Cioccolata di Modica: i motivi del perché sono pazzo di te

Niente storia, mica voglio spicciarvi da qui. Ci limiteremo alla preistoria del cioccolato, quel “beveraggio da porci più che da homini”. Anzi, della cioccolata. Xocoatl azteca e cioccolata di Modica, figli di una sola madre. Quasi un dolce fossile che resiste all’avanzare del tempo, la cioccolata “a freddo” prodotta nella città siciliana di Modica rappresenta una bizzarria gastronomica che trova paragoni solo nella xocolata a la piedra catalana e nella casera messicana.

Parentele vecchie di secoli, quando i Conti di Modica venuti dalla Spagna per governare uno dei più avanzati stati feudali del Meridione, portarono con loro i vezzi dei cucinieri di corte lasciando in quest’angolo di Sicilia piatti e accostamenti quantomeno bizzarri. Uno per tutti le ‘mpanatigghie, panciute mezzelune dolci di chiara ascendenza catalana che uniscono la cioccolata alla carne. Siamo gente strana, noi siciliani!

Tornando alla tavoletta più classica, dopo aver rischiato la scomparsa alla fine degli anni ’80 – solo due o tre tenaci dolcieri la producevano ancora –, la cioccolata modicana ha vissuto una seconda giovinezza grazie all’intuizione di Franco Ruta, figlio di Rosa Bonajuto che, mescolando oculatamente marketing e tradizione, ha rimesso in moto un meccanismo altrimenti destinato all’oblio.

Va bene, la sto facendo lunga. Togliamo i dotti panni professorali e indossiamo quelli del ghiottone che forse meglio si addicono alla mia personcina.

Non è stata una scelta facile, lo ammetto, scegliere il produttore di cioccolata da coinvolgere nella preparazione di questo pezzo. Capitemi, ci sono ragioni del cuore (e del palato) che la ragione non conosce. Così, pur esistendo un valido consorzio di tutela della cioccolata modicana e degli ottimi produttori della dolce barretta – nella rosa dei favoriti Di Lorenzo, il Caffè dell’Arte, il Rosy Bar, Don Puglisi e il Caffè Adamo – la mia scelta è stata praticamente obbligata dai corsi e ricorsi storici.

L’Antica Dolceria Bonajuto. Cioccolatieri da almeno cinque generazioni, premiati sin dal 1911 con una medaglia d’oro all’esposizione di Roma, producono ancora oggi questa cioccolata lucida alla vista, dalla texture granulosa e dal sapore intenso inclusa dalla critica Sarah Jane Evans tra le migliori ottanta al mondo. Entriamo nel vicoletto che ospita la sede storica della dolceria dal 1880 e ci prepariamo ad assistere alla preparazione delle tavolette secondo gesti e movimenti che rimandano all’antica xocoatl azteca. Superata la consueta calca di avventori ci accodiamo bardati a dovere ad un gruppo di francesi per passare dall’altra parte dello specchio e toccare con mano il segreto che rende questa cioccolata speciale.

La tavoletta modicana deve la sua unicità al procedimento artigianale che esclude la fase del concaggio, una tecnica di lavorazione industriale a caldo introdotta alla fine del XIX secolo che fonde la pasta di cacao ad una temperatura di circa ottanta gradi rendendo vellutata e uniforme la superficie del cioccolato.

A Modica invece la temperatura della massa di cacao difficilmente supera i quaranta gradi consentendole di conservare i circa 380 aromi volatili che si perdono durante la lavorazione industriale. Riscaldando la pasta di cacao a bassa temperatura si ottiene comunque un impasto fluido ed elastico, non troppo difficile da lavorare. Cui si mescola lo zucchero e l’aroma dominante, vaniglia o cannella nella ricetta tradizionale ma anche peperoncino fino ad aromi più insoliti come la maggiorana, il cardamomo e persino il sale delle saline di Mozia. A una temperatura così bassa lo zucchero non si scioglie ma rimane in cristalli donando alla cioccolata la caratteristica consistenza granulosa.

Una volta amalgamata, il “mastro cioccolattaio” versa la massa di cacao in formelle di latta rettangolari che vengono poi battute per rendere il prodotto compatto e lasciate raffreddare prima di essere tolte dalle forme. Notate nell’ultima foto lì sopra i cristalli di zucchero in sospensione.

E poi, vi chiederete? E poi basta, fine del procedimento. Niente burro di cacao aggiunto, lecitina, latte, emulsionanti e artifici vari.

Si ottiene così una barretta di cioccolata lucida e profumata, con elevatissime percentuali di cacao (60% minimo!) che a buon ragione il caro Sciascia arrivò a definire di inarrivabile sapore, quasi l’archetipo di ogni cioccolato.

[Crediti | Link: Antica Dolceria Bonajuto, Comune di Modica, immagini: Marco Blanco]