Se ci riconoscono ci evitano: 5 di noi fissati per il cibo che nessuno vorrebbe incontrare in vacanza

Se ci riconoscono ci evitano: 5 di noi fissati per il cibo che nessuno vorrebbe incontrare in vacanza

Tra poco chiuderete le vostre valige per l’agognata vacanza. Smetterete di nutrirvi di blog di cucina, mostrerete distacco disincantato e vi arrenderete forse alla dieta da device che vi ha consigliato l’amico che si è disintossicato da Facebook un mese fa. Non saprete dell’ultima ricetta di Mauro Uliassi, né dell’apertura del food truck di street food cingalese, niente pettegolezzi sulla lievitazione della pizza, farete a meno della classifica dei 10 migliori cibi da mangiare in spiaggia.

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Potrete finalmente tornare ad essere persone normali, i vostri compagni di vacanza saranno felici di non sentirvi sproloquiare sulla migliore gelateria di Roma, adesso che ha aperto Carapina o sulla perfetta cottura sottovuoto.
Sarete felici anche, almeno fino a che vi accorgerete che lì vicino, proprio in riva al mare si nasconde un vostro collega di interessi, un food oriented, un gastro ossessionato come voi, desideroso di spezzare il digiuno e parlare ancora e per sempre di cibo. Attenzione, come negli oroscopi, potrebbe essere compatibile con il vostro genere, oppure no. A voi familiarizzare e riconoscere la tipologia dei vicini d’ombrellone fissati con il cibo.

Il canta ricette.
L’evangelista canta ricette ha come obiettivo la diffusione di quante più ricette riesce a narrare in uno stesso atto. L’atto è lungo tanto quanto è il tempo a disposizione dell’ascoltatore. La cucina non è una passione, è una malattia.

Il vero maniaco della ricetta si riconosce da come racconta. Se elenca gli ingredienti in ordine sparso e conclude il racconto in meno di due minuti, non è un vero canta ricette. Ma se comincia a muovere le mani come se stesse cucinando, se chiude gli occhi per ricordarsi tutti gli ingredienti nell’ordine esatto di comparizione, se è scrupoloso, se comincia dal racconto di come leva l’anima all’aglio per dirvi della ricetta del cappone ripieno, se vibra d’emozione, allora è lui.

Si riconosce dall’attenzione e in preda alla voce del verbo mondare, si dilunga in ogni dettaglio. Non ama interagire, non fa quasi mai domande, ha bisogno di esternare.

Volevo fare il cuoco.
Appassionato dal cuore spezzato, da grande avrebbe voluto aprire un ristorante di successo. Se è nato prima del ’65 sogna una trattoria con ingredienti dell’orto. Se è nato dopo, voleva fare lo chef con cucina di sperimentazione in un ristorantino con 4 tavoli in riva al mare. Se è nato dopo il ‘90, siete di fronte al tipico caso del mancato chef stellato, compreso provino fallimentare a Masterchef.

La sua vacanza la impiega cucinando, rare saranno le comparse in spiaggia. Lunghi saranno i racconti, gonfi saranno i tupperware.

Se siete compatibili potreste cominciare con una degustazione in spiaggia e finire a cena a casa sua. Vi affezionerete e cucinerete insieme. Lì scoprirete che se non fa il cuoco c’è un motivo, saprete consolarlo e gli regalerete un abbonamento a La cucina italiana con la scusa della disintossicazione dal web.

Conosco un posticino.
Una pratica guida tascabile da spiaggia. Conosce sempre il miglior posto dove andare a mangiare nel raggio di 50 o 100 Km, ricorda perfettamente indirizzi, piatti, chef, stelle, giorno di chiusura e carte di credito accettate.

La sua conoscenza enciclopedica vi piacerà, comincerà a infastidirvi solo dopo la quarta smorfia ad un vostro timido suggerimento. I suoi ristoranti sono indiscutibilmente meglio dei vostri, è pronto a esibire citazioni e fermare i passanti per testimonianze false.

Ovviamente finirete col fidarvi, il vostro piccolo masochismo misto a curiosità, vi porterà nel ristorante consigliato e non avrete più parole da scambiare con lui per tutto il resto della vacanza, se non occhiate sordide nascoste dagli occhiali da sole.

Connessione lenta.
Lo riconoscete subito. Non ha bisogno di disintossicarsi dal device, non è assuefatto alla news, non conosce aperture, nomi, chef, locali. Il suo unico dio è la sua campagna, la sua città, i prodotti locali e le ricette di una volta.

Prova un piacere infinito nel raccontare la propria auto produzione. Vive di assoluti, non è disposto a discutere su niente, sulla qualità del pomodoro più buono o sul metodo di cottura preferito. Fuori dal suo territorio è tutto disgustoso. Ha dei luoghi del cuore quando non mangia a casa, trattorie buone e vecchie, che cambia solo al cambio di gestione.

L’unico modo per convincerlo della propria preparazione è l’esperimento, il testing da spiaggia. Cimentatevi nella cottura in forno solare della vostra ricetta e si fiderà di voi.

Il vegano da spiaggia.
Anche la spiaggia diventa un luogo di missione. Capirete che c’è qualcosa che non va, il giorno che starete addentando il vostro panino con il prosciutto e sentirete uno sguardo tagliente attraversare l’orizzonte. Insorgerà prima garbato, poi dispotico il giorno in cui per debolezza starete raccontando al tipo “connessione lenta” di come vi viene bene il brasato. Comincerà a manifestare in spiaggia con cartelli e megafono quando tornerete di soppiatto con qualche tellina.

Ci sarà un breve periodo in cui vi affascinerà, in cui cercherete di dimostrare la vostra pazienza e buona predisposizione nel volerlo ascoltare, la vostra apertura e disponibilità nel cercare di capire cosa mangia e come sopravvive.

Litigherete per sempre quando vorrà strapparvi di mano l’insalata greca, a causa della feta.

Vi mancherà la vostra dimensione naturale, vi sentirete pur sempre meno malati e finirete per navigare di soppiatto da mobile in cerca della classifica dei migliori venditori di cocco della vostra spiaggia.