40 anni dell’Enoteca Pinchiorri: io elogio l’evento senza hashtag

40 anni dell’Enoteca Pinchiorri: io elogio l’evento senza hashtag

Annie Fèolde, quando si incrocia questa signora di raffinata eleganza, sembra stia uscendo per andare a prendere il tè con qualche testa coronata”, questo non lo dico io, ma Paul Bocouse Bocuse, monumento della cucina francese, nella prefazione al libro Pinchiorri a Due Voci, di Leonardo Castellucci, edito da Cinque Sensi e presentato ieri a Firenze in occasione dei 40 anni (quaranta!) dell’Enoteca Pinchiorri.

Lontano mille miglia da quella gastronomia dei Bruno-Anaconda-Barbieri di Masterchef, dalle Terre dei Cuochi o dalle Cucine da Incubo… c’è una storia che prima che il cibo fosse così spettacolarizzato e mercificato, quando la Parodi era appena nata e Alessandro Borghese ancora no, iniziava a muovere i primi passi: quella di Annie Fèole e Giorgio Pinchiorri.

A festeggiarli a casa Antinori ieri c’era la gastronobiltà fiorentina, alcuni giornalisti, amici commossi e i rappresentati di una Firenze piacevolmente retrò, slow, che bisbiglia da più parti: non se ne può più di tutti questi improvvisati negli show di cucina in tv.

E io mi chiedo cosa penserebbero tutti loro se sapessero (non credo che sappiamo esattamente di cosa sto parlando) che su Facebook, Twitter, Istagram e nei foodblog tutti si improvvisano cuochi, gourmet, food stylist…

Enoteca Pinchiorri, interno, firenzeEnoteca Pinchiorri, interno, firenzeEnoteca Pinchiorri, interno, firenzePinchiorri a due voci, libro

Ma torniamo alla festa, ecco un breve riepilogo della storia Pinchiorri per chi se la fosse persa:

— Siamo nei primi anni ‘70, Giorgio Pinchiorri, emiliano, è un raffinato sommelier appassionato di vini.

— Incontra Annie Féolde, francese, proveniente da una famiglia di albergatori di Nizza, a Firenze per migliorare l’italiano.

— E’ subito scintilla, Annie e Giorgio diventano inseparabili, cominciano a girare il mondo e a lavorare sempre insieme.

— Nel 1982 arriva la prima stella Michelin, un anno dopo la seconda.

— Nell’84 la corona di Wine Spectator. Nel 93’ la consacrazione con la terza stella. Nel 1992 venne aperta la sede di Tokyo e nel 2007 quella di Nagoya.

“Abbiamo iniziato con la voglia di far piacere alla gente, di farla star bene. La cucina è nata e si è sviluppata intorno ai vini incredibili e sorprendenti che Giorgio proponeva ai nostri ospiti. Oggi la nostra è una cucina contemporanea, con grande rispetto e attenzione alle materie prime.

Siamo a Firenze, non dimentichiamo le nostre radici, Toscane e italiane, e le trasformiamo seguendo l’evolversi dei gusti con semplicità ma anche seguendo le esigenze del nostro organismo. Tutto questo evitando le mode e usando tanta creatività”.

Così Annie, che in cucina è affiancata dai primi chef Italo Bassi e Riccardo Monco.

In quarant’anni dalla sua cucina sono usciti pezzi storici come il Tiramisù (“Ho iniziato a fare il “Tiramisù” nel 1970 a Firenze e sono stata io a divulgare quel dolce diventato poi così famoso nel mondo intero”).

Le Caramelle Farcite di melanzane e formaggio di capra al burro e salvia (“Agli inizi degli anni ottanta stavo affinando la mia maniera, questo piatto, tra i tanti che abbiamo creato in quel decennio è forse quello a cui sono più legata per eleganza e novità).

I Gamberoni allo Spiedo avvolti nella pancetta e gran farro lucchese (1985).

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A farle da alter ego c’è Giorgio Pinchiorri, tessera AIS nr. 21, un signore che nella sua cantina (definita da Veronelli: “immensa, leggendaria, inimitabile”) tiene la collezione Romanée-Conti dove spiccano:

— 24 grandi formati del 1985 con etichetta n° 1 (12 Jeroboam e 12 Mathusalem),

— La bottiglia numero 1 di Sassicaia (1968)

— La bottiglia n. 1 di Tignanello (1971)

— Il Merlot Ornellaia 1986 che l’anno successivo sarebbe diventato Masseto

— Il Cabernet Sauvignon Screaming Eagle (California) ottenuto dopo sei anni di lista d’attesa e molti altri vini esclusivi.

Non so se riesco a spiegarmi, ma ascoltare Annie e Giorgio, è come ascoltare Patti Smith su un vinile e non si tratta di nostalgia, no macchè, questi due parlano soprattutto di futuro: lei dice che continuerà a impegnarsi per migliorare il confort e la bellezza del locale, oltre alla cucina e al servizio cercando di esserne sempre precursori; lui dice che il futuro sta nei vini autoctoni.

Il fatto è, signori miei, che ieri ascoltare la Signora Feole e il Signor Pinchiorri, in questo evento senza hashtag e senza foodblogger, è stata una boccata d’aria fresca.

Proprio così, nel mondo effimero fatto di eventi tutti uguali, cuochi-meteore, più belli che bravi, più marketing che fornelli, più show cooking che lavoro in cucina, la storia di Annie e Giorgio ti riconcilia con il mondo ormai sempre più spesso indigesto della cucina.

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Una boccata d’aria fresca poter leggere di questa storia di successo che ha regalato a centinaia di migliaia di persone (lo scorso anno, all’Enoteca si è festeggiato il milionesimo conto, non sono conti leggeri) in tutto il mondo, momenti di piacere, gioia, stupore e serenità.