Alajmo al Caffè Stern di Parigi e gli altri chef italiani formato esportazione, malgrado l’Italia

Alajmo al Caffè Stern di Parigi e gli altri chef italiani formato esportazione, malgrado l’Italia

La gastronomia francese è diventata patrimonio culturale dell’umanità il 16 novembre 2010. Dal 2011 il Ministero del Turismo francese organizza la Festa della Gastronomia per celebrare quella data. Vi risulta qualcosa di simile in Italia? Per inciso, parliamo dello stesso Ministero del Turismo che prima di impostare le sue politiche interpella i principali cuochi francesi. Spiace ripetersi: avete notizia di qualcosa del genere in Italia?

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Malgrado queste, come vogliamo chiamarle, disattenzioni della politica, lo chef imprenditore italiano è diventato un fenomeno da esportazione. Davide Scabin, Massimo Bottura, Enrico Cerea e prima di loro Nino Graziano, Ernesto Iaccarino, Pietro Parisi sono solo alcuni dei cuochi con appendice in una qualche metropoli del mondo: Parigi, Londra, Mosca, Istanbul, Macao.

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L’ultimo in ordine di tempo è Massimiliano Alajmo, che dal “centro creativo” del ristorante Le Calandre di Sarmeola di Rubano (PD), tre stelle Michelin, con l’indispensabile aiuto del fratello Raffaele si occuperà anche del fascinoso Café Stern, 57 Passage des Panoramas, dove un tempo era il laboratorio dell’incisore Stern.

Protagonisti insieme agli Alajmo l’imprenditore francese David Lanher e la star del design, il francese Philippe Starck che ha mantenuto le sette piccole sale del locale il più possibile simili al passato, con l’aggiunta di vetri di Murano, leoni, linci, e anche un bianconiglio nascosto nel camino.

L’obiettivo ambizioso è trasformare il Café Stern nel bacaro, la tipica osteria veneziana senza fronzoli, più bello del mondo. Un bacaro? Ho letto bene? Ma Parigi è piena di locali informali, funzionerà l’idea di un bacaro?

Caffè Stern, alajmo

Con qualche adeguamento allo stile parigino crediamo di sì, vedi l’orario assimilato dai bistrot che prevede l’apertura dalle 9.00 a mezzanotte. Ma pure molta Italia. Gianni Frasi, torrefattore superstar del Caffè Giamaica di Verona, porterà al Caffè Stern le sue miscele, inclusa la idolatrata “Senza Fretta”.

Caffè Stern, bar e uno scontrino

Ma cosa si mangerà al Café Stern? Ricca colazione con brioches all’olio li mattina. Se bacaro dev’essere cicchetti veneziani all’ora dell’aperitivo a 3,50 euro l’uno. Poi spaghetti alla carbonara, pizza al vapore, vitello tonnato con polvere di caffè e babà al rum con gelato di cannella nel resto della giornata. Nello scontrino vedete qualche prezzo.

Ma come si diceva, gli Alajmo sono gli ultimi di una lunga serie di chef italiani stellati che affiancano ai loro celebri locali un’appendice all’estero. Segue lista parziale che cercheremo di completare con il vostro aiuto. 

Davide Scabin, ristorante a New York

Davide Scabin – New York

Il più recente è il visionario Scabin. Anno caldo per lui, questo 2014, dopo l’apertura del Blupum a Ivrea, la trattoria contemporanea guidata dalla sorella Barbara, e l’annuncio di una Drogheria, negozio bistrò per spuntini veloci, erano trapelate indiscrezioni che lo volevano alla guida di un ristorante a New York. Dalla mela blu (blupum) eporediese alla Grande Mela? Le radici restano in Sabaudia, ma Scabin collabora ora con il Mulino a Vino.

