Anche se non sono Goethe, il mio Grand Tour in Sicilia occidentale

Per me la Sicilia è un’arancia sbucciata con le mani. Ne ho mangiate a chilate in una settimana di vacanza. Tra un frutto e l’altro ci ho messo  diversi piatti e altrettanti commensali di spessore. Palermo, Marsala, Mazara del Vallo, Selinunte, Segesta, Scopello, Trapani, Erice.  Ovunque è già primavera. La senti che spinge.

Qui c’è troppo sole e la luce è abbacinante. A me la Sicilia mette di buon umore. Sono allegra tutte volte che ci arrivo e ho il magone ogni volta che la lascio. Un amico produttore di vino mi dice che ho la sindrome dell’ostrica raccontata nei Malavoglia di Giovanni Verga. Mi consola sapere che è il mio è un arrivederci. Il groppo alla gola risale su sabato mattina all’Esselunga con la promozione dei prodotti siciliani dal 20 gennaio al 2 febbraio. Un colpo basso tra le nebbie padane. Non mi resta che allontanare la malinconia scrivendo di quei primi giorni dell’anno passati a macinare strade e a togliermi ogni sfizio culinario. Ecco a voi un diario enogastrosiciliaoccidentale

  • 2 gennaio, Palermo ore 12.00: arancina di carne da Spinnato. Chiudo con il primo cannolo (ce ne saranno molti altri) della settimana. La tarda colazione nel salotto buono di Palermo offre una panoramica esaustiva dello struscio del primo giorno di saldi.
  • 2 gennaio, Palermo ore 18: sosta all’Antica Focacceria S.Francesco. Entri con la consapevolezza che, arredi a parte, nulla è più come una volta. E in effetti lo sfincione e il pane con la milza assaggiati non lasciano il segno.
  • 2 gennaio, Palermo ore 22.00: cena all’Officina del gusto, stessa gestione del neo primo stellato Bye Bye Blues di Mondello. Ordino dei gamberi impanati nel pistacchio e dei classici involtini di pesce spada. Buon inizio ittico, ma aspetto  con ansia il vero ululato di piacere. Si beve il Veruzza dell’azienda Guccione, trebbiano biodinamico.
  • 3 gennaio, Palermo, ore 13: Pane e panelle – senza cazzilli – al mercato del Capo. Mangiare e basta. Non farsi domande sull’igiene, sui metodi di cottura e su dove e come viene conservato il pane. Lo chiamano o no street food?
  • 3 gennaio, Palermo ore 18.oo: primo indirizzo da sottolineare in rosso, I cuochini. Vale anche come via di fuga dalla bolgia di via Roma. Entrate in un palazzo di via Ruggero Settimo 68 e sulla destra c’è  questa rosticceria – 170 anni di attività – che ti frega con timballi, arancine, panzerotti mignon. Dopo che ne hai mangiati 10, pensi che la palla di riso da 500 gr di Spinnato  ti  ha fatto meno male.
  • 3 gennaio, Marsala ore 23.00: si cena a Le lumie, ristorante di un giovane cuoco, Emanuele Russo. Under 30 dalle belle speranze e con curriculum televisivo lungo quanto un papiro. Entriamo nel vivo del piacere ittico.  Speciali i paccheri con il sugo di uova di pesce S.Pietro.  Il mio piatto della serata però è un dolce, il semifreddo ai datteri ti porta nella più belle delle oasi del Sahara accanto al più bello dei beduini. Si bevono i vini di un ospite, Nino Barraco, produttore marsalese. In tavola diverse bottiglie. Spiccano lo Zibibbo secco e il Catarratto
  • 4 gennaio, riserva dello Stagnone ore 13: veloce “spuntino” in un ristorantino delle Saline di Marsala. Bisso con il sugo di uova di pesce San Pietro, più rustico di quello della sera precedente, ma con una sua dignità. Qui il pezzo  forte è il paesaggio: questa vista cielomare ti fa sentire un extraterrestre. Penso alla frase di una canzone di Pino Daniele: ” Chi tene ‘o mare cammina c’a vocca salata”.
  • 4 gennaio, Marsala ore 21: casa Barraco, di Angela e Nino. Ospitalità sicula, di quella del tipo  ” una cosa informale, due  piatti per stare assieme” e poi ti ritrovi alla cena di Trimalcione. Abbiamo  iniziato con la  caponata e il pane cunzato e abbiamo terminato con il panettone milanese portato dai “polentoni” (cioè io e il mio fidanzato). Di mezzo l’entroterra siculo con i formaggi e i salami dei Nebrodi. Scoperta della serata, la zabbina, la ricotta dondolante nel suo siero come se fosse liquido amniotico, si prende cura di te e ti scalda il pancino. Sequela di vini Barraco: Grillo 2004 su tutti, ottimo Catarratto 2006 e l’unicum Milocca da uve stramature di Nero d’Avola, prodotto solo nel 2006, dal sapore di cappero e gelso nero. Dal sapore di mare.
