Meno e (sperabilmente) meglio: dove spendiamo i nostri soldi, circa 2012

Meno e (sperabilmente) meglio: dove spendiamo i nostri soldi, circa 2012

C’ è la crisi, e le avventure onerose sono rare anche per i foodies, o gastrofanatici o come si chiamano i patiti di cucina e vino. Ci siamo fatti una cultura a caro prezzo e ora la mettiamo a frutto scovando i migliori rapporti costo-felicità.

Nella dialettica tipica tra appassionati della materia, circa 2012, la proposta di provare nuovi ristoranti coincide spesso con rumorose bocciature. “Noo, mi hanno detto che è un posto da aperitivi e pure caro”. O anche: “Con tutto il suo essere chic non vale la pena, lo dimostra il fatto che non c’è mai nessuno”.

Anche gli esperti si stanno adeguando. Chi ha sfogliato i giornali del weekend sa che il tenore dei consigli è cambiato. Sul Venerdì di Repubblica Gianni Mura suggerisce un bistrot, il Bollicine di Parma (40 euro). Una trattoria, la Zappatori di Pinerolo, per Antonio Scuteri su i Viaggi (35 euro). Il ristorante Le Trabe vicino Paestum per Fiammetta Fadda su Panorama. Perfino Enzo Vizzari su L’Espresso, abituato a volare alto, raccomanda Le Vitel Etonné di Torino, elegante ma pur sempre una vineria, e la Fabbrica dei Sapori di Battipaglia, localone con pizzeria ricavato da una fabbrica di pomodori. Resiste la fascinosissima Camilla Baresani, che suggerisce su Sette (e su Dissapore) il paradisiaco Riccio di Anacapri (100 euro).

Del resto, se Ferran Adrià inaugura una nuova era per le tapas con Tickets a Barcellona, Heston Blumenthal del blasonato Fat Duck si converte al low-cost (moderato) con il Dinner,  fully booked per i prossimi tre mesi, Mauro Uliassi due volte stellato nel suo locale di Senigallia viaggia per eventi in food-truck, un chiosco furgone che unisce alta cucina cibo di strada e prezzi alla portata di tutti, qualcosa vorrà dire.

Il risultato è che, a parte casa propria e all’altro estremo Massimo Bottura alla Francescana di Modena, Gennaro Esposito alla Torre del Saracino in Campania, Davide Scabin al Combal.Zero vicino Torino e pochi altri, si finisce sempre negli stessi 3 posti. E cioè:

1. la trattoria, osteria, locanda a cui siamo affezionati. Sul genere Burde a Firenze.
2. un posto più moderno con ambiente curato e cucina al passo con i tempi (riconoscibile dal fatto che la prima volta siete usciti pensando “Non mi frega più, due inezie, un bicchiere e mi hanno pelato”. Poi però siete tornati). Genere: Biancolatte a Milano.
3. un locale consolatorio e per lo più monotematico. La pizzeria di Gino Sorbillo a Napoli, per dire.

E’ così? Nuove gastrogerarchie anche voi? E più che altro, date le vostre velleità culinarie, a quali locali corrispondono i profilli 1, 2 e 3?