Gastrofighetti, wannabe e cuochetti sono le groupie della nuova cucina italiana

Il mondo della musica è invaso da chiacchieroni. Della parola fotografia si riempiono la bocca i chiacchieroni. Fuori dalla cucina sono tutti cuochi, ma a me anche quelli mi sanno di chiacchieroni. Il mondo è invaso da chiacchieroni. Chiamateli come volete: gastrofighetti, wannabe, cuochetti, hanno mille nomi come il Diavolo, e 666 sono le volte che ti ripetono ogni giorno: Hey, fai il lavoro più bello del mondo, Hey, ma come si diventa cuochi?, Hey, sai che anche io vorrei fare il cuoco? Da bambino facevo polpette di fango che sembravan vere.

BASTA!

Woody Allen dice “Fermate il mondo voglio scendere” , Neffa invece ti invita a scendere che è meglio. Oggi vince Neffa.

Nei ’60 tutti musicisti, nei ’70 tutti brigatisti, negli ’80 tutti darkettoni, nei ’90 tutti webdesigner, e nei 2000 tutti cuochi?

Li trovi dappertutto, nei salotti ma soprattutto nelle cucine. Non te ne rendi conto subito: come in un racconto fantasy sanno cambiare forma, parlare la tua lingua, gesticolare proprio come te. Ma è tutto fumo, e se vi concentrate, notate la differenza.

Quando non si ingozzano di cibo, si riempiono la bocca di parole, ma vengono traditi dalle loro stesse mani, quelle mani che quando le guardi capisci subito che non hanno mai fatto un cazzo nella vita, non sono mai stati dentro una cucina, non hanno mai messo le mani dentro una bestia di 700 kili. Non hanno passato 16 ore in piedi davanti un banco di lavoro, 7 giorni su 7, senza guadagnare un centesimo ma fieri del loro lavoro.

Questi sono stanchi, annoiati, giocano tra loro a fare i cuochi, ecco bravi continuate a giocare mentre papà lavora.

Poi per alcuni il massimo dello sforzo si può sintetizzare in un CLICK! Questo è il suono del loro operato, ma non eri un cuoco? Fotografare qualsiasi cosa, il più delle volte male, perché tanto cosa importa del risultato quando hai legata attorno al collo (ahimè, non troppo stretta) una reflex digitale da 5000 euro.

Personalità schizofrenica la loro: cuochifotografiartistiscrittorimaallafinenonc’èmezzacosachetiriescebene.

Comincio a pensare che la storia dell’indigeno al quale viene tolta l’anima con una fotografia sia vera. Perché il più delle volte questi mostri, prima cuochi poi “fotografi di Food” (poi cos’altro?) senza che tu te ne accorga, ti tolgono qualcosa: il sorriso. Ma tranquilli, poi ritorna:)

Quindi, ognuno al suo posto, please.

Continuate a prendervi per il culo da soli, tanto non attacca.

Marco Baccanelli