Barbecue vs cottura alla griglia: 5 differenze per con confonderli più

5 differenze per smettere di confondere il barbecue con la griglia, tra cottura diretta e indiretta, tagli (e rest!) della carne, fumo, tempi, temperature e dispositivi.

Barbecue vs cottura alla griglia: 5 differenze per con confonderli più

Mi sono comprato un barbecue e d’ora in poi la carne alla griglia sarà tutta un’altra cosa, diciamo in Italia, confondendo un metodo di cottura con un dispositivo, identificando il grilling nel braciere murato.

Il barbecue è un metodo di cottura, avrete capito, che si distingue dalla griglia per temperatura, tempi, dimensioni dei tagli, per il fumo e per qualche altro punto focale (ah-ah) che siamo intenzionati a chiarire, fornendovi valide argomentazioni per la prossima domenica in montagna.

Alla fine di questo articolo parlerete di rest della carne e di cottura indiretta come dei veri nerd del settore, ma vi promettiamo di non rimbambirvi. Non al punto da farvi desiderare una pizza al BBQ.

Alziamo il ditino su questa questione una volta per tutte, snocciolando le differenze tra griglia e barbecue.

Temperatura, tempi e dimensioni

barbecue, grigliata

La prima vera differenza ce la da la definizione stessa di Grilling Barbecue, due filosofie completamente diverse.
Riprendiamo in mano la spiegazione precisa ed essenziale di Gianfranco Lo Cascio:

  • Per Grilling intendiamo la cottura di pezzi di carne piccoli e medi ad alte temperature per un breve periodo di tempo;
  • Per Barbecue intendiamo la cottura di grandi pezzi di carne a basse temperature (indicativamente 110-120 °C) e per tempi lunghi (dalle 4 ore in su), in presenza imprescindibile di fumo di legna.

Ergo, siamo davanti a due mondi con caratteristiche distintive, entrambi validi e di tutto rispetto, ma che vivono di vita propria:

  • Se il vostro taglio è piccolo e lo cuocete per poco tempo ad alte temperature, state facendo del Grilling.
  • Se il vostro taglio è grosso, lo cuocete per tanto tempo a bassa temperatura e con fumo di legna, state facendo del Barbecue.

È questa la differenza ad esempio tra la cottura di una bistecca e del Pulled Pork.

L’affumicatura

grigliata

Quindi basta questo per definire univocamente i due mondi?
Assolutamente no; c’è un altro elemento strettamente necessario perché una preparazione sia catalogabile come Barbecue: il fumo.

Non a caso, è possibile suddividere lo stesso Grilling in due sottogruppi differenti:

  • Cottura diretta: piccoli pezzi di carne vengono disposti sopra la brace ad altissime temperature per brevissimo tempo;
  • Cottura indiretta: pezzi di carne di media grandezza vengono disposti vicino alle braci, a temperatura medio-alta (tra i 160 e i 200 °C) per tempi brevi (nell’ordine delle decine di minuti), in dispositivi dotati di coperchio.

Ricapitolando:

  • Se il vostro taglio è piccolo e lo cuocete per poco tempo ad alte temperature, state facendo del Grilling.
  • Se il vostro taglio è medio, lo cuocete per tanto tempo a temperature medie, state facendo ancora del Grilling.
  • Se il vostro taglio è grosso, lo cuocete per tanto tempo a bassa temperatura e con fumo di legna, state facendo del Barbecue.

Di fatto è la differenza tra una bistecca, un arrosto e del Brisket.

Perché il Barbecue sia Barbecue non si scappa, dovete affumicare; e ve lo assicuro, una volta che si inizia tornare indietro è praticamente impossibile.

Nel mondo del fuoco il fumo è un vero e proprio ingrediente, da abbinare con coscienza e logica al pari del peperoncino.
Essenze dolci e fruttate come melo e ciliegio saranno più adatti a carni come pollo e maiale, mentre legni più strong come noce americano e mesquite sono particolarmente indicati per il manzo.

Fate attenzione però: esagerare e sovraffumicare il vostro pezzo di carne è un attimo, e potreste rovinare completamente il lavoro svolto.

La carne

Può sembrarvi un concetto banale, ma non lo è per niente. La verità è che non tutti i tagli di carne sono adatti per fare del Barbecue, così come non tutti i tagli di carne sono adatti per il Grilling.

Specialmente nel caso del manzo e del BBQ, perché alcune preparazioni possano restituire un buon risultato è necessario che il taglio, la struttura delle fibre e le caratteristiche di grasso e collagene rispettino parametri ben precisi.

