Chi vuole fare il cuoco non deve prendere esempio da Masterchef, parola di Pier Giorgio Parini

Chi vuole fare il cuoco non deve prendere esempio da Masterchef, parola di Pier Giorgio Parini

Una volta in Italia il dualismo più spigoloso era tra destra e sinistra. Ora che governano insieme le barricate si alzano sul ruolo dei cuochi e sulla necessità o meno di apparire in televisione. Con ovvio corollario etico sul fatto che Masterchef non può sostituire l’alberghiero. E bla bla bla…

La questione però non smette mai di sollevare sopracciglia, polemiche e dibattiti. Tipo sulle pagine di Sette del Corriere della sera dove Massimiliano Alajmo, chef tre stelle Michelin de Le Calandre di Rubano (Padova) entra da tergo su MasterChef e sulle “trasmissioni in cui piatti e ricette in realtà servono per parlare d’altro“. Di che cosa? Chiede l’intervistatore, Zincone.

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Di competizione. Mostrano scorciatoie. Si illude il pubblico: gli si dice ‘puoi diventare un grande cuoco, puoi guadagnare, diventare famoso, scrivere libri. Ti basta sconfiggere un avversario davanti a una telecamera’. Mera esibizione… si fa passare l’idea che la cucina sia quella roba lì.

A rincarare la dose è arrivata Gazzetta Gastronomica tracciando una linea sulla sabbia.

Molti cuochi sono saliti a bordo del treno televisivo dei talent, molti altri come Massimo Bottura, Niko Romito, Enrico Crippa, Paolo Lopriore sono rimasti in cucina“.

Oggi alla discussione si unisce Piergiorgio Parini, una stella Michelin, tra i giovani talenti più accreditati della cucina italiana, chef del Povero Diavolo nell’eremitica Torriana, in provincia di Rimini, che con un tweet appoggia Alajmo.

Nell’impossibilità di contattare Massimiliano Alajmo, che rifiuta categoricamente di tornare sull’argomento, abbiamo chiesto a Parini se l’abbiamo collocato dalla parte giusta della barricata.

Insomma, gli chef non devono andare in tv?

Non dico debbano restare incatenati ai fornelli: non sono né per un estremo né per l’altro. Diciamo che è una questione di scelte. C’è chi sceglie di investire più nell’immagine e chi no. È anche una questione di possibilità, forse. Non tutti sono capaci.

Tu, per esempio, pensi di essere capace?

No.

Però in televisione ci sei stato

Sì, ma poco, e ho intenzione di tornarci poco. Non mi sento a mio agio.

Ti viene proposta spesso?

Non così tanto. E va bene così. Mi piace fare l’eremita sul cocuzzolo della montagna.

E invece quali programmi guardi? 

Non guardo mai la televisione.

Ma ti sarai fatto un’opinione su Masterchef.

Sì. Chi vuole fare il cuoco NON DEVE PRENDERE ESEMPIO DA LI’. Va bene come intrattenimento e basta. È come se  facessero un “Chi vuol essere pittore?” oppure “Chi vuole fare il calzolaio?”. Ci vogliono la gavetta e l’esperienza per arrivare, ad esempio, dove è arrivato Carlo Cracco.

E’ opinione diffusa che, a forza di presenze in tv, gli chef abbiano disimparato a stare nelle cucine.

Dipende. Cracco rimane molto chef. Se gli dai una padella in mano non si brucia. Lui può permettersi partecipazioni in tv anche perché prima ha fatto la gavetta e ha accumulato anni di esperienza.

Da chef, come la vedi questa iper-esposizione – chiamiamola anche divinizzazione – mediatica di cui siete oggetto?

Sinceramente? Mi fa ridere. Però va bene, tanto passerà presto.

Smetteremo di essere gastro-fissati?

Beh, ovviamente spero che l’interesse per la cucina non scompaia. Ma questa fissa per i cuochi fa parte di un ciclo: c’è stato il momento dei calciatori, quello dei cantanti. Tra poco finirà come sono finiti gli altri.

Amen.

[Crediti | Immagine di Parini: A spasso con Blue]