Cibi proibiti: delfini, pettirossi e datteri di mare sono il viagra alimentare degli italiani

Cibi proibiti: delfini, pettirossi e datteri di mare sono il viagra alimentare degli italiani

Sembra incredibile ma il business illegale dei cibi proibiti si fonda sul nostro appetito calante ravvivato come viagra da delfini, pettirossi e scoiattoli fritti. Specie protette, cetacei in via di estinzione, selvaggina non cacciabile, in nome dell’alta cucina trasgrediamo continuamente mangiando di tutto.

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Da un episodio recente delle Iene sappiamo che sul litorale romano alcuni ristoranti, sottobanco, servono il delfino, che è vietatissimo pescare e mangiare. Basta chiedere un po’ di “black” e arriva in tavola il filetto di stenella striata, l’esemplare più diffuso nei mari italiani. Fanno buoni affari questi ristoranti, anzi ottimi, perché il gusto del proibito se lo possono permettere in pochi. Il delfino, molto richiesto anche nella versione essiccata da asporto, costa la sciocchezza di 200 euro al chilo.

Il piacere di fare quel che non si può, ci ha detto oggi Repubblica (non online), scatena la voglia di trasgredire. Che siano tranci di delfino, ricci di bosco, frittelle di neonata (triglie, sarde, sardine, pescetti appena nati dalla consistenza gelatinosa ricercatissimi per la loro bontà), pettirossi allo spiedo o scoiattoli fritti.

Una morbosa voglia di esclusività alimentata anche dai bracconieri di Triveneto e Friuli, dove molti ristoranti si contendono i pettirossi, sterminati malgrado la caccia sia vietata. Vengono spennati e venduti a 2,5 euro l’uno e serviti nei giorni di chiusura. Con cinquanta euro si mangiano quattro-cinque pettirossi allo spiedo.

Crudele anche la sorte dei ricci di bosco in Abruzzo e Molise, anche in Emilia. Siccome i bracconieri non riescono ad ammazzarli perché si chiudono a palla, li buttano ancora vivi nell’acqua bollente, poi li scuoiano e li friggono.

Nelle zone remote dell’Aspromonte, in Calabria, perdura l’usanza di mangiare il filetto di scoiattolo. Ancora in Calabria, nella zona di Catanzaro, la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) lamenta la sparizione di 20.000 ghiri ogni anno. Non sono in via di estinzione ma per legge non si possono abbattere. Piacciono molto anche in Veneto, dove si mangiano con la polenta, all’incirca uno a testa.

In Toscana l’ennesima strage degli innocenti colpisce le cieche, le anguille trasparenti pescate di nascosto e fatte al forno, sono considerate un piatto prelibato.

Anche mangiare i datteri di mare è un reato perché per raccoglierli i pescatori prendono a martellate le coste. Ma nei mercati di Bari o di Napoli non è difficile trovarli, arrivano a costare anche 80 euro al chilo.

Cosa non si farebbe, per quanto sembri incredibile alla fine del 2013, in nome di un privilegio impunito.

[Crediti | Repubblica, Link: Mediaset.it]