Va da sé che gran parte delle specialità a lunga cottura ottenibili dal manzo possono essere effettuate solo con tagli tipici della macelleria estera (USA, Brasile e Argentina tra gli altri), profondamente diversi da quelli tradizionalmente italiani, molto magri per cultura ma soprattutto condotti (anatomicamente parlando) in maniera completamente differente.

Tradotto: prendere un qualsiasi pezzo di manzo italiano troppo magro e povero di collagene e sbatterlo a 120 °C per 6 ore è la via più breve per ottenere una suola di scarpa.

Al tempo stesso, perché della carne possa essere grigliata spesso è preferibile (e sottolineo preferibile) utilizzare tagli teneri, provenienti tipicamente dai muscoli meno utilizzati dall’animale, come la lombata; si tratta di tagli meno nervosi e tenaci, che in griglia restituiscono un risultato burroso e scioglievole anche se cotti ad alte temperature. Fanno eccezione alcune chicche come la bavetta e il diaframma, la cui preparazione richiede qualche occhio di riguardo in più per evitare l’effetto scarpa citato poc’anzi.

I dispositivi

barbecue

Diversa la cottura, diverso deve essere lo strumento da utilizzare.

Per poter cominciare a grigliare in maniera diretta, di fatto, non serve molto più che un classico dispositivo a cielo aperto, dotato di braciere e griglia.
Certo, con arnesi di tutto punto il risultato sarà migliore, più uniforme e standardizzabile, ma la base di partenza è sempre quella.

Avvicinandoci all’indiretta cominciamo a sentire il bisogno dello strumento che, in un modo o nell’altro, ha cambiato la vita di qualsiasi invasato di carne, fuoco e fiamme di questo mondo: il coperchio.
Chiudendo il vostro fedele amico e allontanando gradualmente la carne dal braciere sarà possibile sfruttare i moti convettivi del calore, abbassando le temperature, allungando i tempi e raggiungendo l’uniformità in tutta la superficie del taglio.

Arrivando infine al Barbecue vero e proprio, perché il risultato sia ottimale è preferibile utilizzare i cosiddetti affumicatori (in lingua “smoker“), strumenti di dimensioni più generose che consentono di distanziare il braciere dalle pietanze, rallentando in tal modo la cottura al fine di dar tempo al collagene di sciogliersi, trasformandosi in morbida e succulenta gelatina.
Non di meno, il dispositivo è sempre chiuso, e consente il ricircolo non solo del calore ma anche del fumo.

Capite quindi come sostenere di “fare Barbecue” in una griglia in muratura è praticamente impossibile.

La fase di rest

beef-ribs-ricetta

Abbiamo marinato il nostro taglio, insaporito con le spezie, lo abbiamo affumicato e infine cotto a bassa temperatura.

E ora che fa, si mangia?

Purtroppo no: perché il rendimento sia ottimale e non perdano fondamentali caratteristiche di succosità è necessario far riposare la carne per un periodo di tempo definito.

Tale fase è detta Rest, o mantenimento, un concetto importantissimo e troppo spesso sottovalutato, ma imprescindibile in qualsiasi preparazione Barbecue, fatta di grandi tagli ricchi di collagene.

Durante la cottura, a temperature comprese tra gli 85 e i 100 °C il tessuto connettivo perde definitivamente la sua struttura, la capacità di tenere insieme i filamenti di miosina e si degrada in una sostanza colloidale liquida e altamente viscosa.

Terminato tale processo, la fase di Rest prende finalmente piede; un abbassamento della temperatura porterà a un tentativo di ricostruzione dei legami, in una struttura tuttavia altamente instabile che tenderà a trattenere le molecole d’acqua liberatesi durante la cottura, formando la famosa gelatina, un composto che assume consistenza solida sotto i 35 °C, per poi degradare nuovamente se riscaldata.

Capirete per come tagli poveri di collagene (filetti e costate) tale fase è pressoché inutile; un riposo di qualche minuto per consentire ai succhi di riacquistare densità basta e avanza.

Si tratta di un processo molto lento, dovuto proprio all’instabilità della nuova struttura, la cui durata varia a seconda di una serie innumerevole di variabili, anche se difficilmente si superano le 2 ore.
Il tutto viene condotto con il taglio avvolto nella stagnola e preferibilmente in contenitori in grado di consentire un abbassamento graduale della temperatura (i cosiddetti isobox o, in mancanza, il forno pre-riscaldato a 60 °C e poi spento).

Una volta terminata tale fase, prendete il vostro capolavoro, asciugate l’umidità in eccesso grazie a un rapido passaggio sulla griglia, affettatelo e servitelo senza indugio, godendovi il 100% della conservata umidità interna.