In morte di Esterina Sorbillo, la “storia della pizza napoletana”

La notte del 23 marzo alle tre è finita mia zia Esterina, “la storia della pizza napoletana” come è stata definita. Le volevano bene in tanti ma l’amaro compito di avvisare parenti e amici è toccato a me. Nonostante Esterina fosse la prima di 21 figli, ventuno. Uno dei primi sms l’ho spedito all’amico Maurizio (Cortese) sapendo che lui si sveglia quando io vado a dormire. Il giorno dopo gli ho spedito un altro sms chiedendogli, come cliente storico della nostra pizzeria nonché profondo conoscitore delle nostre tradizioni, di ricordarla sul Dissapore, che seguo con attenzione e affetto dopo avervi conosciuto al D-Day nella mia pizzeria lo scorso novembre.

La sua risposta è stata questa: “Forse Esterina sarebbe più contenta se a ricordarla fossi proprio tu”. Così mi sono convinto a scrivere. Mio nonno Luigi Sorbillo ha fondato la pizzeria negli anni ’30, tutti gli svaghi di oggi allora non c’erano, si faceva esclusivamente vita di quartiere, qui “ai tribunali”, in pieno centro storico. Posillipo, quartiere bene della città, poco distante, era considerato luogo di villeggiatura, dove si andavano a fare i bagni d’estate.

Nonno Luigi si dava molto da fare, in tutti i sensi, e presa in sposa Carolina Esposito, riuscì ad avere da lei ventuno figli. I nonni morirono presto e zia Esterina, la prima figlia, prese per mano tutta la famiglia e, a soli quattordici anni, nel 1942, era già pienamente coinvolta nell’attività. Poi la guerra, la carestia. Nel centro storico le pizzerie vendevano la pizza con la formula “oggi a otto”, un’arcaica forma di finanziamento, che dava la possibilità alla gente di sfamarsi e di pagare la pizza dopo otto giorni.

Ha vissuto sessantatre anni in pizzeria, tutte le mattine a fare la pasta nel retrobottega per poi andare nel borgo di Sant’Antonio a comprare i pomodorini e a Porta Nolana per comprare il fiordilatte. All’esterno della pizzeria aveva il suo piccolo banchetto di un metro quadrato dove friggeva le pizze, ho ancora negli occhi la folla che si accalcava solo a sentirne l’odore. Amava il popolo, la sua fissazione era quella di mantenere i prezzi bassi per consentire a tutti di affollare la pizzeria, soprattutto agli studenti che venivano dalle università vicine.

Tanti di loro “se li cresceva” al punto da esserne orgogliosa quando alcuni di loro sono diventati poi affermati professionisti. Dopo Gennaro Di Matteo, Ernesto Cacialli del “Presidente”, con mia zia Esterina se ne va un altro pezzo di storia della nostra città.

A lei devo tutto, la ferrea cultura del lavoro che mi ha trasmesso e il rispetto, sacro, per i clienti e se la mia pizzeria ancora oggi è indicata, anche da voi, fra le migliori, il merito è da attribuire esclusivamente a lei, a zia Esterina, la roccia della nostra famiglia. Grazie Massimo e grazie Maurizio per lo spazio che mi avete concesso. Un caro saluto a tutti i lettori di Dissapore.

[Gino Sorbillo è il titolare della Pizzeria Sorbillo di Napoli. Immagine: Flickr/Federica Di Lorenzo]