L’oliva taggiasca: delizia ligure. Nonostante i liguri.

L’oliva taggiasca: delizia ligure. Nonostante i liguri.

Giuro, non ho deciso di prendermela con gli abitanti di tutte le regione d’Italia. Però dopo l’auto-accusa ai romani della scorsa settimana, oggi farei rispettosamente pelo e contropelo ai liguri.

Siete in ascolto? Occhio, sta per iniziare l’arringa.

Il fatto è che sono stata a Taggia (provincia di Imperia) per la prima edizione di MediTaggiasca, un evento fortemente voluto da produttori locali come Franco Boeri Roi (noto oliandolo), il comune rappresentato dal sindaco Vincenzo Genduso, e Ivan Lombardi, ristoratore della zona, e organizzato dal critico gastronomico Luigi Cremona e Lorenza Vitali.

L’evento si è tenuto all’interno del Convento di San Domenico, dove per due giorni mi sono ritirata con smalto blu elettrico e leggings neri fino al ginocchio, nella cella numero 25 (avrà un significato?).

Certo, se avessi saputo che in quel convento, sconosciuto e bellissimo, vivono ancora tre simpatici frati francescani mi sarei vestita in modo più adeguato, ma tant’è. Il Convento si trova proprio a Taggia, paese conosciuto ai sottuttisti del cibo.

Taggia infatti, malgrado nella vicina Seborga non siano d’accordo, è il regno della taggiasca, l’oliva più amata nel firmamento gourmet da cui proviene lo splendido olio ligure. Delicato e leggermente amaro.

E qui inizia la mia predica:

1) lo sapevate che in tutto il mondo se-vuoi-fare-il-figo usi la taggiasca, ma che in pochi ne conoscono la provenienza, non dico Taggia (o Seborga che sia) ma neanche la Liguria? Di solito si pensa che sia una varietà di oliva, mi spiegavano i produttori, come dire Chardonnay per l’uva.

2) lo sapevate che MediTaggiasca è in assoluto il primo evento organizzato in Liguria per far conoscere questo prodotto meraviglioso ad un pubblico più vasto? Con il Festival della Porchetta, Ariccia, giusto per fare un esempio, ha fatto molto di più. Ancora un po’ e invitano i Pink Floyd.

Colpa del noto caratteraccio, ruvido e scontroso, se i liguri non amano raccontarsi. Lo dicono loro: siamo chiusi, poco inclini alle smancerie, a volte scorbutici e sta benedetta oliva, così famosa, deve essere necessariamente scivolata da sola giù per lo stivale.

E non è l’unico segreto ben tenuto dai liguri. A MediTaggiasca ne ho scoperti altri e siccome io, non riesco a tenermi un cece in bocca, non vedo l’ora di raccontarveli:

Prescinseua.
Superba cagliata dal gusto leggermente acidulo. Usata nella ricetta della focaccia al formaggio di Recco, sono riuscita ad assaggiarla così, come caglio l’ha fatta, su un pezzo di pane all’orzo (perché i liguri hanno pure quello). “Presu”, in genovese, significa caglio. Leggerissima, digeribile, antichissima.

Cima Genovese.
Adesso non ditemi che la conoscete tutti e che sono l’ultima arrivata, ho fatto un sondaggio tra amici esperti, nessuno sapeva cosa fosse. E’ una pancia di vitello ripiegato a formare una tasca riempita di interiora: cervello, animelle, testicoli, sopratutto. E poi uova, formaggio, aglio, funghi, pinoli, piselli, burro e vai a sapere cos’altro.

Un piatto simbolo della regione famoso nel resto d’Italia come mio zio Gigi d’Acqualagna. Nella foto sopra, eccola in versione gourmet firmata dallo chef Roberto Rollino, La Femme Meridiana – San Bartolomeo al Mare, Imperia.

Pan d’Orzo.
E’ una frisella, per capirsi, realizzata con farina d’orzo, lievito di birra e acqua. Viene fatta seccare e per essere addentata senza lasciarci un molare ha bisogno di essere bagnata a lungo. Condita con olio di taggiasca e qualsiasi altro alimento, è semplicemente buonissima. Il nome antico è Carpasinn-a

Più alcuni presidi Slow Food, che l’essere presidi Slow Food non ha reso sufficientemente famosi:

Carciofo violetto di Perinaldo
Sa di liquirizia ed è buonissimo abbinato alla taggiasca. Coltivato nel comune di Perinaldo da tempi antichissimi è stato presentato al Salone del gusto solo nel 2008.

Asparagi  di Albenga.
Sono molto grandi e di colore viola, che sfuma lungo il gambo. Il colore e la purezza dipendono da una questione genetica: hanno 40 cromosomi anziché 20 e non possono imbastardirsi. Buonissimi, unici al mondo.

Zucchina Trombetta.
Okay, è un pochino più conosciuta e a volte si trova nei mercati di altre regioni. E’ quella zucchina lunghissima e molto sottile, dalla forma spesso ricurva e dal colore chiaro. Me ne sono nutrita per una sera intera, non sentivo quel sapore da decenni.

Ora vi chiederete: come avrà fatto una che mette lo smalto blu elettrico a conquistare i cuori dei severi liguri per rubare tutti questi segreti? Ve lo confesso: il merito è proprio di MediTaggiasca.

Molti grandi cuochi sono stati invitati per l’occasione a interpretare i prodotti locali e io, come altri giornalisti-e-blogger-di-settore ho risposto al richiamo dei grandi nomi per imparare qualcosa di nuovo. C’erano:

Mauro Colagreco, due stelle Michelin al Mirazur di Menton, numero 28 del mondo per la 50’s Best Restaurants San Pellegrino, con il piatto Arcobaleno di patate. Semplicemente eccezionale.

Andrea Ribaldone, già chef del ristorante La Fermata di Spinetta Marengo (AL), volto noto in TV grazie a La Prova del Cuoco, ora impegnato ad Eataly Tokyo. Il suo piatto: Baccalà, olive di Taggia e yogurt.

Il bravissimo Barman Mixologist Luca Coslovich del Caffè Ducale di Sanremo, che ha proposto una serie di cocktail con le olive taggiasche.

Flavio Costa, talentuoso chef de L’Antico Arco a Savona, da poco trasferitosi al 21.9

Davide Palluda del risotrante All’Enoteca di Canale (CN).

E molti altri ancora.

Per concludere vi chiedo: quanti saranno ancora i prodotti italiani nascosti o comunicati male? E quanto influisce il carattere di un popolo sulla volontà di aprirsi verso l’esterno?

Infine, citando un anziano produttore presente a MediTaggiasca, vale davvero la pena farsi conoscere da un pubbico più ampio?

Io credo di sì, se a qualcosa possono servire show-cooking e appuntamenti per gourmet, è proprio questo: mettere in luce un territorio con i suoi prodotti straordinari.

Smentitemi.