  • 5 gennaio Mazara del Vallo ore 14: prenotiamo a La Bettola dove ti aspetti che, vista la vicinanza dei pescherecci, il pesce salti direttamente nel locale dalle finestre. Ci buttiamo su due orate da fare al sale. Una è buona, l’altra meno. La seconda avrà sbagliato il salto. Il cuoco proprietario Pietro Sardo ha una bella faccia da saraceno e ha una fissa per i crudi marinati. Ottima la materia ma facciamo fatica a capire perché tutto quel limone. Per i maschietti: la figlia dello chef fa la sommelier ed è uno splendore. A proposito di vini, rimaniamo un po’ delusi da I Grappoli del Grillo di Marco de Bartoli.
  • 5 gennaio Mazara del Vallo ore 21: è arrivato il momento del cous cous. Tributo alla vicina Africa e alla popolazione di questa piccola città-casbah che parla metà siciliano metà tunisino. Il posto si chiama il Ristorante Del Pescatore. Gli interni sembrano usciti dalla penna di Paolo Sorrentino  quando descrive i locali prediletti da Tony Pagoda, il protagonista di “Hanno tutti ragione”. Fatti di stucchi e di colori pastello, capaci di fare 6 coperti come 600. Però che goduria ittica! Lo scorfano che si immola nella semola incocciata per ore e ore è sublime. Non da meno i crudi e i cotti di pesce. Segnatevi il nome di questo vino: Yule dell’azienda BioViola di Alcamo, un catarratto con i controfiocchi.
  • 6 gennaio Castellamare del Golfo ore 14: cosa succede se cammini per quasi 4 ore lungo i sentieri di una riserva naturale bella da levarti il fiato come quella dello Zingaro? Succede che ti viene fame. Sulla strada di ritorno verso Trapani, ci si imbatte in questa salumeria “I sapori di Sicilia” a Castellamare del Golfo che come una sirena richiama gli affamati passeggiatori. Tutte le calorie consumate in 240 minuti tornano al loro posto in 10. In 4 mandiamo giù del cous cous di pesce, alcune focacce pomodori e acciughe, arancine, pezzi sostanziosi di pane cunzato, cannoli, cassatine e cassatelle ( queste sono fritte). Venti euro o giù di lì e il primo naso rosso della stagione per il sole picchiante
  • 6 gennaio Marsala ore 21: ” Come è triste il mare d’inverno”. Vorrei dire a chi lo pensa: ” Vieni a Marsala a gennaio e poi ne riparliamo”. A due passi dal luogo dello sbarco dei Mille c’è questo ristorante, I Bucanieri, o come dire, la carne oltre il pesce sul lungomare. Famiglia di macellai con il pallino della pesca. Non riuscendo a decidere ti mostrano entrambi i banchi, quello con le fiorentine e quello con i cefali. All’interno del locale domina una grande brace. Mi vien voglia di ciccia e mangio – con rimbrotto generale dei commensali al mio tavolo – una bistecca. Loro preferiscono una spigola di 2 chili con tanto di  buco lasciato dalla fiocina. Risulterà essere il pesce della settimana. In chiusura un – ancora – cannolo. Scusatemi, ma è il mio dolce fetticcio. E questo dei Bucanieri è il più rustico di tutti, oserei dire “pecoroso”. Mi piace da matti
  • 7 gennaio, Erice ore 12: li sopra a 800 metri sul livello del mare cambia il clima. A Erice tira un vento che se non ti tieni finisci in acqua a Trapani. Luogo puritano si direbbe dal numero di chiese. Eppure qui c’era il culto di Venere Ericina ( Afrodite per i greci). Da lei discenderebbero gli elimi, misterioso popolo che avrebbe per padre nientepopodimenochè Enea.  Luogo di culto moderno è oggi la pasticceria di Maria Grammatico. La bambina che imparò tutto dalle suore è diventata una vera business woman. Il cannolo ti viene riempito al momento, le credenze piene di frutta  Martorana sono caravaggesche, la tortina genovese- la colazione dell’ericino la domenica mattina – di pasta frolla e crema pasticciera è goduriosa e le “minni di Virgini” starebbero bene con e dentro una coppa di champagne.
  • 7 gennaio Palermo ore 20.15: la nave è salpata. Direzione Napoli. E’ ora di cena ma non cedo dinanzi al sel service della Tirrenia. Troppo traumatico il ritorno alla fettina con contorno di patate fritte bollite. Faccio un giro per vedere che aria tira sulla compagnia di navigazione in dissesto finanziario: boutique chiusa, cinema chiuso, aperta la saletta delle slot machine. Torno nel cubicolo della mia cabina. Addento un pezzo di pane cunzato con olio, acciuga, pomodori, e formaggio ragusano e guardo dall’oblò l’isola allontanarsi. Su una specie di comodino ho un libretto, “Viaggio in Sicilia” di Primo Mazzolari, prete, scrittore, antifascista, padano ( di Cremona). Scrive:  “(…) Quando si va dagli amici, basta avere gli occhi aperti e il cuore splancato”. Spengo la luce. Notte.

[Crediti | Link: Wikipedia, Spinnato, AFSF, Quintocanto Hotel, Guccione, Wikipedia, YouTube, Le Lumie, Intravino, Taccuini storici, Sicilia in ricetta, Mazara Online, La Bettola, Vinix, Del pescatore, Alcamo.it, I bucanieri, Maria Grammatico, immagini: Francesca Ciancio]