Corso di orientamento per comprendere Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso 2014

Corso di orientamento per comprendere Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso 2014

Impariamo subito dalla copertina di Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso 2014 (272 pagine, 8,90 euro), erede della guida che un anno fa, nell’ilarità generale, trasferiva la migliore pizzeria d’Italia a San Bonifacio (Verona) provocando una nuova rivolta di Masaniello a Napoli, che le pizze si dividono in:

  1. La grande tradizione napoletana
  2. La pizza all’italiana
  3. La pizza gourmet

Prima di dirmi se siete d’accordo, date un’occhiata al video, girato al culmine della recente Festa a Vico, il celebre raduno di chef stellati.

Scoprirete che il disco rotondo di acqua-farina-lievito-sale è salito in alto con la Pizza delle Stelle, l’incontro che Dissapore ha organizzato insieme a Scatti di Gusto, con il supporto di Molino Caputo.

Squadra Rossa e Squadra Blu e come vincitore il pubblico che ha confrontato nella stessa serata la pizza di (in rigoroso ordine alfabetico) Raimondo Cinque, Enzo Coccia, Franco Pepe, Ciro Salvo, Salvatore Salvo, Gino Sorbillo.

Bene, torniamo a Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso, che stavolta, prudentemente, prova a unire in un solo abbraccio la pizza napoletana e quella romana, la veneta e la genovese. Quasi un Fratelli d’Italia, la pizza s’è desta.

I massimi esponenti di ogni categoria ricevono Tre Spicchi. Gli altri ne hanno Due, Uno, nessuno o non sono inseriti nella guida che conta “oltre 400 locali”.

La napoletana migliore si trova da: Pepe in Grani (Caiazzo – Caserta), Attilio alla Pignasecca (Napoli), Trattoria Fresco (Napoli), La Notizia 1 e 2 (Napoli), Sorbillo (Napoli), Starita (Napoli), Era Ora (Napoli), Pizzeria Salvo (San Giorgio a Cremano), Massè (Torre Annunziata).

L’italiana migliore è appannaggio di: Libery Pizza & Artigianal Beer (Torino), La Gatta Mangiona, Sforno e Tonda (tutte e tre a Roma), La Sorgente (a Guardiagrele – Chieti).

La gourmet la sanno fare: Pomodoro & Basilico (San Mauro Torinese – Torino), Ottocento Simply Food (Bassano del Grappa – Vicenza), I Tigli  (San Bonifacio – Verona), Saporè Pizza e Cucina (San Martino Buon Albergo – Verona), O’ Malomm –(Coriano – Rimini), ‘O Fiore Mio (Faenza – Ravenna), Apogeo Giovannini (Pietrasanta – Lucca), La Spela (Greve in Chianti – Firenze), Urbino dei Laghi (Urbino), La Fucina (Roma).

Il sottotitolo avverte che ci sono le migliori pizzerie classiche (ma io non le individuo) e quelle al taglio. Ok, queste ultime ci sono: Saporè asporto (San Martino Buon Albergo – Verona), Menchetti (Arezzo), Divina Pizza (Firenze), Angelo e Simonetta (Roma), Pizzarium (Roma).

Pazientate ancora che ci sono i premi speciali ad personam, non pizzeria, ma pizzaiolo.

La migliore carta dei vini e delle birre: Giancarlo Casa e Sergio Natali (La Gatta Mangiona)

Maestri dell’impasto: Gabriele Bonci (Roma), Franco Pepe (Caiazzo).

La migliore ricetta: Ciro Salvo con la Pizza dell’Alleanza (wow, la base della “nostra” ricetta perfetta).

