Expo 2015: il Food Act degli chef stellati in 10 punti tradotti per voi

Expo 2015: il Food Act degli chef stellati in 10 punti tradotti per voi

Dopo il Job Act Renzi lancia i suoi fedeli in una nuova mission impossible: il Food Act. E il burocratese ministeriale si concentra sulla cucina, “baluardo di eccellenza, concertazione” e bla bla cosmici.

Ieri, infatti, ad Expo 2015 si sono incontrati i ministri Maurizio Martina, Stefania Giannini e Dario Franceschini per il Secondo Forum della cucina italiana. Presenti, ovviamente, anche 4o chef che (volenti o nolenti) contano più di altri, insomma le facce note del panorama gastronomico di casa.

Il Forum (che dovrebbe riunirsi tre volte l’anno) tenterà di “valorizzare il Made in Italy agroalimentare” alta cucina compresa con annessi e connessi che non sto io a (bla-bla) raccontare.

Per capire meglio da che parte vanno istituzioni e chef, abbiamo tradotto per voi i 10 punti caldi del Food Act, liberati dai paroloni e con qualche esempio pratico che non fa mai male. Se v’interessano comunque eccoli scritti in originale.

Food act, Cracco, Cannavacciuolo

1. CHEF AMBASCIATORI DELLA CUCINA ITALIANA NEL MONDO.
Qualcuno ci dovrà pur mettere la faccia per dare una spinta all’export agroalimentare che, entro il 2020 sarebbe bello toccasse i 50 miliardi di euro (sì, miliardi). Come convincere “gli altri” a comprare cibo italiano? Naturalmente con i faccioni più rappresentativi della cucina di casa catapultati al di là dei confini nazionali in cerca di consenso. Si punta in particolare alla conquista dei mercati statunitense, russo e cinese. Hai detto poco.

Food Act, Expo

2. VALORIZZARE LE ECCELLENZE ITALIANE E LA DIETA MEDITERRANEA
Questa quante volte l’avete già sentita? Il concetto un po’ abusato di dieta mediterranea, che ci è valso anche il riconoscimento Unesco, chiede aiuto alle eccellenze (non lo avevo ancora detto) DOP, IGP e BIO per far capire a tutti che l’italian sound è out e invece vince su tutto l’ “italians do it better”. Con tutti questi inglesismi magari riusciamo a farci capire da tutti, e magari anche a conquistare gli influencer che veicolano il messaggio con la loro schiera di addicted. (Giuro che per l’intero post non farò più uso di vocaboli stranieri.)

Food Act, chef a Expo

3. POTENZIAMENTO DELLA DISTRIBUZIONE DEL VERO MADE IN ITALY AGROALIMENTARE
Un calcio nel posteriore al Parmesan, e un Osanna nell’alto delle cucine per il Parmigiano vero. Come? Usando una logistica di distribuzione ben monitorata e riconosciuta dagli organi competenti, così da essere sicuri di offrire i prodotti davvero italiani anche nei ristoranti italiani all’estero. Per capirci: lotta dura ai vari “da Gennaro” che usano il Galbanino sulla pizza con l’ananas.

Food act, Massimo Bottura

4. ALTA CUCINA, ALTA FORMAZIONE
Vogliamo forse tralasciare le scuole di cucina, fucine di giovani talenti? Certo che no: ecco, allora, qualche investimento mirato per dare più forza alle accademie di cucina, con anche qualche oretta del palinsesto scolastico dedicata a chi, oltre che chef, vuole fare l’imprenditore in cucina. (Ricordate che tra i partecipanti al Forum c’erano Gualtiero Marchesi e Niko Romito per esempio.

Food ACt, Gualtiero Marchesi

5. ESTENSIONE UTILIZZO STAGE PER LA RISTORAZIONE DI QUALITÀ
Qui Job Act e Food Act si incrociano pericolosamente. Il tentativo è quello di rivedere la questione del numero massimo di tirocinanti che può avere una singola azienda, anche e soprattutto quando l’azienda è un ristorante. Sento puzza di sfruttamento. Ah no, scusate: è solo infinita opportunità (a volte un pochino malpagata).

Food Act, Pierangelini, Cracco

6. PIÙ AGGREGAZIONE NELLA FILIERA E NELLA RISTORAZIONE
“Il piano sosterrà le aggregazioni nella filiera mediante le reti d’impresa attraverso strumenti come il credito d’imposta proposto con “Campolibero”. Verrà studiata la sua estensione a imprese operanti nel settore della ristorazione, verificando la compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e il fatto che si tratta di imprese, di norma micro e piccole, che operano nel commercio la cui competenza esclusiva è delle Regioni.”
Questa voi come la tradurreste? Io, con tutti i miei limiti, faccio fatica.

Food Act, Cracco

7. DARE CREDITO ALLA CUCINA ITALIANA GIOVANI
Partiamo dal presupposto che i giovani indicati hanno meno di 40 anni, che mi pare già una cosa bella. A questi non ancora quarantenni bisogna dare una mano a fare alta ristorazione, giusto? Quindi si studiano metodi efficaci per dare credito (vale la pacca sulla spalla, ma anche la moneta sonante) a chi sarà in possesso di particolari requisiti (al vaglio). E, con tutta probabilità, si potrà finanziare il passaggio del testimone tra papà cuoco e figlio cuoco: ricambio generazionale con incentivo.

Food Act expo 2015

8. RAFFORZARE BINOMIO TURISMO-RISTORAZIONE DI QUALITA’ PER PROMUOVERE I TERRITORI
Anche questa non mi è nuova, soprattutto dopo la mia gavetta in una testata locale dove i termini “turismo”, “ristorazione locale” e “eccellenze produttive” sono dei tormentoni che ancora mi rimbombano in testa. Non fa eccezione, in questo caso, il caso nazionale del Forum della cucina italiana che vuole creare sinergie (eccolo l’altro tormentone). Speriamo che, dopo anni che se ne parla, qualcuno riesca anche a quagliare qualcosa. Ce lo auguriamo tutti.

Food Act, chef, expo

9. CUCINA ITALIANA DI QUALITÀ CERTIFICATA
Potrebbe essere che, in un futuro non lontano, le porte d’ingresso dei ristoranti “di un certo tipo” vengono tappezzate di nuovi adesivi ad uso del consumatore di passaggio. Dopo che per anni si sono schermate le porte a vetro con adesivi di ogni sorta e che certificavano qualunque tipo di eccellenza, ora potrebbe essercene uno istituzionale. Prevedo grandi faide con morti e feriti per accaparrarsi l’agognato adesivo.

Food Act, ministri

10. CUCINA ITALIANA COME CULTURA, IDENTITÀ, EDUCAZIONE, INCLUSIONE
In questo magmatico concetto abbiamo: educazione alimentare nelle scuole, diffusione dei temi di sostenibilità ambientale (applicati anche alla cucina), l’ormai sdoganata battaglia contro lo spreco alimentare, l’accesso alla cucina di qualità anche alle “fasce deboli”. Potrebbe sembrare una supercazzola, ma potrebbe anche essere LA soluzione: prenderli da piccoli e insegnar loro un sacco di cose importanti e anche basilari.

[Crediti | Link: Il Giorno, Teatro Naturale, immagini: Repubblica Milano]