. Tananai Trento Doc – Borgo dei Posseri

Le bolle trentine sono abbastanza in salute, ma sono spesso avare di personalità e dopo una decina di assaggi ci si disorienta un po’. Meglio cercare equilibrio e snellezza, come in questo Borgo dei Posseri, assemblaggio classico e paritario di Chardonnay e Pinot nero.

Non il migliore dei Trento Doc sicuramente (io voto il Nature di Moser), ma una piacevole scoperta, capace di galleggiare bene tra immediatezza e complessità.

3. Barbera Metodo Classico – Togni Rebaioli

Terza e ultima bolla, vincitrice immediata del premio “famola strana”, un metodo classico da uva Barbera, vinificata in bianco, da un’azienda della Valcamonica, nota anche per la lavorazione dell’Erbanno, un vitigno praticamente sconosciuto.

Pare un manifesto di hipsterismo, ma Enrico Togni è vignaiolo con mano ferma e felice e i suoi vini sono buonissimi.

[Il Buonappetito: sopravvivere a Vinitaly]

Torniamo alla Barbera: l’acidità del vitigno permette una bella maturazione in pianta, ne esce una bolla di spessore e croccantezza, davvero interessante.

4. Pignoletto Metodo Tradizionale – Tenuta Santacroce

Invece no, quarta bolla (diamine, fa caldo!), però parliamo di un rifermentato a base Pignoletto, bianco bolognese in grande spolvero ultimamente. Un altro grazie a un Consorzio molto attento: la panoramica fatta ha confermato la supremazia di Orsi (ma segnatevi anche Oro di Diamanti) e la preferenza assoluta dei frizzanti sui fermi.

Tra le nuove scoperte molto gustoso questo Metodo tradizionale di Tenuta Santacroce. Mentre lo bevevo immaginavo di mangiarci qualche fetta di cicciolata del territorio.

5. “Gep” Garda Riesling 2016 – Cantina Zatti

Il Riesling non è un grande affare in Italia e i produttori capaci di rispettarne le caratteristiche varietali (che richiedono i microclimi e condizioni molto particolari) sono davvero pochi. Iscrivo immediatamente nel mio cartellino questa scoperta lombarda.

Siamo sul Garda, dove Gino Zatti ha trovato la quadratura del cerchio tra finezza, acidità, sapidità e carattere inconfondibile del mitico bianco teutonico. Non siamo in Mosella, ma il pensiero ci va vicino.

6. Blanc de Simon 2016 – Simon di Brazzan

Friuli, biodinamica, piccola cantina, grande gentilezza, belle etichette. Ma soprattutto un’idea dei vini più improntata alla finezza che la grassezza, cosa tutt’altro che scontata da queste parti.

Fanno ovviamente Malvasia, Sauvignon, Pinot grigio e tutti i bianchi amati della regione, ma segnatevi il Blanc de Simon, Friulano (Tocai se siete nostalgici) davvero di grande eleganza.

7. Eremi 2016 – La Distesa

Il verdicchio cult di Corrado Dottori, perennemente esaurito (il vino, non Corrado), imbrocca l’annata giusta ed è tripudio. Per i maniaci della comparazione non siamo al livello inarrivabile della 2013, ma siamo lì. Per chi riesce a conquistarsene qualche bottiglia dimenticatelo in cantina.

[Vinitaly: paghereste 80 € per un calice di vino al banco?]

Intanto bevetevi il Terra Silvate 2017, il bianco più salato assaggiato al Vinitaly nell’annata più calda da quando l’uomo ha inventato il sudore.

8. Carema Classico 2016 – Cantina dei produttori di Carema

In Alto Piemonte continuano a fare alcuni tra i rossi più buoni d’Italia (Francesco Brigatti, Le Piane, Colombera e Garella, Silvia Barbaglia, Proprietà Sperino e tanti altri) sempre per la solita nicchia adorante che mi trova tra i primi iscritti.

Per godere con un nebbiolo gioioso, speziato e goloso, longevo ma buono anche subito.

9. Irpinia Campi Taurasini “Ion” 2015 – Stefania Barbot

L’Aglianico mi sembra patire molto l’assenza di una visione comune, però rimane rosso capace di prestazioni notevolissime.

[Vinitaly: ora che è finito lo spostiamo a Milano?]

L’Irpinia è una delle zone che batto più volentieri al Vinitaly: la scoperta di quest’anno è Stefania Barbot e del suo Campi taurasini, il migliore della categoria insieme a quello de I Favati (annata 2012!). Succoso, profondo e molto solare.

LA DELUSIONE

Derthona 2016 – Borgogno

Si è parlato parecchio dell’irruzione nel tortonese di Oscar Farinetti di Eataly, interessato al Timorasso, uno degli autoctoni italiani più in forma, capace di vivere finalmente anche fuori dalla carismatica tutela di Walter Massa. I toni sono stati quelli dell’usuale polemica sterile. Alla prova nel bicchiere il vino però delude abbastanza.

Il Timorasso è uno dei bianchi più longevi e capaci di evoluzioni importanti, quindi bisognerà risintonizzarsi tra qualche tempo, ma attualmente il bianco di Borgogno è lontano da avere un’idea stessa di equilibrio, sospeso tra una piccola riduzione olfattiva e una grassezza in bocca davvero eccessiva.