Pisacco a Milano, se non fosse per quella macchinetta nel parcheggio

Pisacco a Milano, se non fosse per quella macchinetta nel parcheggio

Pisacco l’ho lasciato rodare a bella posta, che ci tenevo a capire davvero come la mano dello chef Andrea Berton ci potesse inzertare in un posto così.

Sera molto calda, e’ estate, non e’ uno scoop. Via Solferino gronda lenta quella milanesita’ in tacco almeno-10 che mi satura (dio bon, ci sono 37 gradi e rilassati, no ?) ma il parcheggio di Piazza 25 Aprile brilla nuovo nella notte, impagabile opera dell’ingegno umano.

Con una macchinetta dei pagamenti giustamente contraddistinta ___solo___ da scritte italiane tanto qui, nel quadrilatero della moda di una citta’ fortemente contadina, non passa lo straniero.

Spruzzi di acqua nebulizzata all’esterno per i fumatori (idea eccellente), vetri, specchi e “portinaia” in stile del luogo, tacco compreso ma immagino che a lei faccia male e basta (e comunque almeno non suda, perche’ c’e’ il condizionamento).

Neon rossi e musica lieve in sottofondo, sono le 9 e il locale non e’ (ancora) pieno.

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Tavolo per due, un po’ piccolo in effetti, ma belle sedie (forse piu’ poltroncine) che tengono un minimalismo non esagerato, foderando anche il sedere che non si rompe sulle solite sedie di legno dello stile minimal.

Sono i primi di agosto, non e’ ancora iniziato il menage dell’estate ma i segnali ci sono tutti. Noi la iniziamo con sgombri e verdure in carpione (buon piatto in teora ma e’ un carpione troppo dolciastro) e gazpacho con stracciatella di bufala e verdure croccanti (che prima di tutto e’ bello da vedere e poi anche molto buono).

Poi una crema di piselli che nasconde sotto al pane la pappa al pomodoro con olive e pecorino: impiattamento molto poco appariscente per via del “nascondino” della pappa ma risultato ottimo anche un po’ (ammetto) per il fattore sorpresa.

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Dall’altra parte l’hamburger Berton che, forse, meriterebbe un ragionamento in cucina per migliorare la compagnia delle patate che si porta da casa.

Intanto di qui arriva l’orata alla plancia (era dagli anni ottanta che non sentivo piu’ la parola plancia associata a un piatto) con zucchine trombetta limone e olive nere. Niente da dire, nel senso buono.

Senza troppo respiro arriva il dolce (ehm … capisco le ansie da doppio turno ma una calmata datevela), di qui un crumble alla menta e liquirizia e di la’ un tiramisu. Piuttosto classico il secondo, un filo troppo dolce il primo anche se con qualche punto di salato.

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50 euro a testa bevendo malvasia Klabjan del 2011, che buona doveva essere e buona e’ stata. Si torna, decisamente.

Al parcheggio sbaglio ripetutamente a utilizzare la macchinetta, anche se sono italiano. Come qualli prima di me, come quelli dopo di me.