Come si mangia la porchetta?

Come si mangia la porchetta?

La si ama o la si odia e, nel primo caso, si tratta di una vera e propria devozione senza mezze misure. Ne esistono più varianti anche se le più celebri si contano sulle dita una zampa e fan parte dell’italianità da tempo immemore. In questo articolo la si presenta in grande onore e si racconterà come si mangia la porchetta!

Cos’è la porchetta?

La porchetta è maiale intero, svuotato e disossato e condito in modo diverso a seconda della zona di produzione. Una volta cotta si presenta con un grosso cilindro coperto da cotenna di maiale resa croccantissima. Le sue origini si collocano soprattutto nel centro Italia, dove la ricetta cambia anche da provincia a provincia.

Varietà

La più celebre, e che ha addirittura conquistato il riconoscimento di prodotto IGP nel 2011, è la porchetta di Ariccia, in provincia di Roma. La si riconosce tra tutte per la cotenna particolarmente gustosa e croccante, rumorosa proprio al taglio. Prodotta con maiali femmine dalle carni più magre e saporite, è condita poi con ingredienti tra i quali spicca il rosmarino. Lo stesso condimento è usato nella bassa toscana, dove questo “odore” si chiama “ramerino”. Celebri anche la porchetta marchigiana che è condita con finocchio selvatico, quella di Campli in Abruzzo e la porchetta di Costano in Umbria. Ecco le porchette più buone d’Italia.

Regole d’oro e croccanti

Buona è sempre buona, ma ci sono un paio di accorgimenti che è bene sapere se siete neofiti dell’argomento. Prima di dedicarci a come mangiare la porchetta, vediamo come conservarla:

  • Sarebbe da consumare il giorno dell’acquisto;
  • non è l’ideale ma, se avanza, è possibile conservarla per due giorni in frigorifero avvolta nel tipico cartoccio di carta paglia;
  • se serve conservarla più a lungo, benvenuto il sottovuoto ma la conseguenza è perdere la croccantezza della cotenna

Tiepida a straccetti

Servire tiepida la porchetta è il modo ideale, perché il calore intenerisce la carne e soprattutto veicola molto meglio tutta l’aromaticità che contiene. Basta scaldala in forno per qualche minuto, se necessario, e tagliarla per poi presentarla su un tagliere. Anche la cotenna è più deliziosa se leggermente calda.

Nel panino

Più che tipica, direi un must, nel panino. Anche in questo caso è servita tiepida nel pane caldo, con pochi altri elementi quali salsa verde oppure lattuga. Ovviamente nessuno vieta di arricchire con ciò che si preferisce: scamorza, patate, salse di vario tipo come la barbecue. Il troppo però, soprattutto se c’è di mezzo un alimento così particolare, stroppia.

come-mangiare-porchetta

Solo crosta

Varrebbe la pena assaggiare la porchetta anche solo per la cotenna: croccante, croccantissima quella di Ariccia, succosa, un concentrato di sapore. Equivale al sugo in cui fare scarpetta, e alla glassa sopra la colomba. La cotenna è l’elemento senza il quale non si può parlare di porchetta, ed è un tutt’uno con essa. Scartarla, quindi, è un sacrilegio.

Con pane e patate

I due ingredienti che non possono mancare accanto alla porchetta sono il pane casereccio e le patate al forno o bollite. E noi non ce lo facciamo ripetere.

Merenda in cantina

La cosiddetta merenda in cantina è un’usanza antichissima, che raduna famiglia e amici nelle cantine adiacenti all’azienda agricola e vitivinicola, oppure in diversi punti del paese, per pasteggiare con fette di porchetta calda e fiaschette di vino ivi prodotto.

come-mangiare-porchetta

Un po’ di storia

Ci sarebbe da scrivere un libro sulla porchetta, e sicuramente c’è già, ma vi elenco qui un paio di curiosità. Ariccia difende la paternità della porchetta, attingendo a testimonianze millenarie che ne documentino proprio li l’esistenza. Come per il tiramisù, anche in questo caso non c’è una sola parte in gioco: Norcia avanza reclamo ad Ariccia, testimoniando il fatto che il nome Norcia derivi proprio da norcino, ovvero maiale in dialetto. In ogni caso si parla di antichi Etruschi, antica Roma… insomma, antichità. A Campli, la porchetta è citata negli Statuti Comunali a partire dal 1575 e dal Novecento è stata “adottata” dal Veneto, dove è apprezzata ed entrata a far parte della tradizione.