Un faro nella notte: mappa italiana del panino zozzone per placare la fame chimica

Un faro nella notte: mappa italiana del panino zozzone per placare la fame chimica

Dimentichiamoci ogni pedanteria gourmet, ogni esigenza di completezza e qualunque vezzo critico: parliamo del panino della notte. Quello che azzanni compulsivamente in avamposti diversamente igienici, con fare nervoso ma poco presente, con gli occhi gonfi e lo sguardo vitreo. Ignaro che qualche anno dopo ti renderà la nottata difficile e farà la fortuna del tuo reflusso gastrico.

Il punto è questo: il panino della notte non è un’esperienza eminentemente gastronomica, ma è un un immaginario. Fatto di post-adolescenza, fame chimica, abusi e stravizi. Puzza di nostalgia e di pacificazione con il mondo, azzera la lotta di classe.

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Negli anni Novanta, a Roma, alle 4 di notte, si finiva tutti da Orfeo: discotecari e indie, coatti e pariolini, comunisti e rasati con il bomber ghiaccio. Tutti uniti nel silente rito mascellare di Centocelle, spesso ipnotizzati dall’abilità cartesiana del dispensatore di panini. Mai che dimenticasse un volto, una posizione e un condimento. Un faro nella notte.

Cosa è rimasto di questo immaginario foriero di ricordi e letteratura spontanea un paio di decenni dopo?

Si sono trasformati tutti in Ape Car con presidi Slow Food e lavagnette scritte a mano, indugiando anche in panini vegani, o resistono nella loro funziona storica? Sono ancora l’ultima tappa della notte, o il salutismo e i kebabbari hanno vinto?

Domanda a cui mi dovrete rispondere voi. Io sono vecchio (altri in redazione lo sono) quindi mi serviranno le vostre segnalazioni, perché quella che leggerete qui di seguito è una lista incompleta e archeologica. Ambisce a raccontare un’epoca più che a registrare il presente.

Da “Pinhead” a Torino.
Non so se la notte torinese promette ancora molto a livello di mattanza gastronomica ma un decennio fa, ai tempo dei miei primi trascorsi al festival del cinema, ci si imbatteva con grande facilità in “zozzoni”, porchettari e abusivi dall’epatite facile. La compagnia non era esaltante ma l’incartamento nello scottex ti getteva subito in una notte bukowskiana.

Insomma, Little Food – per tutti Pinhead, per la somiglianza del gestore con il protagonista dell’horror Hellraiser – non si faceva prigionieri, specie se sceglievi la porchetta con cipolle, crauti e peperoni. Una eccellente descrizione la trovate anche in apertura di questa fondamentale classifica.

Se poi volete un signor Kebab andate da Horas in San Salvario

È noto, a Bologna si va al Mi Furner.
Con la colpevolezza nel cuore di non essermi mai rovinato l’intestino a Genova, Trieste e Venezia (al lido sì ma quella era solo disperazione) devo saltare a Bologna dove ho bighellonato qualche volta.

Il Mi Furner si divide tra dolce e salato e ambisce a ben altri prosceni rispetto a questa lista. Trattasi infatti di un forno storico aperto tutta la notte ma che condivide con gli altri selezionati l’esubero calorico. I fritti, soprattutto, sono a prova di “uomini veri”.

Dalle zie a Milano.
L’offerta milanese è tra le più variegate e quella che più ha alzato l’asticella della qualità. Parliamo della città che monopolizza la stringa “panini notturni” di Google. Ma a noi interessa tradizione e fame chimica quindi segnaliamo il chiosco notturno di piazza Fusina, detto anche delle zie, per la gestione in mano a due dinamiche sciure.

Le poche volte che sono passato avevo superato i 30 e le zie non le ho viste ma i panini rimangono impressionanti, specie quello speciale, dove si può inserire qualsiasi ingrediente ad accompagnare la sacra salamella. Il risultato: un mappazzone inaudito che fa bene allo spirito. E a poco altro.

