Pane nella spazzatura: il grande spreco alimentare italiano

Pane nella spazzatura: il grande spreco alimentare italiano

Dei 72.000 quintali di pane prodotti ogni giorno in Italia 13.000, un numero enorme, finiscono nella spazzatura.

Perché?

Questa è la storia di un vergognoso spreco alimentare ai tempi dell’Expo, consumato tra leggi, ASL e Grande Distribuzione (GDO).

Buona parte degli italiani mangerebbero volentieri il pane sfornato il giorno precedente, anzi, lo fanno in tanti. Qui in Toscana poi con il pane indurito si fanno bruschette, panzanelle e cacciucchi, ma una cucina regionale eccezionalmente ricca porta in dote ricette a ogni zona d’Italia.

pane, spreco

Cosa che nell’ambito della vendita non è possibile fare.

Tutto parte da una legge sul pane, il D.P.R 502/98, che obbliga a consumare il pane entro 24 ore dalla produzione, dopo, quello che avanza è tecnicamente un rifiuto. Per i piccoli panifici rispettarla è semplice: conoscono all’incirca il carico di lavoro quotidiano e all’orario di chiusura, se avanza qualcosa, possono portarlo a casa, regalarlo o smaltirlo. Così lo spreco è minimo.

Le cose cambiano per la grande distribuzione. Le possibilità sono due: se i supermercati vendono pane surgelato cotto sul posto, a fine giornata lo smaltiscono per proprio conto. Ma sono la minoranza.

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La maggior parte dei supermercati compra il pane dai panifici privati, e per dare ai consumatori che fanno la spesa alle 19 la stessa possibilità di scelta che ha il cliente delle 8, li vincola a consegne frequenti, più volte al giorno.

Il fornaio è contento perché vende di più, ma il rovescio della medaglia di tanta scelta è tutto in una domanda: dove finisce il pane avanzato alla chiusura del supermercato?

Se lo riprende il fornaio che deve smaltirlo a spese proprie, pena la risoluzione del contratto di fornitura.

Potrebbe darlo ad associazioni benefiche tipo Caritas.

Invece no.

pane, spreco

Lo impediscono le ASL, che domandano sicurezza alimentare anche per chi beneficia dei servizi di queste associazioni. Garanzie che richiedono insacchettamento, controlli qualitativi da parte di un laboratorio, costose analisi ripetute nel tempo.

Alla fine il gioco non vale la candela, il fornaio spende più di quanto guadagna vendendo il pane alla Caritas a un prezzo ovviamente scontato rispetto all’originale.

Un chiaro circolo vizioso: il fornaio vende il pane ai supermercati più volte al giorno. I supermercati lo obbligano a farsi carico degli avanzi. Il fornaio non li smaltisce per una questione di costi e li getta nella spazzatura.

Così in Italia si buttano 13.000 quintali di pane al giorno.

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Al momento non esistono soluzioni se non alcuni servizi innovativi riconducibili a Università o associazioni di volontariato, come Last Minute Market, che si basano su questo ragionamento: il pane va consumato entro le 24 ore.

Quindi, per fare un esempio, è possibile vendere il pane delle 17 sino alle 17 del giorno dopo. Ma siccome sull’etichetta bisogna scrivere il giorno della produzione, nessun consumatore comprerebbe il pane di ieri. Le Caritas però si, da qui l’idea di un servizio che raccolga tempestivamente dai vari fornai gli avanzi quotidiani di pane. Vedi il prezioso lavoro del Banco Alimentare.

Ma per ridurre davvero lo spreco serve altro.

Serve una legge che apra uno spiraglio riconoscendo l’eccesso di posizione dominante da parte della Grande Distribuzione. La legge attuale risale a 17 anni fa, e per alcuni aspetti è ancora in vigore quella precedente: la Legge 580 del 1962.

Anno in cui non mancavano i problemi, ma certo erano altri.

[Crediti | Corriere della Sera, link: Dissapore, immagini: Serious Eats]