Anche lì è primavera? Piatti regionali da provare

E' arrivata la primavera portando in tavola tuta una serie di piatti diversi a seconda delle regioni italiane. Dal risotto agli asparagi alla vignarola, ecco i 10 migliori

Anche lì è primavera? Piatti regionali da provare

Germogli brillanti sui rami. Sonno estremo. Scolaresche in gita a tasso ormonale elevato. Riviste femminili che parlano di dieta detox. Insomma, è primavera.

La stagione del verde, il colore anti-vorace per antonomasia secondo la cromoterapia alimentare: eppure, provate a mantenere il contegno davanti a un risotto con le erbe di campo. O allargando il discorso, al campionario di sapori che la primavera propone.

Bene, se ci riuscite, una centrifuga di alghe in omaggio.

Mettiamo da parte i digiuni purificanti, dopotutto oggi è domenica. Facciamo invece una specie d’inventario dei principali piatti primaverili divise per regioni.

Veneto

Risotto agli asparagi

Risotto agli asparagi

Noi veneti aspettiamo la primavera per rimpinzarci di asparagi, di ogni forma e consistenza. La questione non è così pacifica, perché tra bianchi e verdi la guerra è dichiarata, addirittura all’interno dello stesso colore.

L’asparago di Badoere cala due assi, (bianco e verde, Igp);  Cimadolmo e Bassano rispondono (bianchi, Igp l’uno e Dop l’altro).

Se non volete far torto a nessuno ordinate il piatto che li celebra al meglio: il risotto. Bianchi o verdi che siano i protagonisti, è obbligatorio il riso all’onda, altrimenti avete tutto il diritto di alzarvi da tavola e segnalare lo chef, il cui nome verrà declamato con disonore nella pubblica piazza.

Piemonte

Subrich

Il nome deriva dal francese “sur brich” cioè sul mattone, a indicare il modo di cottura. Consistenza morbida e forma arrotondata, pochi centimetri di diametro, queste frittelle sono un inno alla primavera.

Erbe, spinaci e asparagi si tritano a mano in modo grossolano, poi s’impastano con uova, parmigiano, olio e vengono cotte al forno. Si possono anche friggere, ma la tradizione non lo prevede.

Liguria

turtun castel vittorio

Turtun di Castelvittorio

Anche chi non capisce nulla di matematica si illumina non appena legge l’equazione primavera = torte salate. In Liguria la sanno lunga in materia, ecco allora il turtun: grande torta di verdure con erbe selvatiche, formaggio fresco di capra o pecorino, farina, uova e olio extravergine di olive taggiasche.

La sfoglia va tirata a mano e fatta cuocere senza teglia, sulla ciappa, il forno a legna che conferisce alla torta l’aroma caratteristico.

Lombardia

Supa de luvertis

A chi chieda cosa sono i luvertis tocca una penitenza: la raccolta in pantaloni corti e sandali, in mezzo alle erbe alte.

I luvertis sono i germogli del luppolo con cui in Lombardia si prepara una minestra squisita insieme a patate e riso. La minestra vi ricorda l’inverno? Provate questa. Chi si lamenta ancora verrà spedito a raccogliere miele a mani nude.

Emilia Romagna

Pasta con gli strigoli

pasta strigoli

Stridoli, strigoli, carletti, bubbolini o tagliatelle della Madonna: il nome varia ma sicuramente li conoscete per averne fatto scoppiettare i fiori, da bambini, sul dorso della mano (i più coraggiosi sulla fronte). Erba selvatica, hanno sapore leggermente amarognolo.

I più salutisti li lessano o li sbollentano in acqua, per mescolarli a uova sbattute, pecorino, pepe e farne poi polpettine.

In Emilia Romagna invece si soffriggono con pancetta, cipolla, olio e vino e ci si condisce la pasta, che pare si butti da sola dalla pentola direttamente nel soffritto.

Lazio

Vignarola

Verde al cubo per questo piatto originario di Velletri. L’etimologia dipenderebbe dal fatto che gli ingredienti usati si coltivavano, in passato, tra i filari di viti (altri dicono però che il nome deriva dai “vignaroli”, cioè gli ortolani).

Si tratta di un piatto povero che utilizza carciofi, fave e piselli (alcuni mettono anche la scarola). Ce ne sono due versioni: una esclusivamente vegetariana, l’altra con aggiunta di guanciale (o pancetta).

Le verdure vengono cotte secondo diversi tempi di cottura, la consistenza è leggermente brodosa. Un contorno ottimo: il rischio è quello di trasformarlo in antipasto, condimento per la pasta, dessert…

Toscana

garmugia

Garmugia

Tipica della lucchesia, è una zuppa, ma come tutti i piatti di origini contadine diventa praticamente un piatto unico. Chi ha in mente un piatto leggero solo di verdure (seppur sostanziose: piselli, punte di asparagi, carciofi croccanti, fagioli e fave) dovrà ricredersi.

Arrivano infatti la carne di manzo o vitello e la pancetta a dare man forte. Vietato ri-bollire il brodo, o perderà tutte le sue qualità.

L’ideale sarebbe mangiarla in un casolare con vista sulle colline, ma è buona lo stesso in un appartamento di città.

Abruzzo

Carciofo di Cupello ripieno

Siamo nel vastese e questa meraviglia spinosa è una varietà che dà il meglio di sé in primavera. Lo chiamano anche mazzaferrata, perché la forma ricorda l’antica arma medievale. Ha un sapore pronunciato con un retrogusto dolciastro e una consistenza tenera e carnosa.

La ricetta ideale lo vuole ripieno di mollica di pane, formaggio grattugiato, pepe nero, prezzemolo tagliato finemente e uova (oltre a sale e olio). Una volta bello imbottito si fa bollire.

E praticamente si mangia in un boccone solo.

Campania

cauraro

Cauraro

Antica zuppa di pescatori, il cauraro, è un piatto tipico del Cilento. Si tratta di una zuppa primaverile di verdure e alici di menaica.

Praticamente un matrimonio tra mare e campagne, tra blu e verde, una ricetta poverissima che fa parte di quel gran numero di piatti dei quali oggi si dice “ah, le buone cose genuine di una volta”. Una cosa che a dirla ai pescatori di un tempo si rischiava di essere messi in salamoia assieme alle alici.

Sicilia

Frittedda

Con il fritto non c’entra nulla. Anche qui fave, piselli, carciofi per un piatto che può diventare unico o essere antipasto, condimento della pasta o contorno.

Ogni provincia la sua versione: a Palermo si fa in agrodolce facendo soffriggere le verdure, quindi facendole cuocere a fiamma molto bassa.

Alla fine, a fiamma alta, si aggiungono zucchero e aceto fino all’evaporazione. La variante ennese, arricchisce il piatto con l’aggiunta del finocchietto selvatico.

[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Rossella Neiadin, Lido Vannucchi, Cucina Condivisa]