Ristorante Italia, Eataly Instanbul, Massimo Bottura

Massimo Bottura – Istanbul

Chi invece un ristorante all’estero l’ha aperto davvero – e senza che il suo locale originale, l’Osteria Francescana, ne risentisse, è Massimo Bottura. Il suo ristorante Italia nel complesso di Eataly a Istanbul è partito bene, spinto da una piccola ma cazzuta frotta di collaboratori allevata in gran parte all’Osteria Francescana. Segno di lungimiranza e buone capacità gestionali. Ma lo sapevamo.

Semifreddo, Mulinazzo, Nino Graziano

Nino Graziano – Mosca

Dall’assolata Sicilia, dove il suo Il Mulinazzo a Villafrati, Palermo, è stato fino al 2005 il ristorante top, alla gelida Mosca, dove il suo locale, chiamato non a caso Semifreddo, ha conquistando i russi a suon di piatti italiani e soprattutto siciliani. Nel frattempo è arrivato a 18 ristoranti a lui riconducibili, dunque, embargo di Putin o meno, le cose sono andate bene.

Ristorante dell'hotel La Mamounia

Ernesto Iaccarino – Marrakech e Macao

Dal sodalizio tra alta cucina (Ernesto Iaccarino) e il calcio (nella forma del presidente del Napoli Aurelio De Laurentis), è nato il ristorante L’Italien in un celebre albergo internazionale, La Mamounia a Marrakech. Ma la squadra del Don Alfonso di Sant’Agata tra i due Golfi, da dove arriva Iaccarino, non si è fermata al Nordafrica, è presente anche nella città cinese di Macao, precisamente nel ristorante del Hotel Grand Lisboa.

Ritz Carlton, Hong Kong, ristorante Tosca

Pino Lavarra – Hong Kong

Pino Lavarra, dal 97 nel ristorante del Palazzo Sasso, oggi Palazzo Avino, ha deciso di tornare a Hong Kong, nel paese dei balocchi per i nuovi ricchi orientali. Obiettivo: volare alto. Non a caso, il suo ristorante italiano, cioè Tosca, si trova nell’hotel più alto del mondo, il Ritz-Carlton, quello che ospita anche il Bar Ozone.

Da Vittorio, St Moritz

Enrico Cerea – St. Moritz

Lo chef che ha fatto meno chilometri, aprendo un ristorante nell’esclusiva St. Moritz, a poco più di 150 chilometri dal ristorante Da Vittorio a Brusaporto, dieci minuti da Bergamo. Lo stesso nome fortunato per il ristorante aperto assieme al fratello Roberto al Carlton Hotel, e la stessa cucina creativa d’ispirazione lombarda. La vicinanza permette anche questo.

O sole mio, Radisson, Muscat

Pietro Parisi – Muscat

Per gli chef, anche quelli italiani, i principi azzurri si chiamano sceicchi. Il giovane cuoco campano Pietro Parisi, lo chef contadino, è il beneficiario della storia d’amore tra lo sceicco Saleem Q. Al Zawawi, famiglia reale dell’Oman, e la cucina italiana. Senza abbandonare del tutto il ristorante Era Ora (170 coperti a Palma Campania), ha aperto tre locali a Muscat, uno inevitabilmente chiamato O sole mio. Voleva dare una lezione ai molti cuochi stranieri che si spacciano per italiani e poi cucinano con il curry. Pare ci sia riuscito.

Fulvio Pierangelini

Fulvio Pierangelini – Londra, la cucina di Tony Blair

Infine c’è chi, ai problemi di un ristorante proprio (e non si può dire che al Gambero Rosso di San Vincenzo Fulvio Pierangelini, icona un po’ sciupata del gastrofanatismo in salsa Dissapore, non ne abbia avuti) preferisce girare il mondo. Poi capita che diventi il regalo di compleanno del(l’ex) Primo Ministro Inglese Tony Blair e capisci che forse noi fan indomiti ci avevamo visto giusto. Sarà che sono cresciuta col mito del suo piccione…

[Crediti | Link: Dissapore, Scatti di Gusto, le immagini del Caffè Stern sono di Daniela Apollonio]