Vero e falso nell’attacco del New York Times all’olio italiano: parla Tom Mueller, “il colpevole”

Vero e falso nell’attacco del New York Times all’olio italiano: parla Tom Mueller, “il colpevole”

Abbiamo intervistato Tom Mueller, autore di “Extraverginità” (edito Edt), libro-indagine che ha ispirato le famigerate vignette del New York Times sull’olio extravergine d’oliva italiano. Il giornalista americano ha cominciato a interessarsi al nostro olio nel 2007 con un’inchiesta pubblicata sul New Yorker.

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Tom Mueller, delle vignette pubblicate dal New York Times lei dice: “si tratta di immagini spiritose che contengono anche verità, ma soprattutto clamorosi errori e scontano un approccio tendenziosissimo che ignora la qualità e si concentra solo sulle frodi”. Che cosa c’è di vero e che cosa di falso?

Partiamo dagli errori. Principalmente sono due. Il primo è l’approssimazione.

Ho scritto 200 pagine sull’argomento, riportando il problema dell’adulterazione dell’olio, ma anche segnalando chi lavora bene, come la famiglia De Carlo in Puglia e tanti altri. La stragrande maggioranza lavora benissimo, ci sono poche mele marce che rendono difficile la vita a tutti.

Per quel che riguarda il New York Times, si tratta di fumetti, quindici tavole, da cui si ricava che tutto l’olio italiano è malvagio, ma non è così. Il fatto che sia un giornale così autorevole a pubblicare rende le cose più gravi: non si tratta di Homer Simpson che rilascia dichiarazioni che fanno ridere.

E poi nello specifico, c’è una vignetta che sostiene che il 69% dell’olio italiano sia adulterato. Non è così: si basa su di uno studio californiano (ecco, ndr) che al massimo dimostra che l’olio non è extravergine. Ma non significa che sia adulterato.

Qual è la differenza?

Adulterare significa aggiungere elementi: tagliare l’olio con dell’altro olio meno pregiato, come quello di colza.

Come vede chi sostiene che sia stata una mossa di concorrenza sleale a favore dell’olio californiano?

A me viene da ridere: il 98% dell’olio venduto negli Stati Uniti è importato. Il 2% è californiano. Non c’è una minaccia dell’olio americano: è uno spauracchio fittizio per non sistemare casa propria. La California ha due gocce d’olio, la coltivazione è superintensiva e quindi la qualità è inferiore a quella italiana.

Ho letto che il suo libro sull’olio è stato promosso da alcuni parlamentari, ma chi sarebbero?

No, non è così. Sto ricevendo sostegno politico ora, dopo aver presentato il libro ieri alla Camera. Ma non è stato né finanziato né voluto da nessuno. Nel libro cito delle personalità che mi sono state vicine durante le ricerche: magistrati, personalità politiche, scienziati che mi hanno aiutato.

E adesso chi è che la sostiene?

Colombo Mongiello e da ieri di Nicodemo Oliverio, del PD. Ma ho trovato sostegni trasversali. Soprattutto se si pensa che la legge Mongiello sull’olio (ecco ndr) è stata approvata all’unanimità. E’ una legge che alza i parametri di qualità, dà più potere alle forze dell’ordine, e i magistrati, anche con intercettazioni e poi alza anche le sanzioni. E’ una legge molto forte. Speriamo che non venga ostacolata dall’Unione Europea. Per tornare alla tua domanda, che cosa c’è di vero o falso: se non ci fossero stati dei problemi non ci sarebbe stato bisogno di questa legge, per esempio.

Che cosa c’è di vero quindi nelle vignette?

Innanzitutto tantissimo olio non italiano viene importato in italia, imbottigliato ed etichettato con nomi italianizzanti ed esportato come olio italiano. Scrivono nell’etichetta “prodotto in Italia”, “imbottigliato in Italia” quando invece viene dalla Spagna, dalla Tunisia. Non c’è niente di male se è olio buono, ma di solito non lo è, e alla fine della fiera ne risente il prestigio dell’olio italiano. Per non parlare della concorrenza molto alta.

Poi: l’ultima vignetta che mostra un’oliva che sta per spararsi con un grafico che prevede un calo dei prezzi dell’olio. E’ una veste ridicolizzante, ma è vero. Anche se il 69% dell’olio non è adulterato, è vero comunque che non è olio extravergine di oliva.

Questo è un problema degli Stati Uniti perché non ci sono controlli, ma è anche una responsabilità degli importatori che mandano un prodotto non a norma, sotto il nome di “extravergine”. E se si fa così i prezzi scendono: è sempre meno un prodotto di qualità, di nicchia, e sempre più una “commodity”, come diciamo in inglese (genere di prima necessità, ndr).

L’olio extravergine di oliva dovrebbe essere un prodotto nobile, di qualità.

Il rischio effettivamente c’è se non si protegge il prodotto eccellente. Per esempio, la Spagna vende 1 litro di olio di oliva a 1,89 euro. Non esiste al mondo un litro di extravergine a 1,89. Si tratta per me di una truffa legalizzata.

Il succo del suicidio di questa oliva nel grafico è questo: se anche chi bara facesse un prodotto di qualità avrebbe margini di guadagno molto maggiori. Sia i piccoli sia i grandi guadagnerebbero di più.

Per esempio, prendiamo il vino: se domani togliamo tutte le etichette dei vini e scriviamo solo “Buon vino”, che cosa succede ai prezzi ? Scendono, perché nessuno ci capisce più niente. Si stanno abbassando i livelli di un prodotto nobile.

E’ questa la realtà di fondo a cui deve reagire l’Italia.

[Crediti | Link: Dissapore, Olive Center, Teatro Naturale]