Burrata e stracciatella: differenze e usi in cucina

Distinguiamo differenze e caratteristiche di stracciatella e burrata, ma soprattutto impariamo ad servirla e usarla in cucina, tra abbinamenti e ricette lampo.

Burrata e stracciatella: differenze e usi in cucina

La burrata è una mozzarella con la sorpresa dentro. E la sorpresa è la stracciatella, più che una questione di differenze è una questione di insiemi. Vanto dell’industria casearia pugliese, entrambi i prodotti vivono il loro momento d’oro da aprile a settembre, quando in tavola prediligiamo i latticini freschi.

La buona notizia è che sia stracciatella che burrata possono anche entrare in cucina, e farlo tutto l’anno. Portando in dote il loro buon sapore di latte che, a sorpresa, si abbina bene non solo con i classici di stagione, come gli immancabili pomodori o il prosciutto crudo, ma anche con ingredienti insospettabili: gli ortaggi dal gusto deciso, la carne, il pesce.

Il prodotto e i suoi “scarti”

La burrata è un latticino composto da una “pelle” di pasta filata fresca – in parole povere, mozzarella – che racchiude un cuore di stracciatella.

La stracciatella, a sua volta, nasce come riutilizzo degli scarti di lavorazione della mozzarella che, sfilacciati e mescolati a crema di latte (sì, panna!), danno vita a un prodotto a sé stante.

Siero innesto vs acidi organici

La produzione migliore è quella che avviene con il metodo tradizionale del siero innesto, che sta al processo caseario come il lievito madre sta alla panificazione.

Me lo sono fatto raccontare da Gabriella Cristofaro, export manager di Caseificio Palazzo, azienda di Putignano (Bari) sul mercato con il marchio Murgella.

Quello che ho capito è che la lavorazione industriale che, nella fase di coagulazione del latte, utilizza acidi organici (citrico o lattico) o fermenti selezionati segue una ricetta sempre uguale a se stessa, che standardizza il gusto.

Al contrario, la tecnica del siero innesto recupera dalla lavorazione quotidiana una porzione di fermenti, che sono impiegati l’indomani per la nuova produzione.

La cosa interessante è proprio che il risultato non è mai uguale a se stesso, perché il latte ogni giorno è nuovo e cambia con le stagioni e le variazioni nell’alimentazione delle mucche, e con lui cambia anche la qualità del siero innesto, portando con sé sentori, sapori, profumi sempre diversi.

Diventa fondamentale l’intervento del casaro che, come fa l’enologo in cantina, valuta le caratteristiche organolettiche della materia prima e calibra la ricetta.

Non solo: l’utilizzo di acidi e fermenti “industriali” tende ad appiattire il sapore e obbliga, tra l’altro, ad aumentare la quantità di sale. Mentre il siero innesto sviluppa ed esalta la naturale complessità aromatica del latte.

Si ottengono così burrate e stracciatelle dal gusto pieno e rotondo, mai eccessivamente sapide. Che poi, come vedremo tra poco spostandoci in cucina, questo è solo un pregio in più.

Come sono fatte

“La stracciatella può essere ottenuta da pasta filata sfilacciata a macchina o a mano”, spiega Cristofaro. “Nel nostro stabilimento, scegliamo la prima opzione per quella che va a riempire la burrata, mentre la stracciatella destinata a essere venduta tal quale è fatta solo a mano”.

Con la tecnica manuale, si accentua la rugosità degli sfilacci, indispensabile per trattenere la panna e creare un insieme ben amalgamato.

La panna che lega gli sfilacci ha un tenore di grassi del 26-27 per cento, è pastorizzata e costituisce il 50 per cento del ripieno.

Ancora: in una burrata comme il faut, il ripieno è il 70 per cento del prodotto finito.

“Le nostre burrate, con pezzature da 50 a 300 g, hanno una ‘pelle’ molto sottile e non è presente il ‘fiocco’ finale”, precisa Cristofaro.

Aver tolto la “testa” spessa e corposa non è un vezzo ma il modo per mantenere omogenea la consistenza tradizionale della burrata, con il giusto equilibrio tra involucro filato e cuore cremoso.

Esiste anche in versione affumicata: la burrata, inserita in un cestello, è esposta per 15 minuti al fumo di legno di faggio, alla temperatura controllata di 50°.

Servirla e consumarla

Il miglior conservante per la burrata e la stracciatella è il freddo. Se la cold chain è mantenuta in modo corretto, la durata può spingersi fino a 15 giorni dalla data di produzione.

Ciò detto, come per la mozzarella, vale il suggerimento di portare i prodotti a temperatura ambiente, prima di gustarli o, a maggior ragione, utilizzarli a completamento di un piatto, magari caldo (come ti insegno tra poco).

È sufficiente un’oretta fuori dal frigo. O, se hai fretta, l’immersione della confezione, ancora sigillata, per 10-15 minuti in acqua tiepida.

Il freddo eccessivo, infatti, appiattisce il sapore, altrimenti esaltato dalla giusta temperatura di servizio.

Abbinamenti e ricette lampo

E veniamo allora a come burrata e stracciatella, deliziose al naturale, possano diventare tocco inaspettato di piatti cucinati.

Per approfondire questo argomento, mi sono affidata a Luigi Pugliese, chef del ristorante Sinuà di Putignano, che con Caseificio Palazzo ha lavorato per mettere a punto ricette e consigli di utilizzo.

Il primo, e più importante: vietato cuocerle. E non c’è altro da aggiungere.

Poi, via libera agli abbinamenti per contrasto o per affinità.

Fa parte dei primi quello sulle più classiche orecchiette, con l’amaro delle cime di rapa, il sapido dell’acciuga, il piccante del peperoncino. “In questo caso, la burrata lima gli spigoli del piatto, arrotonda il gusto, stempera l’amaro”, spiega lo chef.

Stessa logica per un altro classico, gli spaghetti aglio, olio e peperoncino che, nella ricetta di Pugliese, si completano con ciuffi di burrata e pangrattato fritto in un fondo di acciughe.

In entrambi i casi, è indicata la scelta di una burrata non troppo salata né troppo fredda: distribuita a guarnire il piatto, si rimescola al momento dell’assaggio equilibrando le note più decise e legando gli ingredienti, senza compromettere la temperatura del piatto.

La panna, sgocciolata versando la stracciatella in un colino, può fare da base per una salsa. Il cuoco la abbina a teste di funghi e costolette d’agnello spadellate, lattughe al vapore, patata schiacciata.

Gli sfilacci possono guarnire il piatto o essere usati per una bruschetta di accompagnamento.

Altro abbinamento di terra, sulla tartare. Questa è servita su un crostone di pane pugliese e completata con salsa tahina, lenticchie e lamponi freschi. La burrata scelta è quella affumicata.

La stracciatella si sposa bene ai crudi di mare, in particolare scampi e gamberi, ma anche al polpo alla brace.

Quello con i crostacei, tra l’altro, è il classico esempio di abbinamento per affinità in cui le due dolcezze si fondono.

Anche per i dolci

Ecco, dolcezza: come servire per dessert una stracciatella impreziosita da un filo di caramello o di sciroppo di frutta cotta, qualche spicchio di fico, frutti di bosco freschi, scorze di agrumi candite.

Io l’ho voluta provare con la mostarda: esperimento riuscitissimo. Intrigante, infine, l’idea di Pugliese: “Un cannolo di pane farcito di burrata, con sedano candito, gocce di cioccolato fondente e scorza di limone grattugiata”. Un dolce-non-dolce da leccarsi le dita.

[Immagini: Marco Varoli]