A Firenze da Maurino.
Il nomignolo arriva subito ed è tra i meno equivoci: Maurino è detto i’Merd, credo per l’abilità nel dibattito socratico. Le due volte che l’ho privato era ubicato nel Parco delle Cascine. Ora mi dicono si sia spostato vicino la Stazione Leopolda.

Mito notturno fiorentino in cui la sosta mangereccia si apriva a disquisizioni di ogni tipo: un corso di antropologia in un panino con la salsiccia.

Altra Toscana.
La nostra Camilla Micheletti mi suggerisce anche che a Colle di Val d’Elsa c’è Poldo (un nome un programma), frequentato dagli studenti di Siena e da quelli che tornano affamati dal Sonar.

Ma c’è anche La banda del panino a Livorno, noto perché ti chiede ‘”Che salse vuoi”. Devi rispondere: “stupiscimi”. Poi si stupisce pure il gastroenterologo.

Da Capitan Paninok a Roma.
Di Orfeo ho già parlato (e la versione Orfeo 2, nonostante lo avessi sotto casa, non aveva quel “sapore”) ma andrebbero citati almeno gli zozzini di Porta Maggiore e Ponte Milvio, il mitico Pippo a Tivoli, o il glorioso forno a Ostia con la pizza alla mortazza.  Quando la disciplina del panino notturno cominciava a non vedermi più tra gli entusiasti ricordo che tutti andavano da Capitan Paninok a testaccio.

Ricordo in modo particolare un super hamburger con formaggio, spinaci, funghetti, peperoni, formaggio, ketchup e maionese preso alle 5 di mattino, capace di riportarti sulla retta via dopo una notte già ben poco salutare.

 A Latina c’è Il Maresciallo.
Pare che Latina valga più di un bel panino notturno, ma l’istituzione è Il Maresciallo. Qui la fila è sfiancante ma il risultato è un mostro che non sfigurerebbe in Man Vs. Food.

Personalmente però ricordo di averlo mangiato a mezzanotte, ma non sono certo tirasse fino a notte tarda.

A Frattochie la recensione di un lettore
La segnalazione di Damiano De Rosa era troppo bella per editarla:

Frattocchie, vicino do stava la scuola de partito del P.C.I., all’angolo tra Nettunense e Appia c’è sempre stato e c’è ancora un posto senza insegna che cià tre cose tre: Na porchetta enorme, er pane de Lariano e er prosciutto. Un panino so du fette doppie e grosse come le mani de mi zio potatore. La doppiezza de prosciutto e porchetta idem. 3 euro a panino spesi bene. Un solo tavolino de plastica bianca, con veduta su traffico dell’Appia. Tipo de poche parole. Un paradiso.

E a Napoli?
No, non me la sentivo proprio di non menzionare Napoli. Eppure i partenopei indugiano molto più nel dolce che nel salato durante la notte. Motivo per cui, qui il vostro aiuto è fondamentale.

Intanto Vincenzo Pagano mi suggerisce Il Furgone in Via Panoramica Monte Di Procida (ex struttura esterna diventata pizzeria) e Charlie Bread, a Via Kerbaker. Mentre a Salerno domina il paninetto della pineta davanti ai cancelli dell’esercito: laidi con le melanzane sott’olio.

Mai stato invece da una leggenda come Gigino è sempre un amico a Ercolano.

A Palermo da Nino o ballerino.
Palermo richiederebbe un post intero, soprattutto perché da queste parti parlare di apertura notturna è quasi pleonastico: la gran parte dei bar non chiude fino a notte inoltrata.

Necessario segnalare un maestro del panino con la milza come Nino, focacciere da quattro generazioni ma celeberrimo perché balla mentre ti prepara il capolavoro.

[Crediti | Link: Dissapore. Immagine: TeladoioFirenze]