 

Se non vi è tutto chiaro, proviamo a riassumere il meglio del meglio:

Ciro Salvo prende Tre Spicchi per Massè e il premio Migliore Ricetta

Franco Pepe prende Tre Spicchi per Pepe in Grani e il premio Maestro dell’impasto

Gabriele Bonci prende Tre Rotelle per Pizzarium e il premio Maestro dell’impasto

Giancarlo Casa prende Tre Spicchi per la Gatta Mangiona e il premio migliore carta dei vini

Enzo Coccia prende 6 Spicchi (Tre per ciascuna pizzeria)

Stefano Callegari prende 6 Spicchi (Sforno e Tonda)

Renato Bosco prende Tre Spicchi e Tre Rotelle per Saporè

Tutti contenti e felici con i diplomi, compreso Gabriele Bonci che si priva del suo cancellando il nome e scrivendo Angelo Iezzi, colui che alla fine degli anni ’80 “rompeva i sigilli delle Asl che non permettevano le lunghe lievitazioni (!?) e senza il quale non sarebbe esistito il Pizzarium”.

Poi ci sono le polemiche che ogni curatore di guida studia con malcelata soddisfazione ancora prima di visitare i locali e che vanno rubricate alla voce criteri di inserimento. Ecco qualche argomento per le vostre riflessioni.

Pizza Gourmet: identifica non solo la pizza padana come qualche geolocalizzatore vorrebbe, ma anche altri luoghi d’Italia, Roma compresa. Pericolosamente vicina al concetto di pizza costosa viene identificata ufficialmente così:

Impasti a lievitazione naturale, materie prime selezionate. Lo squisito disco di pasta diventa la base perfetta da condire con gli abbinamenti più insoliti, spesso cucinati come per dei veri e propri piatti d’alta cucina.

Pizza Napoletana: si fa al top solo a Napoli e dintorni che ovviamente conta il numero maggiore di segnalazioni. Questi i criteri per provare a distinguerla da quella gourmet:

Rientrano in questa categoria tutti i grandi maestri della pizza napoletana, che curano e realizzano il proprio prodotto secondo lo stile e la tradizione della grande arte partenopea. Lievitazione naturale, cottura nel forno a legna, manipolazione dell’impasto unica e impiego di materie prime con forte connotazione territoriale.

Se siete un po’ perplessi dall’aggettivazione grandi-grande-unica-forte, sappiate che il vero criterio è che “la categoria gourmet è accettata da tutti” (cit. Città del Gusto anno di grazia 2013).

Ma non avete ancora messo a fuoco (e io con voi) la Pizza Italiana:

Si intende il prodotto pizza italiano, interpretato in modo diverso secondo tradizione e fantasia di regione in regione. Dalla sottile pizza romana, alla pizza cotta nel padellino, tipica del nord, senza dimenticare le pizze più alte del sud, con gli impasti a base di grano duro.

Ora che la tripartizione del Gambero Rosso è ufficialmente conosciuta al mondo internet mi (e vi) pongo tre facili domande anti-sillogismo.

  1. Una pizza napoletana non è una pizza italiana?
  2. Una pizza napoletana non è una pizza per gourmet?
  3. Una pizza gourmet non è una pizza italiana?
 

E mentre ci maceriamo nel cercare di comprendere come:

1) la Friggitoria Vomero, al top della nostra lista fritti di Napoli sia finita nella categoria “Pizza a taglio” (e giuro che negli ultimi 40 anni non ho mai visto una teglia e una rotella in quelle vetrine),

2) La Figlia del Presidente di Maria Cacialli, amata pizzeria napoletana, nemmeno citata a zero spicchi come una qualsiasi pizzeria Antica Donna Regina (sarà questione di vie e vicoli?),

3) Berberè di Castel Maggiore (Bo) non abbia preso i Tre Spicchi al contrario del cugino ‘O Fiore Mio di Faenza (l’impasto è quello da idrolisi di Beniamino Bilali),

4) manchino sul podio Tric Trac a Legnano, Michele da Ale a Senigallia, Gigino Università della pizza a Vico Equense,

5) sia azzerata l’esistenza della pizza cilentana,

6) si gridi allo scandalo per i soli Due Spicchi del Forno Roscioli e le Due Rotelle del Panificio Bonci, entrambi a Roma

vi chiedo

da bravi fratelli d’Italia dell’internez, aiutatemi a mettere un po’ d’ordine in questa enigmatica guida.